Svolta dell’Unione Europea sull’inquinamento provocato dalle aziende. I reati ambientali quarto settore criminale al mondo
Pene più severe, risarcimenti, ripristini e nuove fattispecie dei reati ambientali.
Se fino a oggi, secondo la vigente direttiva sui reati ambientali, per un’impresa operante nell’Unione Europea è stato sufficiente rispettare le condizioni previste nell’autorizzazione all’attività per evitare che le proprie azioni potessero essere considerate illegali dal punto di vista della responsabilità penale, entro l’arco di due anni non sarà più così.
E’ questo il tempo che gli Stati membri Ue avranno infatti per adeguare le rispettive legislazioni nazionali a quanto stabilito dalla nuova direttiva approvata dal Parlamento Europeo.
Per l’Italia una rivoluzione
Un esempio di ciò che può derivare dalla nuova impostazione legislativa è quello di una tematica particolarmente sentita in Italia, a partire dal Veneto: i Pfas, le sostanze alchiliche perfluorate, al centro della ben nota vicenda di inquinamento delle falde acquifere nel Vicentino.
Prima che queste fossero identificate come dannose per l’uomo, più di 40 anni fa un’industria chimica olandese ottenne l’autorizzazione a sversare nelle acque i prodotti di scarto della sua produzione contenenti Pfas. Così, proprio in forza dell’autorizzazione, non può essere punita per il pericolo creato per la salute pubblica.
Adesso le cose sono destinate a cambiare.
La nuova direttiva Ue: pene più gravi per i trasgressori
Nella seduta del 27 febbraio, l’aula di Strasburgo ha approvato il documento che aggiorna la normativa in materia di protezione ambientale con 499 voti favorevoli, 100 contrari e 23 astensioni.
Un’altra importante novità introdotta è quella illustrata da Antonius Manders, l’eurodeputato olandese relatore della direttiva: “Quando un comportamento provoca la morte di una persona, se l’autore lo ha commesso in modo intenzionale riceverà 10 anni di carcere”. La pena, in questo caso, colpirà amministratori delegati e membri dei cda.
L’ecocidio, la pena e il risarcimento
Nella maggioranza dei casi, se i reati sono commessi con negligenza la pena è di 5 anni, che salgono a 8 per i cosiddetti “reati qualificati”, come gli incendi boschivi su vasta scala o l‘inquinamento diffuso di aria, acqua e suolo, paragonabili all’ecocidio in quanto portano alla distruzione o al danneggiamento significativo di un ecosistema.
Chi commette un reato ambientale, inoltre, è previsto il risarcimento del danno causato e il ripristino dell’ambiente danneggiato.
Quanto alle pene pecuniarie, gli Stati membri potranno scegliere se applicare una sanzione fissa di 40 milioni di euro o variabile, con un tetto massimo del 5% del fatturato annuo dell’azienda responsabile. Tra gli obiettivi della direttiva, insieme all’armonizzazione della legislazione sull’intero territorio dell’Unione, c’è proprio quello di migliorare l’effetto dissuasore, visto che in alcuni Stati membri alcuni reati ambientali non sono puniti o lo sono con pene irrisorie.
I nuovi reati
Tra i punti più significativi del testo, c’è anche la previsione di una serie di nuove fattispecie che configureranno gli estremi di un reato ambientale.Tra questi, il commercio illegale di legname, l’esaurimento delle risorse idriche, l’introduzione e la diffusione di specie esotiche invasive e le gravi violazioni della legislazione dell’Ue in materia di sostanze chimiche.
“I crimini ambientali – commenta l’europarlamentare francese Marie Toussaint – stanno crescendo da due a tre volte più velocemente dell’economia globale e in pochi anni sono diventati il quarto settore criminale al mondo. E stiamo adottando una delle legislazioni più ambiziose al mondo”. Al momento, non rientrano nella direttiva pesca illegale, esportazione di rifiuti tossici nei Paesi in via di sviluppo, frodi nel mercato del carbonio e violazioni della legislazione sugli organismi geneticamente modificati.
Alberto Minazzi