Quella tra cuore e cervello, anche metaforicamente, è una delle contrapposizioni più tradizionali dell’immaginario collettivo.
In realtà, rientrando nell’ambito più strettamente medico, le correlazioni tra i due organi nel corpo umano potrebbero essere tali da fornire ai sanitari spiegazioni alle quali la diagnostica attuale non è in grado di pervenire. E aprire nuove strade, sia per la prevenzione che per il trattamento dei pazienti, ad esempio quelli colpiti da ictus.
Cardio-neurologia: una nuova frontiera
Perché la cardio-neurologia è un campo pressoché inesplorato. Ma la volontà di approfondire questa nuova frontiera della ricerca non manca.
L’esperto cardiologo Fausto Rigo, ad esempio, ha avviato uno studio in tal senso con un’équipe di giovani ricercatori di Villa Salus di Mestre, operativi all’Irccs San Camillo del Lido di Venezia.
“È un tema – premette – molto affascinante, perché affronta problematiche trasversali e richiede di mettere insieme competenze diverse per andare in profondità”.
Ictus e cuore
Uno dei punti di partenza del ragionamento è la statistica secondo la quale l’origine di circa il 30% degli ictus rimane senza spiegazione.
“Riteniamo – spiega Rigo – che la stragrande maggioranza di questi eventi ischemici per i quali non si riesce a trovare la reale causa possa trovare origine in un embolo del cuore o in aritmie silenti nel paziente, che possono portare a fibrillazione, rendendo il sangue meno fluido in alcuni recessi anatomici”.
“Quando il cuore riprende il suo ritmo – prosegue il cardiologo – questi grumi di sangue si possono polverizzare in micro-emboli e raggiungere il cervello attraverso l’arteria carotidea. E quando questi emboli colpiscono arterie vitali sono in grado di creare danni neurologici. L’ictus classico si ricollega a una placca alla carotide, che chiude il circolo del nutrimento al cervello. Ma riteniamo che spesso possano essere coinvolte in un ictus anche placche in altri distretti vascolari”.
Le prospettive
La cardio-neurologia, in ogni caso, non è un esercizio fine a se stesso.
“Cercare di capire e trovare le cause di questi eventi ischemici – riprende Rigo – vuol dire migliorare di molto la possibilità di mettere in campo terapie efficaci ed evitare anche potenziali recidive. E poi completare la mappa dei rischio aterosclerotico in un paziente neurologico, scoprendo ad esempio che può sviluppare cardiopatie, può evitargli nel prosieguo della vita di incappare in sgradevoli sorprese. Con questo studio– conclude il medico – ci aspettiamo di far più luce su certi fenomeni e capire quali strumenti della pratica clinica possano risultare più efficaci nella terapia specifica”.
Cuore e cervello
Si proverà, in altri termini, a passare da teorie astratte a risultati concreti. Partendo dall’assunto che cuore e cervello non vanno presi separatamente, ma si condizionano l’un l’altro. “Ricerche di una ventina d’anni fa poi abbandonate – ricorda Rigo – misero alla luce che, quando l’organismo sta bene, cuore e cervello lavorano in coerenza biologica”.
I nostri organi, cioè, sono in continua comunicazione. “Non ci sono solo – aggiunge – gli stimoli neurologici diretti, tra cuore e cervello. A determinare il lavoro in armonia tra i due organi vi sono infatti anche trasmettitori chimici, che operano attraverso l’onda sanguigna. Questo lavoro può quindi offrirci spunti importanti anche sul piano fisiologico, oltre a poterci dare indizi su come governare al meglio certi sintomi”.
Il link imprescindibile
Per trovare i link tra cuore e cervello “bisogna mettere insieme le teste del neurologo e del cardiologo” afferma Rigo. “Nonostante le diagnostiche raffinate, finora non sono state mai messe insieme le indagini fatte nei due organi in pazienti colpiti da ictus, che spesso avevano patologie latenti. L’Irccs di Villa Salus (Mestre) e la sua riabilitazione sono specializzati in pazienti con lesioni neurologiche complesse. Al San Camillo (Lido di Venezia) c’è un potenziale di ricercatori giovani e bravi che coprono tanti aspetti di questo nuovo orizzonte scientifico. Miscelare la loro specializzazione con il diverso background che posso portare io diventa così interessante per arrivare a dire qualcosa di innovativo”.
Alberto Minazzi