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RISORSE EUROPEE

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Si stima che il nostro territorio possa contare su 1 miliardo e 200 mila euro di contributi dall’Unione Europea. Un tesoro da sfruttare e che richiama ulteriormente l’attenzione sulle elezioni europee di maggio, quando saremo chiamati ad eleggere i nostri rappresentanti a Bruxelles

 

Ci sono risorse per il ricollocamento dei disoccupati e a sostegno dell’imprenditoria giovanile. Fondi per la competitività delle aziende e per le associazioni no-profit. Somme dedicate alle infrastrutture e ai servizi sociali. Quello disponibile a Bruxelles è un tesoretto, o meglio un tesorone, da 100 miliardi di euro. Ecco quanto il nuovo budget settennale dell’Unione europea, approvato a fine 2013 dopo le consuete estenuanti trattative, ha riservato all’Italia. E la fetta destinata al Veneto, secondo stime che provengono dagli uffici della Regione, dovrebbe essere di un miliardo e 200mila euro, ai quali si aggiungeranno le quote di cofinanziamento dal governo e dallo stesso Palazzo Balbi. Risorse strategiche per un territorio che si sta rilanciando dopo gli anni della crisi. Sarà decisivo non sprecarne neanche un centesimo, al contrario di quanto successo con i fondi del settennato appena concluso. Dedicando più attenzione, e più qualificata, a rendicontazione e stesura dei progetti. Senza dimenticare le imminenti elezioni europee, dal 22 al 25 maggio, con le quali i cittadini saranno chiamati a scegliere i loro rappresentanti all’Europarlamento.

Cento miliardi di euro per l’Italia dunque, oltre il 6% del nostro prodotto interno, tra Fondi Strutturali (circa 32 miliardi), Fondo di Sviluppo e di Coesione (circa 54 miliardi) e il cofinanziamento nazionale. La loro destinazione risponderà a una serie di priorità in corso di negoziazione tra istituzioni comunitarie, governo e Regioni. A interessare il Veneto saranno soprattutto due strumenti. Il Fondo sociale europeo, principale strumento finanziario di cui Bruxelles dispone, dedicato a promuovere la coesione economica e sociale, nelle aree più povere del continente ma non solo. Nel periodo 2007 – 2013 il suo obiettivo era «Investiamo nelle persone», con una serie di progetti a sostegno delle competenze professionali dei lavoratori e dell’occupazione. Una missione che verrà ulteriormente rafforzata in questo settennato: il 20% delle risorse è già stato destinato a «Inclusione sociale e lotta alla povertà». L’altro canale è quello del Fondo europeo di sviluppo regionale dedicato invece alla competitività del sistema produttivo: investimenti in innovazione e infrastrutture, servizi alle aziende e sostegno al credito, specie per le piccole e medie imprese.

Fin qui i fondi a «regia regionale». Oltre un miliardo che spetterà a politici e tecnici di Palazzo Balbi riuscire a impiegare a pieno, rendendo più fluido e trasparente possibile il complesso processo di erogazione e rendicontazione. Oltre a spendere bene però, il sistema Veneto dovrà anche imparare a concorrere meglio. Parliamo dell’altra parte di risorse comunitarie, quelle a «gestione diretta», cui si accede vincendo i bandi di concorso tematici, dall’occupazione all’innovazione, dai servizi sociali all’imprenditoria, lanciati da Bruxelles. Possono partecipare i soggetti più vari, oltre a Regione e enti locali, aziende, privati, sigle di categoria e associazioni no-profit, anche in alleanza con dei partner esteri. Pure la concorrenza però è internazionale: per batterla sarà decisivo saper costruire dossier di candidatura efficaci e che rispettino tutti i parametri indicati nei bandi.

E altrettanto importante per il territorio, nella battaglia di lobby che ogni giorno si combatte a Bruxelles, sarà avere al Parlamento europeo una squadra di rappresentanti politici uniti e competenti. Le prossime elezioni comunitarie, dal 22 al 25 maggio, sono l’occasione per sceglierla. Spesso considerate meno importanti delle consultazioni politiche, come testimoniano i livelli di partecipazione più bassi. Ma a torto, visto che sono sempre più i settori, molti dei quali strategici per la crescita, in cui le decisioni vengono prese a livello comunitario. Ed è lì che anche le singole Regioni devono far valere i propri interessi. «Ce lo chiede Bruxelles» non è solo la frase con cui far digerire ai cittadini l’ennesimo sacrificio fiscale. Ma anche la chiave per accedere a un tesoro di risorse.

Youth Gurantee

Si chiama Youth Gurantee, Garanzia Giovani. Un programma comunitario contro la disoccupazione giovanile da 6 miliardi, oltre uno destinato all’Italia, che prenderà il via quest’anno. Prevede di offrire ai ragazzi che hanno concluso gli studi, entro 4 mesi, un’opportunità di lavoro o tirocinio. Il Veneto però, stando alle linee guida messe a punto dal ministero del Lavoro, rischia di restare escluso, unico tra i territori italiani. Questione di numeri: in Regione la disoccupazione giovanile è del 23,7%, sotto la soglia del 25% prevista per accedere al piano. Dopo la protesta dell’agenzia Veneto Lavoro, il governo ha deciso di includere le province di Belluno, Rovigo e Venezia, dove il dato è superiore. Ma lasciando ancora fuori le altre: Padova, Treviso e Vicenza. «Abbiamo fatto meglio degli altri sul fronte dell’orientamento, della formazione e dell’integrazione tra scuola e lavoro – ha detto l’assessore Elena Donazzan – non è possibile che questo ci si ritorca contro». Le migliori esperienze vanno valorizzate, la speranza è che il governo lo capisca.

 

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