Tanti i percorsi italiani subacquei da scoprire
A livello mondiale, si registrano oltre 202 mila relitti sui fondi di mari e oceani. Di questi, 15.641 derivano da naufragi avvenuti nel Mediterraneo e 2.854 in Grecia.
In Italia, in una mappatura del 50% dei fondali italiani, sono stati censiti oltre 1.500 tra siti e relitti sommersi. Un ricco patrimonio per la cui tutela e valorizzazione potrebbero essere impiegati 6,68 miliardi di euro, di cui si stima che circa il 36% (2,4 miliardi) sarà destinato alle regioni del Mezzogiorno.
È quanto è emerso in occasione della XXIII Borsa Mediterranea del Turismo, tenutasi a Paestum, in Campania.
Qui, per la prima volta, è stato dedicato ampio spazio a un settore del tutto nuovo del turismo archeologico: gli itinerari archeologici subacquei.
Gli itinerari archeologici subacquei
La diffusione della pratica subacquea nel mondo, con circa 40 milioni di praticanti certificati da brevetti sportivi conseguiti attraverso specifici corsi di formazione, e la sempre maggiore perfezione delle attrezzature tecniche per l’immersione in qualsiasi tipo di acqua (salata, salmastra, dolce) ovvero in mari, lagune, fiumi, laghi e grotte, hanno fatto sì che anche i siti archeologici sommersi potessero essere luoghi accessibili in qualunque stagione dell’anno e a qualunque profondità.
«Per la prima volta – spiega Luigi Fozzati dell’Istituto Italiano di Archeologia Subacquea, regista della prima Conferenza Mediterranea sul Turismo archeologico subacqueo della Borsa di Paestum – si è capita l’esigenza di valorizzare in situ gli innumerevoli resti archeologici, relitti di navi, ma anche di aerei della prima e seconda guerra mondiale e di interi agglomerati urbani per lo più di origine romana. Questi possono essere visitati in sicurezza e senza recar danno né ai fondali marini né ai siti stessi».
Percorsi italiani subacquei
In Italia, sottolinea Fozzati, già esistono alcuni percorsi/itinerari di visita o parchi archeologici subacquei visitabili, in linea con i principi della Convenzione UNESCO sulla protezione del patrimonio culturale sommerso. La regione con il maggior numero di siti subacquei è la Sicilia, con ben 25 location archeologiche marine, la più famosa della quale è quella di Ustica dove è possibile ammirare anfore e ancore di età romana. Allo stato attuale manca però un sistema integrato e riconosciuto dell’offerta che possa spingere uno sviluppo armonico del settore.
Tra le occasioni di visita aperte ed accessibili ai subacquei certificati, ad esempio, è possibile immergersi e visitare l’antica nave romana di Albenga, in Liguria. La Campania custodisce l’itinerario subacqueo più bello del mondo: quello di Baia, davanti a Pozzuoli, dove è stata scoperta un’intera città sommersa con statue e mosaici ben visibili. Sempre in Campania, il Parco Sommerso di Gaiola, sotto la collina di Posillipo, conserva innumerevoli resti romani. Tre i principali siti tra Veneto e Trentino Alto Adige, tutti palafitticoli e lacustri: il Parco Archeologico didattico di Livelet, il Museo delle palafitte di Fiavé ed il Museo delle Palafitte del lago di Ledro.
Un itinerario europeo
La prima Conferenza Mediterranea sul Turismo archeologico subacqueo ha offerto l’occasione per il lancio dell’Itinerario Culturale Europeo “Mediterranean Underwater Cultural Heritage”, da presentare al Consiglio d’Europa. Si tratta di un complesso di siti archeologici subacquei per i quali è stata studiata una precisa strategia di “accessibilità” al pubblico. La proposta mette in rete i siti archeologici subacquei di Baia Sommersa e Parco Sommerso di Gaiola (Campania), Isole Egadi, Pantelleria, Plemmirio e Ustica (Sicilia), Egnazia, Isole Tremiti, San Pietro in Bevagna (Puglia), Capo Rizzuto (Calabria), Pavlopetri e Peristera (Grecia), Alessandria d’Egitto (Egitto), Cesarea Marittima (Israele) e Kizlan (Turchia).
«Questa accessibilità – riprende Luigi Fozzati – non significa una semplice immersione in un’area archeologica costituita da un insediamento o da un relitto navale. Bensì rappresenta la possibilità di accedere a un percorso di visita nuovo, dove l’immersione è preceduta e/o seguita dalla frequentazione di un centro di documentazione/museo appositamente dedicato alle aree sommerse». Il binomio centro di documentazione/immersione guidata, prosegue Fozzati, costituisce quindi l’ingresso ad un approfondimento culturale del quale si avvantaggia sia il visitatore “anche” subacqueo, sia il visitatore non subacqueo ma che può effettuare un’immersione virtuale.
Il videogame sull’archeologia subacquea
In occasione della XXIII Borsa Mediterranea del Turismo è stato anche presentato il primo videogame dedicato all’archeologia subacquea nel Mediterraneo. Si chiama “Dive in the Past”, gioco 3D made in Italy creato da un’azienda spin off dell’Università della Calabria. L’obiettivo? Far conoscere al mondo il patrimonio archeologico sottomarino del “mare nostrum”.
Il videogioco va alla scoperta di alcuni tra i più importanti siti archeologici del Mediterraneo. Dà modo di vivere in prima persona l’emozione di tuffarsi nelle profondità del mare e muoversi in mezzo al relitto di una nave greca affondata nel V secolo A.C. oppure tra le misteriose sculture del Ninfeo di Punta dell’Epitaffio nel golfo di Pozzuoli. Il tutto grazie a una ricostruzione molto fedele in 3D che trasforma lo smartphone in sistema di immersione virtuale.
Per rendere il tutto più interessante e divertente è stato concepito uno storytelling che inizia dal ritrovamento di un vecchio diario con in copertina un simbolo misterioso. Proprio da qui, attraverso una mappa del Mediterraneo che funge da menu iniziale, prende il via l’esplorazione dei 4 siti subacquei.
Claudia Meschini
Be direi che era ora.. sott’acqua ormai possono andare tutti,e senza mascherina!@