Presentato il progetto del Parco dell’economia circolare di Santa Palomba. Ottimizzerà gli impatti ambientali
Anche da un “male necessario”, si può ricavare qualcosa di buono.
Dai rifiuti, per esempio, energia. Riducendo anche il carico ambientale della loro gestione.
E’ questo che consentono di fare oggi i moderni impianti termovalorizzatori.
Che sono ancora pochi nel nostro Paese (37, con una netta prevalenza nel Nord) rispetto a quanto accade in Europa ma che stanno pian piano aumentando.
Il 38 esimo sarà quello di Roma, del quale l’amministrazione ha ufficialmente presentato il progetto rilevando che produrrà emissioni inferiori non solo rispetto all’attuale gestione del ciclo dei rifiuti o al conferimento in discarica, ma anche ai parametri europei sulle polveri: 1 mg a metro cubo rispetto alla soglia massima tra 2 e 5 mg.
Roma verso il suo termovalorizzatore
Dopo anni di polemiche, legate principalmente proprio al tema dell’emissione nell’ambiente di fumi e ceneri prodotti attraverso la combustione, e facendo seguito alla chiusura ad agosto del lavoro svolto dalla Commissione giudicatrice per l’affidamento della concessione del polo impiantistico, il termovalorizzatore di Roma sorgerà all’interno del futuro Parco dell’economia circolare nella zona di Santa Palomba.
Studiato per la miglior integrazione nel contesto industriale circostante, sfrutterà anche lo snodo ferroviario per evitare il trasporto su tir.
Il raggruppamento di impresa guidato da Acea Ambiente realizzerà una struttura in grado di trattare 600 mila tonnellate di rifiuti l’anno con le più avanzate tecnologie disponibili. Inoltre, proprio per minimizzarne l’impatto ambientale, sono previste sperimentazioni relative alla cattura e liquefazione dell’anidride carbonica e una linea di trattamento delle ceneri pesanti per il recupero dei materiali riciclabili.
Benefici, tempistiche e costi
La struttura è stata pensata anche per essere aperta al quartiere e alla città, potendo contare sulla dotazione di spazi di accoglienza e sosta per i visitatori, co-working, strutture per la didattica, la ricerca e lo studio.
Accanto al cuore dell’impianto vero e proprio sarà infatti realizzata una grande serra a struttura metallica interamente vetrata e dotata di schermature mobili per controllare l’irraggiamento. Nella serra sarà sfruttata la CO2 prodotta dal termovalorizzatore e sarà sperimentata, in alcuni piccoli spazi dedicati, anche la concimazione carbonica. Prevista anche una torre panoramica alta più di 70 metri.
Il principale beneficio per la popolazione sarà comunque legato alla produzione di energia, che potrà arrivare fino a 65 megawatt, pari al fabbisogno di 200 mila famiglie.
L’obiettivo dichiarato è quello di partire con la costruzione della struttura non oltre il primo trimestre del 2025, per avere il termovalorizzatore operativo per l’estate del 2027. Lo stanziamento previsto è di circa 1 miliardo di euro, ma si calcola che la struttura consentirà risparmi valutati attorno alle decine di milioni ogni anno, con l’applicazione di una tariffa per lo smaltimento di 176 euro a tonnellata rispetto ai 220-230 attuali.
Termovalorizzatori in Italia: gli esempi virtuosi di Venezia e Torino
I principali detrattori di inceneritori e termovalorizzatori adducono soprattutto ragioni legate alla salute.
Il “Libro Bianco sull’incenerimento dei rifiuti urbani” realizzato dai Politecnici di Milano e Torino con le Università di Trento e di Roma 3 Tor Vergata, però, ha sfatato scientificamente questa idea, sottolineando come i termovalorizzatori “non si possano considerare fattori di rischio di cancro o di effetti negativi sulla riproduzione o sullo sviluppo umano”.
Considerazioni valide in particolare per gli impianti di ultima generazione. Come quello veneziano di Fusina, dove Veritas brucia nel termovalorizzatore solo Css, ovvero il distillato del rifiuto secco residuo prodotto da un territorio che può così sfruttare al meglio le ottime performance nella raccolta differenziata.
Anche il termovalorizzatore di Torino, gestito da Iren, punta sul recupero di energia dai rifiuti, risparmiando 80 mila tonnellate di combustibile fossile all’anno attraverso i sistemi di recupero del calore prodotto nei forni che bruciano i rifiuti a temperature superiori agli 850 gradi, per evitare la produzione di diossine. Esattamente, questo calore aziona dei radiatori che, attraverso l’acqua portata a temperatura di ebollizione mette in movimento turbine che producono energia elettrica. Il vapore prodotto, invece, diventa energia termica utilizzabile per il teleriscaldamento. I fumi residui, infine, vengono trattati per eliminare le sostanze inquinanti.
Rifiuti speciali: in Italia cresce il recupero
I termovalorizzatori in Italia si trovano soprattutto in Lombardia, che da Milano a Pavia ne conta da sola 13 e in Emilia Romagna, dove ce ne sono 7 (per esempio a Modena e Parma). Al Sud se ne contano invece 6 e al Centro 5.
I rifiuti invece crescono.
Secondo l’edizione 2024 del “Rapporto rifiuti speciali” dell’Ispra (l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale), nel 2022 nel nostro Paese sono stati gestite 176,6 milioni di tonnellate di rifiuti speciali.
Di questi, 148,2 milioni di tonnellate (l’83,9% del totale) sono state avviate a forme di recupero, con un aumento su base annua del +0,3%, ovvero 384 mila tonnellate in più. Le tonnellate di rifiuti inceneriti sono state poco più di 1,1 milioni e quelle co-incenerite 1,85 milioni (di cui 111 mila di Css).
Alberto Minazzi