Lutti, dissesti economici, stress.
I medici: nessuno è solo. Chiedete aiuto
Ansia e panico nell’emergenza, rischi di suicidio e conseguenze dei “lutti complicati” nella cosiddetta “fase 2”.
Anche il disagio psicologico legato al coronavirus varia a seconda dell’evolvere della situazione della pandemia.
Gli specialisti della salute mentale lo sanno e sono pronti ad affrontare ogni tipo di necessità proveniente dalla popolazione.
L’Ulss 3 Serenissima ha infatti attivato, da questa settimana, un piano di intervento modulato sul lungo periodo.
Il servizio dell’Ulss
“Questo periodo complesso – spiega il direttore generale dell’Ulss 3, Giuseppe Dal Ben – ha reso fragili molte persone. Non solo i malati e i familiari dei malati. Non solo gli operatori sanitari in prima linea. Ma anche tutte quelle persone che, dall’emergenza, hanno subito o subiranno conseguenze peggiorative per l’equilibrio psicofisico”. È stato così strutturato per la fase 2 un servizio che si aggiunge alla consulenza telefonica. E offre un progetto di accompagnamento e presa in carico in via continuativa dei soggetti interessati.
Sul piano organizzativo, i servizi di salute mentale hanno così sviluppato una forte interconnessione con il territorio, a partire dai medici di base, per intercettare le situazioni di disagio.
In tal modo, sarà possibile avviare fin da subito, in caso di necessità, percorsi dedicati con valutazioni medico-psichiatriche preliminari e con l’intervento di gruppi terapeutici. Questi saranno ampliati anche alle situazioni meno gravi, non appena saranno allentate le restrizioni alla mobilità.
Come chiedere di essere seguiti
Sono i medici di famiglia, i Pronto soccorso, gli ospedali, le Unità Covid e il Dipartimento di prevenzione ad avviare il percorso.
Ma si può accedere ai servizi anche in autonomia, attraverso una mail (inviata a dsm@aulss3.veneto.it) o una telefonata.
A tal fine sono attivi quattro numeri: 041-5294811 per Venezia e Lido; 041-2608281 per Mestre e terraferma; 041-5572140 per Chioggia, Cavarzere e Cona; 041-5133418 per Dolo e Mirano.
Le attese dei medici
“Sulla base delle precedenti epidemie – spiega Moreno De Rossi, primario di Salute mentale dell’Ulss 3 – ci attendiamo un aumento delle richieste per disturbi depressivi, ansia e disturbi post-traumatici da stress, per coloro che hanno visto o vissuto situazioni in cui la vita è stata posta particolarmente a rischio”.
In questo momento di “fase acuta”, rivela il primario, a prevalere sono le richieste legate a stati d’ansia e attacchi di panico. Ma si sono registrate, anche se più raramente, anche alcune reazioni paranoiche.
“La situazione che stiamo vivendo induce a sospettare e avere paura dell’altro”.
La fase 2: la più preoccupante
Il progetto portato avanti dall’Ulss, in ogni caso, si pone in linea anche con la seconda fase legata al coronavirus: quella successiva alla gestione dell’emergenza e volta al recupero graduale della normalità.
“A preoccuparci – prosegue il primario – è soprattutto il “dopo”.
È difficile da dirsi con che tempistiche, ma probabilmente già entro le prossime due o tre settimane, inizieranno a uscire una serie di problematiche diverse, che ci porteremo avanti per alcuni mesi.
Non tutti hanno infatti vissuto l’emergenza allo stesso modo.
Qualcuno ha perso per lutto delle persone care. Qualcuno ha registrato perdite economiche. Qualcuno si è trovato in situazioni di completo isolamento. Qualcuno, a partire dagli operatori sanitari, ha dovuto svolgere non facili compiti di assistenza”.
Non è facile quantificare a priori quanti potranno essere i soggetti bisognosi di assistenza.
“Studi precedenti, come quello sulla Sars del 2003 – ricorda De Rossi – rilevano un tasso dell’11% dei sanitari interessati da reazioni traumatiche da stress. È però complicato trasferire il dato sulla popolazione complessiva. Possiamo solo dire che il nostro servizio ha in carico normalmente circa 4.000 persone. E che una proiezione che parli di un 4-5% del totale della popolazione interessato da disturbi di qualche tipo è astrattamente attendibile”.
Le strategie d’aiuto
Per fornire a chi è in difficoltà un aiuto è possibile intervenire su vari piani.
La strategia medica ritenuta utile dal primario di Salute mentale si basa principalmente su due pilastri.
In primo luogo, si cerca di lavorare sul cosiddetto “empowerment individuale”.
Non trattandosi di persone con patologie pregresse, ma solo di soggetti colpiti da qualcosa di molto destabilizzante, il lavoro dei medici punta sull’aumento delle potenzialità che ciascuno di noi ha.
Il secondo pilastro è il lavoro sugli “stili di coping adattativo”. In altri termini, si cerca di sviluppare nei soggetti in difficoltà la capacità di resistere e far fronte alle difficoltà. E questo lavorando anche sulle risorse psicosociali esistenti prima dell’evento.
Non pensiamo solo al coronavirus
Va anche ridotto, secondo l’esperto, il quantitativo di informazioni che ci arrivano.
“Un po’ di svago, di distrazione da queste tematiche, riguardo alle quali siamo sottoposti ogni giorno a un vero e proprio forcing mediatico, fa solo bene. La stessa routine della giornata può essere ristrutturata. Ci si può dedicare alla cucina. Chi ha un giardino, può fare attività fisica. Ma anche guardare un film o leggere un libro è un’attività che ci può aiutare a mantenere il giusto controllo sulla nostra vita”.
Fase 2: I “lutti complicati”
Una realtà del tutto particolare e più complessa è quella dei cosiddetti “lutti complicati”.
La perdita dei propri cari e la lontananza durante la malattia, che ha impedito di accompagnarli negli ultimi giorni di vita e con un normale funerale è una delle prove più difficili che il coronavirus ha imposto.
“Il lutto – illustra tecnicamente il primario – è di per sé un’esperienza fisiologica, non patologica. Un’esperienza che passa attraverso una serie di situazioni di “elaborazione” del lutto stesso, dalla rabbia, alla comprensione, all’accettazione. Si arriva a parlare di “lutto complesso” quando si instaura un quadro depressivo forte”.
De Rossi ammette che è attesa una ricaduta problematica di questo tipo, nel caso dell’attuale emergenza. Questo sia per il numero dei decessi, sia per gli aspetti emergenziali ed epidemiologici che hanno impedito un’evoluzione “normale” dei lutti, facendone venire meno tappe fondamentali.
“Il servizio – riprende De Rossi – è appena partito e sono ancora poche le chiamate ricevute che si legano a questi aspetti, anche perché, in una fase emergenziale, i pensieri sono molto più concreti. Ma ci aspettiamo che, nei prossimi mesi, il fenomeno possa esplodere. Anche se c’è un aspetto “tutelante” dal punto di vista della popolazione: il fatto che si tratti di una preoccupazione condivisa”.
Fase 2: Il rischio-suicidi
Un ultimo aspetto riguardo al quale l’allerta dei medici di Salute mentale è massima è quello del possibile aumento di tentativi di suicidio. “Riguardo al fenomeno – legge l’esperto – c’è una valutazione indiretta, da fare. Ovvero che è accertato che c’è una stretta correlazione tra crisi economica e aumento del disagio mentale. Basta ad esempio l’aumento della percentuale di disoccupazione di solo un 1% per ingenerare questa reazione. Su questa base, ricordiamo però che il suicidio è un atto molto più ampio. Non è frutto di soli aspetti patologici ed esistenziali: è un sommarsi di eventi che porta ad un atto di cui è difficile indagare le motivazioni, che solitamente sono più di una sola”.