L’area industriale veneziana celebra il secolo di vita e si interroga su come reinventarsi per dare ancora ricchezza al territorio
La genesi portò in pochi anni forza, entusiasmo e rilancio economico. Il declino cominciò con le contestazioni operaie e proseguì con le inchieste giudiziarie.
Quella di Porto Marghera è una storia industriale intensa come poche altre in Italia.
Una storia tutta da raccontare, nell’anno del centenario della “grande creatura” del conte di Misurata Giuseppe Volpi. E non solo a scopo didattico, ma anche e soprattutto per individuare, a partire dalle radici, quale possa essere il futuro di quella che un tempo era la motrice economica del Nordest.
Il Mibact, Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, ha nominato il Comitato per le celebrazioni del centenario, presieduto dal sindaco Luigi Brugnaro. Il Ministero ha individuato una cerchia di eccellenze nel mondo politico, industriale, scientifico e universitario che avrà il compito di stilare una lista di eventi, convegni e simposi che possano rendere il massimo merito all’identità di questo storico distretto.
«Porto Marghera – spiega Paolo Apice, coordinatore delle attività del centenario – all’inizio fu molto contestato, non fu facile realizzarlo. Il Conte Volpi, nel 1917, riuscì a far passare il progetto subito dopo la disfatta di Caporetto, quando le attenzioni, in quel momento, erano chiaramente rivolte altrove».
Il ruolo di Porto Marghera per Venezia e per il Veneto fu dominante soprattutto nel ventennio tra gli anni Sessanta e Settanta. Nel 1967, con la fusione tra i due colossi Montecatini ed Edison, si arrivò a un picco di trentamila dipendenti.
«Era l’El Dorado del lavoro – continua Apice – il futuro della metropoli, perché in quel periodo il tasso di povertà era altissimo. Negli anni Settanta, per esempio, la metà di un’automobile Fiat (tutte le componenti in plastica) veniva creata qui a Venezia. Oggi a Venezia si vive praticamente solo di turismo, ma, prima della crisi industriale e del declino, le buste paga di Porto Marghera erano alla pari con l’indotto turistico di allora».
Che cosa organizzerà il Comitato per celebrare il primo secolo di vita del polo industriale lagunare? Per il momento ci sono quaranta pagine di ipotesi, tra mostre fotografiche, convegni ed eventi vari. «Stiamo valutando – aggiunge Amerigo Restucci, coordinatore scientifico dell’iniziativa – tutte le idee. Stiamo cercando di coinvolgere, soprattutto, tutti coloro che hanno operato su Marghera, tutte le aree sociali: dai titolari delle imprese alle associazioni operaie, passando per il centro di medicina del lavoro».
Porto Marghera è, soprattutto, una storia di testimonianze.
Gianfranco Bettin, presidente della Municipalità di Marghera, ha vissuto di persona lo sviluppo di quell’area negli ultimi cinquant’anni.
«Quella di Porto Marghera – racconta – è una storia industriale e operaia, ma anche di innovazione tecnologica e scientifica. E queste due dimensioni si intersecano in maniera inscindibile».
Quello che è stato, però, deve servire da monito e da esperienza per il futuro, perché l’eredità di Porto Marghera è pesante. Un’eredità che parla sì di progresso e innovazione, ma che non dimentica le indagini del pubblico ministero Felice Casson che portarono, nel 2006, dopo dieci anni di processo, all’assoluzione dei ventotto dirigenti rinviati a giudizio per strage, omicidio e lesioni colpose e alla condanna di cinque di loro per la morte per angiosarcoma epatico di un operaio. «Da questo centenario – aggiunge Bettin – si dovrebbe trarre una lezione: abbiamo bisogno di un forte investimento che sia produttivo, ma che abbia una forte componente scientifica. Guardare all’industria green, che è la tecnologia del domani, è fondamentale».
Sarà necessario concentrarsi, aggiunge il sottosegretario al ministero dell’Economia Pier Paolo Baretta, su alcuni obiettivi strategici: Mose, bonifiche e ricollocazione delle navi turistiche. «Solo così – dice – si potrà supportare lo sviluppo di un hub per la logistica basato su aziende ad alta tecnologia, in un piano di Industry4.0. I fondi? Dobbiamo distinguere tra opere di competenza nazionale e quelle a responsabilità locale, sulla cui realizzazione è necessario coinvolgere in maniera attiva finanziatori privati, capaci di mettere a sistema le diverse anime del nostro territorio».
Anime che possono essere riunite anche grazie all’attività del Comitato, come si augura il presidente di Confindustria Venezia Matteo Zoppas: «Porto Marghera rimane un luogo strategicamente ideale dal punto di vista logistico e produttivo e per questo merita di essere rilanciato. Se ci sarà unitarietà di visione tra tutte le componenti del Comitato, allora si potranno ottenere risultati importanti».