Ristoranti chiusi molto prima dell’ora di cena causa Covid?
Anche a Venezia, la soluzione per provare a guardare con ottimismo oltre il momento di difficoltà passa per l’inventiva. E allora si può pensare di portarsi uno chef direttamente a casa propria. Oppure di prenotare per una notte una stanza d’albergo, visto che i ristoranti degli hotel sono autorizzati a somministrare i pasti agli ospiti.
Si tratta di soluzioni logicamente non alla portata di tutte le tasche. Ma che possono da un lato dare un po’ di respiro agli operatori del settore. E, dall’altro, riportare un pizzico di normalità nelle vite quotidiane di molti.
I pacchetti in albergo: Dine & Stay al Metropole
Nelle strategie di marketing delle grandi catene alberghiere, i cosiddetti “pacchetti” sono una tipologia di offerta ben conosciuta.
All’interno della proposta, alla fruizione della camera per il pernottamento si possono aggiungere i più vari servizi, dalla spa alla ristorazione. Ed è proprio quest’ultima la strada che, in sempre più città d’Italia, si è scelto di intraprendere per affrontare la particolare fase storica, rispettando i vincoli dei decreti. «Bisogna evolversi con i tempi – spiega Cindy Cruikshank, marketing manager dell’hotel “Gritti Palace” di Venezia – e abbiamo così appena lanciato un pacchetto che include camera, cena e colazione, prenotabile online».
L’offerta dell’hotel “Metropole” si chiama invece “Dine & Stay”: un pernottamento, a partire da 380 euro per 2 persone, comprensivo di cena speciale d’autunno (vini esclusi) e prosecco di benvenuto. Il check out deve avvenire entro le 13 del giorno successivo. Con la possibilità, attraverso un piccolo sovrapprezzo di 10 euro, di usufruire dell’Italian Breakfast con caffè, dolcetti e brioches.
“Vogliamo continuare a lavorare e a fornire un servizio alla nostra città – spiega Gloria Beggiato, general manager e proprietaria del Metropole – Abbiamo iniziato il 31 ottobre e già nella seconda settimana le prenotazioni sono duplicate. Tra i nostri clienti diversi veneti, ma anche veneziani, che stanno mostrando di apprezzare l’idea di considerarci un piccolo luogo di rifugio in cui cenare rilassati anche se ci sono un coprifuoco e una pandemia in corso. Finché sarà possibile noi continueremo a proporci con la formula “Dine & Stay”: sabato 14 la serata prevede anche la presenza di musica”.
Insomma, laddove si può, si cerca di garantire un po’ di normalità.
Lo chef a domicilio ai tempi del Covid
Una possibile alternativa per godersi anche in tempi di coronavirus una cena preparata da uno chef è quella di… portarselo a casa. Si tratta di un’iniziativa non nuova, ma che, con i dovuti accorgimenti, può presentarsi anche in questi momenti come la modalità in grado di contemperare diverse esigenze.
«Visto che la gente non si può spostare, portare i cuochi a casa può essere la soluzione. È però necessario, secondo me, che il cuoco abbia alle spalle una struttura organizzata come un ristorante e non si proponga direttamente in prima persona. E che si organizzino eventi circoscritti, come una cena di Natale» conviene Filippo Roberto, chef che da 5 anni offre questa opportunità ad amici e conoscenti.
Le normative anticontagio impongono infatti una lunga serie di accorgimenti: dal tampone negativo, alla disinfezione e sanificazione di piano di lavoro e attrezzi prima e dopo la preparazione del pasto, fino alla compilazione del protocollo da parte dei padroni di casa.
Chef: una “chicca” per gli ospiti
Se qualcuno, allora, conoscerà magari la figura del cuoco a domicilio proprio in occasione di questi mesi di emergenza, potrà però tornare a usufruirne fino in fondo una volta che il Covid-19 sarà solo un brutto ricordo. «Non saprei dire – analizza lo chef – quanta domanda di questo tipo di servizio ci sia adesso, anche perché la situazione resta piuttosto incerta. Posso però assicurare che, in tempi normali, è una proposta che funziona, e ha preso piede anche “in trasferta”. Una “chicca”, alternativa al ristorante, che può proporre chi ha un giardino o un posto adeguato per accogliere gli invitati».
Non a caso, sulla base dell’esperienza personale, Filippo Roberto ricorda la sorpresa di molti ospiti al momento della “rivelazione”. «In molti preferiscono tenere inizialmente segreta la presenza di uno chef in pompa magna in cucina. Spesso, gli ospiti trovano solo un drink e poi io esco dalla cucina, con un vero colpo di scena portando antipasti e cicchetti e interloquendo con i commensali».
La storia di Filippo
56 anni, pugliese di Andria, formatosi alla scuola alberghiera di Rodi Garganico, Filippo Roberto vanta un’esperienza lunga 41 anni ed è a Venezia dal 1984. Fino al 2007, con una breve parentesi da chef al ristorante San Marco, è stato cuoco capopartita della brigata di 14 cuochi del ristorante Do Forni, lavorando poi in varie realtà locali della ristorazione, come il ristorante self service presso la rotonda Excelsior al Lido. Di recente, ha svolto il ruolo di cuoco part-time per i maestri vetrai in una vetreria di Murano e poi ha collaborato con la cooperativa che gestisce la mensa del Circolo ufficiali della Marina di Venezia. L’emergenza-Covid ha colpito anche lui.
«In questo periodo – spiega – sto studiando e sperimentando, oltre a promuovermi sui social con video in cui spiego le ricette e interagisco con i miei follower. Purtroppo, al momento, è molto difficile trovare un posto di lavoro: spero di riuscirci prima di inizio dicembre, quando mi scadrà la disoccupazione. Anche perché la mia attività di chef a domicilio non nasce a scopo di lucro, ma per gli amici». Appassionato di tango argentino, Filippo ha iniziato infatti a proporre i suoi piatti per i buffet nelle milonghe («mi conoscevano come tanguèro e mi ritrovavano come cuoco»). Allargando poi il raggio a qualche evento casalingo di conoscenti. «Prepariamo un menu, facciamo la spesa insieme il giorno prima della cena, facendoci ispirare anche dagli scaffali, e poi torno a preparare i piatti per gli ospiti», conclude.