Il taglio dei parlamentari, nello specifico la riduzione del numero di deputati dagli attuali 630 a 400, comporterà per le casse dello Stato un risparmio di poco meno di 54 milioni ogni anno.
Sia pure ancor solo a livello di calcolo previsionale, perché, a meno di elezioni anticipate, la riforma entrerà in vigore dal 2023, la quantificazione è ora ufficiale.
L’Ufficio di presidenza, nella seduta del 30 giugno 2021, ha infatti approvato la nota di variazione al bilancio della Camera per il 2021 e al bilancio triennale 2021-2023 proposta dal Collegio dei questori.
La spesa per i deputati
I deputati, per l’esercizio del loro mandato, percepiscono un’indennità parlamentare e rimborsi per le spese connesse alla loro funzione. Riducendo di poco più di un terzo, pari a 230 unità, il numero degli aventi diritto, a regime lo Stato risparmierà, secondo quanto riportato dai documenti di bilancio appena approvati (che saranno sottoposti all’esame dell’assemblea nel mese di luglio), una cifra complessiva quantificabile sull’arco dell’intero anno in 53,9 milioni di euro. Al netto delle conseguenti minori entrate connesse, le esigenze di finanziamento si ridurranno di un importo pari a circa 51 milioni di euro.
Il taglio dei costi, comunque, risulterà inferiore, e pari a circa 40 milioni, per il primo anno.
La legislatura in corso, con i suoi 630 deputati, verrà infatti a scadenza naturale solo a marzo.
Di conseguenza, per il 2023 il risparmio avverrà solo nei 9 mesi da aprile a dicembre.
Una riduzione in ogni caso definita “notevole” nel comunicato stampa ufficiale della Camera.
“Le risorse risparmiate saranno impiegate nell’interesse dei cittadini, soprattutto dei più deboli”, ha commentato il deputato questore del Movimento Cinquestelle, Francesco D’Uva.
Ulteriori risparmi alla Camera
Il taglio dei deputati non è l’unico intervento che produrrà effetti di contenimento della spesa pubblica relativamente al costo della rappresentanza parlamentare. Sempre riguardo alla Camera, è stato infatti deciso di prorogare a tutto il 2023 il blocco dell’ammontare dell’indennità e dei principali rimborsi previsti per i deputati.
Proprio nella nota di variazione, poi, è prevista una restituzione al bilancio statale di 35 milioni di euro nel 2020. Si tratta dell’intero avanzo di amministrazione conseguito nella gestione dello scorso anno.
Le economie realizzate con la gestione del bilancio della Camera, dal 2013, vengono infatti interamente riversate allo Stato. Si tratta di un importo complessivo, negli ultimi 8 anni, pari a 500 milioni di euro.
Di questi, ben 300 sono ascrivibili alla legislatura attualmente in corso.
Il taglio dei parlamentari
La riduzione del numero dei parlamentari, sia alla Camera che al Senato (in questo caso gli eletti scendono dagli attuali 315 a quota 200, non comprensivi dei senatori a vita), è prevista dalla legge costituzionale numero 1 del 2020. Pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 21 ottobre 2020 contiene “Modifiche agli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari”.
L’obiettivo della riforma è duplice. Da un lato si intende favorire un miglioramento del processo decisionale delle Camere per renderle più capaci di rispondere alle esigenze dei cittadini. Dall’altro si mira alla riduzione dei costi della politica
Con 945 parlamentari, l’Italia è infatti attualmente il Paese europeo con il maggior numero di rappresentanti direttamente eletti dal popolo.
Degli altri grandi Stati del continente, la Germania ha circa 700 parlamentari, la Gran Bretagna 650 e la Francia poco meno di 600. Si passa così da una percentuale di un eletto ogni 64 mila italiani a quella di un eletto ogni circa 101 abitanti.
L’iter della riforma
La proposta di legge era stata approvata in via definitiva dalla Camera l’8 ottobre del 2019.
La legge è stata quindi sottoposta a referendum popolare sulla base della richiesta avanzata da 71 senatori (quindi in numero superiore al quinto previsto a tal fine dall’articolo 138 della Costituzione) entro 3 mesi dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.
La data del referendum, inizialmente fisata per il 29 marzo 2020, è stata quindi posticipata in considerazione della pandemia da Covid-19. La consultazione, senza quorum in quanto referendum confermativo, si è così tenuta il 20 e il 21 settembre 2020, facendo registrare una vittoria del “sì” con il 69,96% dei voti.
Alberto Minazzi