Dopo nove mesi, il periodo di quarantena per un lavoratore che è entrato in contatto con un positivo al Covid potrebbe tornare a essere parificato alla malattia, dando diritto a un’indennità.
Si tratta di molto più che una semplice ipotesi, tant’è che già nel pomeriggio di oggi, 23 settembre, il Consiglio dei Ministri potrebbe ufficializzare la decisione e prevedere il relativo finanziamento, che dovrebbe ammontare a una cifra tra gli 800 e i 900 milioni di euro.
L’indennità per quarantena Covid
A differenza dell’isolamento, che riguarda i malati di coronavirus, la quarantena è la misura preventiva presa nei confronti dei cosiddetti “contatti stretti” di una persona che sia risultata positiva al Covid. Le ultime disposizioni del Comitato tecnico scientifico, prese ad agosto e attualmente in vigore, hanno ridotto a 7 giorni il periodo di monitoraggio per chi è vaccinato, rispetto ai 10 giorni ordinari che restano in vigore per chi non si è sottoposto alla vaccinazione.
Quarantena: le difficoltà per il privato
A inizio pandemia, nel marzo 2020, il decreto “Cura Italia” aveva equiparato l’assenza per quarantena alla malattia per quanto riguarda il relativo trattamento economico e previdenziale. Le risorse economiche stanziate per la misura ammontavano a complessivi 663,1 milioni di euro, che sono ormai esaurite. Non essendo stati previsti nuovi stanziamenti in bilancio per finanziare la misura, nel 2021 l’Inps non ha più potuto più garantire il sostegno economico ai lavoratori privati che svolgono mansioni non compatibili con lo smart working, perdendo quindi giornate lavorative in caso di quarantena.
Il settore pubblico e le prospettive
L’indennità di quarantena, al contrario, è rimasta invece in piedi per i lavoratori del pubblico impiego. Per loro, il periodo di quarantena è infatti equiparato dal primo comma dell’articolo 87 del decreto legge 18/2020 a quello di un ricovero ospedaliero, consentendo così di percepire l’intera retribuzione, compresa quella accessoria.
Una palese disparità di trattamento, sottolineata sia dalle parti sindacali che da quelle datoriali, visto che, nel periodo non coperto dallo Stato, sono state direttamente alcune imprese a garantire la retribuzione ai lavoratori in quarantena.
La questione ora al Cdm
Il quotidiano economico “Il Sole 24 Ore” ha calcolato che ogni periodo di quarantena può comportare per il lavoratore di un’azienda privata una perdita fino a 461 euro netti. Già lo scorso 29 agosto, il ministro del Lavoro, Andrea Orlando, ha dunque garantito che il Governo avrebbe preso in considerazione l’ipotesi di un rifinanziamento. La partita, non avendo trovato nell’ultimo scostamento di bilancio le risorse per la ripartenza dell’indennità, è comunque ora arrivata in Consiglio dei Ministri. I fondi necessari potrebbero derivare dai risparmi sugli aiuti anti-Covid, in particolare i contributi a fondo perduto per le imprese.
La scelta tedesca
Sempre a proposito di indennità per la quarantena, dalla Germania arriva intanto la notizia che, da novembre, perderà il diritto al risarcimento chi finisce in quarantena e non si è vaccinato. L’annuncio è stato dato dal ministro della Salute, Jens Spahn, che ha raggiunto l’accordo sulla questione con i singoli Laender tedeschi. Pur lasciando alla libertà di ognuno la decisione di sottoporsi al vaccino, il ministro ha infatti sottolineato come, per “questione di equità”, i non vaccinati devono assumersi “la responsabilità di sopportare le conseguenze economiche” della loro scelta. Il sistema fin qui adottato in Germania prevede che, in caso di messa in quarantena da parte del medico curante o dell’autorità sanitaria locale, il lavoratore può farsi rilasciare un certificato che, consegnato al datore di lavoro, lo obbliga a continuare a pagare lo stipendio per 6 settimane. A sua volta, il datore potrà quindi presentare una richiesta di rimborso alle autorità competenti.
Alberto Minazzi