Là dove c’era l’erba, adesso c’è… Non “una città”, come cantava Adriano Celentano, ma ad esempio un ulivo, un nocciolo o un melograno.
Sono gli effetti del riscaldamento globale, che spostano sempre più a nord i confini delle diverse coltivazioni.
Così l’avocado e altri frutti tropicali sbarcano in Sicilia. E gli uliveti si affacciano nelle pianure venete o nelle valli montane lombarde. Nuove frontiere e opportunità, certo.
Ma anche una gestione tutt’altro che semplice e scontata di una fase di cambiamento che non è così lineare come potrebbe sembrare, presentando una serie di insidie.
Un’agricoltura in evoluzione
Il caso di Andrea Passanisi, che – causa aumento delle temperature medie – ha deciso di convertire i vigneti di famiglia a Giarre, alle pendici dell’Etna, in una piantagione di frutti tropicali come avocado e mango, è finito addirittura sul Financial Times.
Ma non è l’unico esempio. “Nel sud Italia – conferma Lorenzo Bazzana, responsabile economico di Coldiretti – c’è più di un tentativo di coltivare banane, avocado o goji in contesti in cui le situazioni sono cambiate per l’aumento delle temperature. Nel nord, invece, si prova a piantare il grano duro, pur sapendo che, se non si riescono a gestire le bombe d’acqua, è forte il rischio che si sviluppino funghi dannosi”.
Un altro esempio è quello del Piemonte, dove si sta valutando se l’uva da tavola può essere una soluzione per sostituire i kiwi, che hanno subito una vera e propria moria.
“Ma più che nuove opportunità – conclude Bazzana – nei cambiamenti climatici vediamo nuove difficoltà. Perché la temperatura è solo uno degli elementi che influiscono sulle coltivazioni. Se, ad esempio, a fronte di qualche grado in più non c’è abbastanza acqua, il rischio è di andare verso la desertificazione”.
Nuove colture, nuovi paesaggi
Sia pure in maniera ancora marginale, anche il paesaggio agricolo veneto sta registrando dei cambiamenti.
“Se prima si potevano vedere solo sul Garda o in alcune colline sopra Bassano esposte a sud – racconta Marco Aurelio Pasti, presidente di Confagricoltura Venezia – le colture intensive di ulivi cominciano ad affacciarsi anche in pianura. Un esempio? Eraclea, dove si provano a ottimizzare nell’alternanza di impiego i macchinari utilizzati nei vigneti, che parzialmente sono utilizzabili anche per gli ulivi”.
Un’evoluzione della situazione, analizza Pasti, dovuta sia al clima che al mercato.
“I seminativi di cereali semioleosi – spiega- sono in crisi, penalizzati dalle politiche agricole. E così vengono soppiantati da vigneti, frutta a guscio come nocciole o noci, mentre per le mandorle ci vorrebbe ancora più caldo. E poi, sia pure su piccole superfici, pari a qualche decina di ettari qua e là, sono sempre più i melograni, specie nelle province di Venezia, Treviso e Vicenza”.
Eventi climatici estremi e coltivazioni
L’innalzamento delle temperature medie dovuto al global warming, però, non esclude le gelate e gli eventi si fanno sempre più estremi, anche dal punto di vista di piogge e periodi di siccità.
Tutto questo determina, come sottolinea il presidente di Confagricoltura Venezia, una situazione in cui “le colture perenni sono a rischio”.
Proprio i melograni, la scorsa primavera, hanno risentito in maniera particolare delle inattese gelate.
Anche se la temperatura in crescita può diventare un’opportunità di conquistare alla produzione alimentare territori prima preclusi, non è insomma facile, per l’agricoltura, adeguarsi ai cambiamenti.
Accade nell’intero pianeta. Basti pensare al termometro sotto zero in Texas lo scorso mese di aprile o al fatto che la Russia sia ormai diventata il principale produttore ed esportatore di grano al mondo.
Alberto Minazzi