Da Toni Bevilacqua ai giorni nostri, la cittadina veneziana conferma il legame con le due ruote
Il Giro d’Italia 2022 ha scelto il Veneto per assegnare la definitiva maglia rosa della sua edizione 105.
Ma, tra Treviso, la Marmolada e Verona, dal percorso anche quest’anno è rimasto fuori il Veneziano.
È così ancora Santa Maria di Sala, con la tappa del 30 maggio 2019 vinta da Damiano Cima, l’ultima città della provincia scelta come sede di tappa. Un riconoscimento a una terra che al ciclismo italiano ha dato e continua a dare tanto, tra campioni e passione.
Ed è stato un “matrimonio”, quello tra Santa Maria di Sala e il Giro, arrivato a coronamento di un lungo e tenace corteggiamento. “Erano almeno 25 anni – ricorda il cavalier Bruno Carraro, 84 anni, da decenni “anima” della promozione ciclistica del territorio Salese e patron della tappa 2019 – che continuavo a battere il chiodo con gli organizzatori dicendo loro che prima di morire volevo vedere un arrivo a Santa Maria di Sala. Alla fine sono riuscito ad averla ed è stata una giornata meravigliosa”.
Toni Bevilacqua: il primo (e il più grande) campione di Santa Maria di Sala
Il legame di Santa Maria di Sala con il grande ciclismo inizia con un nome indimenticabile: quello di Antonio”Toni” Bevilacqua, che vi nacque il 22 ottobre 1918.
Professionista dal 1940 al 1955, campione su strada, vanta un palmares che lo pone tra i nomi più importanti della storia di questo sport.
Nel 1950 e nel 1951, al velodromo di Rocourt prima e di Milano poi, Toni Bevilacqua si laureò campione del mondo dell’inseguimento individuale, aggiungendo i due ori all’argento nella stessa specialità nel 1947 a Parigi (poi bissato nella capitale francese anche nel 1952) e al bronzo di Amsterdam 1948 (replicato a Zurigo 1953).
Ma non di minor importanza fu la sua carriera su strada. La perla è la vittoria nella Parigi-Roubaix del 1951, ma, tra le oltre 30 vittorie, si contano anche 11 tappe al Giro d’Italia tra il 1946 e il 1952 e il titolo di campione d’Italia nel 1950. Passista veloce, fu anche sul podio del Mondiale 1951 a Varese, alle spalle di Kubler e Magni.
La “bacheca del ciclismo” nel Municipio salese
Bevilacqua scomparve prematuramente a soli 53 anni, dopo un banale incidente in allenamento a Martellago.
A lui è stato dedicato il museo della bicicletta di Cesiomaggiore, nel Bellunese, uno dei più importanti d’Europa, con una raccolta di oltre 400 biciclette storiche dei grandi campioni del ciclismo.
Un significativo cimelio di Toni Bevilacqua è conservato però anche nella sua Santa Maria di Sala.
All’interno del Municipio, proprio su iniziativa di Bruno Carraro, che donò per l’occasione tutti i suoi cimeli, è stata infatti realizzata una bacheca che raccoglie ricordi e trofei originali.
Compresa la storica maglia iridata del campione del mondo di inseguimento.
La bici con cui Fausto Coppi vinse la Roubaix nel 1950 è stata invece donata da Carraro proprio al museo bellunese, ma fu rubata da Villa Farsetti, dove era stata temporaneamente trasferita per la mostra allestita proprio in occasione dell’arrivo del Giro 2019. “Dopo qualche giorno – racconta il cavaliere – mi fu restituita, anche se un po’ manomessa, visto che gli erano stati cambiati pedali e sellino. Faustino, il figlio di Coppi, mi volle comunque regalare un altro paio di pedali originali di suo padre, insieme a una maglia. Così l’ho fatta nuovamente certificare da un notaio”.
Gli altri campioni del ciclismo a Santa Maria di Sala
Dopo Bevilacqua, a tenere alto il vessillo dei ciclisti di Santa Maria di Sala fu Mario Vallotto, classe 1933, il cui successo più importante è sicuramente l’oro dell’inseguimento a squadre alle Olimpiadi di Roma 1960. Una promettente carriera che si interruppe bruscamente quando, nelle visite mediche dopo il passaggio alla prestigiosa squadra Ignis, emerse una leucemia che lo portò alla morte a meno di 33 anni.
Gli anni ’50 e ’60 dello scorso secolo portarono alla ribalta anche i fratelli di Caltana Alfredo (nato nel 1936) e Arturo (del 1939) Sabbadin. Il più anziano dei fratelli fu anche il più vincente, con 32 gare professionistiche vinte, tra cui 3 successi al Giro.
Ma la vittoria più prestigiosa fu sicuramente quella di Arturo, campione d’Italia con il primo posto alla Coppa Bernocchi 1961.
Chiara Pierobon: la campionessa nel cuore dei salesi
Da Caselle de’Ruffi, dove nacque nel 1943, arrivava invece Attilio Benfatto, che si aggiudicò due tappe del Giro, il bronzo mondiale nella cronosquadre del 1966 e, su pista, l’argento nell’inseguimento a squadra di Parigi 1964 e il bronzo nel mezzofondo a Montreal 1974.
Contrassegnate entrambe da grande talento, ma con un epilogo ben diverso, le storie dei giorni nostri.
La promettente Chiara Pierobon, classe 1993, è scomparsa infatti nel 2015 per una sospetta embolia polmonare a soli 22 anni, mentre si preparava a partecipare agli Europei under 23.
Francesco Lamon, nato nel 1994, ha invece “chiuso il cerchio” nel 2021 alle Olimpiadi di Tokyo: tra gli ori agli europei di Glasgow 2018 e ai Mondiali di Roubaix 2021, è arrivato infatti il gradino più alto del podio nell’inseguimento a squadre. Esattamente 61 anni dopo quello di Vallotto.
Bruno Carraro e la tappa del Giro d’Italia a Santa Maria di Sala nel 2019
Bruno Carraro, invece, è Salese per scelta. “Quando arrivai qui dalla comasca Cermenate – ricorda – presi casa a Massanzago. Ma vista la distanza dal centro dei due comuni, 8 km da quello padovano e 1,5 da Santa Maria di Sala, mi sono sempre sentito di appartenere a questa seconda comunità”. E ha così speso la sua vita a promuovere il ricordo di questi grandi campioni locali, adoperandosi per l’intitolazione di una piazza a Bevilacqua e di un viale a Valotto, ma anche a organizzare gare, circuiti, raduni cicloamatoriali.
Non è un caso allora che, a fronte di tanta passione (quella che lo ha portato a conseguire nel 2007 anche il titolo di cavaliere della Repubblica proprio per il suo impegno a favore del ciclismo), la tappa del Giro del 2019 ricevette il gagliardetto di “miglior tappa” di quell’edizione. “La Polizia – rivela – mi disse che c’erano almeno 100 mila persone, sul territorio comunale, lungo il percorso”.
“Il vero segreto – continua – fu però l’organizzazione. Alcuni arrivi rischiano di essere monotoni, così io pensai, prima dell’arrivo dei corridori, di far sfilare sul traguardo in bici i giovanissimi, tutti vestiti di rosa, e i bersaglieri. Organizzai anche una corsa cicloamatoriale e feci posizionare 4 maxischermi, tra il centro, Sant’Angelo e Massanzago”.
Nuovi campioni crescono
Una “macchina” perfetta che, tra il sostegno della Regione e quello di tutte le aziende di Santa Maria di Sala, permise di avanzare alla fine 15 mila euro, rispetto ai 205 mila del budget raccolto, distribuiti tra tutte le società sportive che avevano collaborato all’arrivo. “Adesso – conclude Carraro – ho già ricevuto e consegnato la documentazione per le richieste di una partenza di tappa da Salzano e da Martellago. Intanto, però, continuo a seguire il movimento ciclistico di Santa Maria di Sala: la passione c’è sempre, ma penso che ci vorrà almeno una decina d’anni per vedere emergere qualche nuovo campione. Anche se, vicino a casa mia, vive un ragazzino di 8 anni che ogni domenica vince le corse per giovanissimi…”. Hai visto mai che possa emergere ancora una volta da Santa Maria di Sala un nuovo campione del ciclismo italiano?