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Salone Verde: la rinascita di un gioiello veneziano

Salone Verde: la rinascita di un gioiello veneziano

Cultura, arte e inclusione sociale in un luogo che intreccia passato e futuro

Un crocevia di idee e collaborazioni, dove ospiti temporanei e residenti si incontrano per ridefinire il concetto di convivenza urbana.
Il Salone Verde Art & Social Club di Venezia (Santa Croce 2558), si è affermato come un luogo in cui progetti e visioni si intrecciano, dando vita a nuove prospettive di interconnessione sociale.
Nel 2018, questo edificio abbandonato da oltre 30 anni ha trovato nuova linfa grazie agli studenti della Hochschule für Technik di Stoccarda, che, insieme ai loro professori e al designer italiano Tobia Scarpa, hanno immaginato un futuro per questo spazio attraverso un workshop di ricerca e progettazione. Le loro idee, condivise con i proprietari dell’immobile, gli architetti Anna e Ralf Petersen, hanno dato avvio a una profonda ristrutturazione che ha trasformato il Salone Verde in un simbolo di rigenerazione e creatività.
A sei anni di distanza, oggi questa “fabbrica di cervelli, come la definisce Anna Petersen, ospita eventi che spaziano dalla musica ai workshop, dalle conferenze alle mostre e alle performance.

salone verde
Opera della mostra “Cosmic Garden” @Claudia Meschini

Arte, Ritmo e Rinascita

“Ogni evento nasce con l’obiettivo di condividere idee in un ambiente aperto e incoraggiante”, puntualizza Petersen.
Lo scorso gennaio per la prima volta dopo secoli la musica è tornata ad animare il salone centrale grazie allo spettacolo dei Taiko (tamburi tradizionali giapponesi).
Tra le varie mostre realizzate, tutte ad accesso libero, quella di Francesca Leone dal titolo “Take your time”, un originale percorso installativo nato a partire dalle riflessioni intorno alle restrizioni imposte dalla pandemia e alla sospensione del tempo collettivo e individuale che ha caratterizzato il periodo Covid.
Attualmente il Salone Verde Art & Social Club ospita una esposizione che intende raccontare l’emancipazione delle donne indiane attraverso la formazione artistica e artigianale. Questa la missione del progetto “Cosmic Garden”, nato dalla collaborazione tra gli artisti Madhvi Parekh e Manu Parekh e la direttrice creativa e fondatrice della non-profit Chanakya School of Craft di Mumbai, Karishma Swali.

Taiko (tamburi tradizionali giapponesi) @ Alessandra Chemollo

“Cosmic Garden”: L’India tra Mito e Ricamo Contemporaneo

La mostra, visitabile ancora fino a domenica 24, giorno del finissage, presenta una selezione di opere multimediali che rovesciano il concetto di “arte tradizionale”.
Curata da Maria Alicata e Paola Ugolini, si compone di una serie di dipinti e sculture di Madvhi Parekh e Manu Parekh, nonché della loro metamorfosi in un ulteriore genere interdisciplinare, il ricamo.
L’arte di Manu Parekh si ispira ai tradizionali arazzi indiani, abbracciando al contempo elementi tipici del modernismo occidentale e dell’espressionismo astratto. Le opere di Madhvi Parekh, invece, ritraggono divinità femminili circondate da esseri celestiali e rappresentazioni simboliche ispirate ai miti indiani, indagando il legame tra gli esseri umani e il divino.
Negli atelier di Chanakya a Mumbai, la direttrice Karishma Swali e 320 artigiane altamente qualificate hanno concettualizzato e interpretato queste opere realizzandone originali rivisitazioni tessili attraverso minuziosi ricami. Il risultato di tale operazione, che vuole reinventare il ruolo dell’artista e dell’artigiano sfumando i confini tra arte e artigianato, non solo è la prima presentazione in Italia del lavoro della Chanakya School of Craft di Mumbai, una scuola dove vengono utilizzati esclusivamente materiali organici come lino grezzo, juta, seta e cotone, ma è anche l’occasione per onorare le antiche tradizioni indiane tramite la reinterpretazione in chiave contemporanea di tecniche di ricamo tramandate da generazioni.

 

Il Salone Verde: Storia Millenaria di un Palazzo rinato

Ma non sono solo gli eventi e gli obiettivi a dare valore al Salone Verde Art & Social Club, che ha una storia antichissima.
La prima testimonianza scritta relativa al Palazzo in Calle della Regina è contenuta in un documento dell’Archivio Nazionale che risale addirittura al 1344.
Lo stesso edificio è ritratto poi nella monumentale veduta a volo d’uccello della città “Venetie MD” disegnata da Jacopo De’ Barbari.
Fino al XVIII secolo viveva in questo Palazzo gotico la famiglia nobiliare Loredan, poi, nel corso del tempo, i vari spazi hanno ospitato diverse attività commerciali, tra cui un’officina di fabbro e una luganega (venditori di salsicce venete) fino alla parziale demolizione risalente al XIX secolo e al conseguente abbandono.

Un restauro che dialoga con la storia di Venezia

Rinato nel 2018 con la realizzazione del Salone Verde Art & Social Club, prende il nome dalla presenza di un ampio cortile interno aperto, uno spazio verde, appunto, che sostituisce oggi la sala centrale dove la famiglia nobiliare si riuniva e riceveva gli ospiti.
“Gli elementi storici dell’edificio sono stati riparati, rafforzati e sostituiti solo quando necessario, in conformità con i requisiti dell’UNESCO e della città di Venezia – racconta Anna Petersen – Si è quindi deciso di non rimuovere né modificare i graffiti appartenenti a diverse epoche, con l’obiettivo preservare lo spazio e mantenerlo il più possibile vicino a come lo abbiamo trovato”. In tal senso nel 2023 è stata coinvolta Unisve, l’ Unione Stuccatori Veneziani che ha applicato una speciale soluzione su ognuno dei graffiti presenti nel Palazzo per esaltarne il design e preservare il pigmento originale nel tempo.

Claudia Meschini

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