Negli ambienti di antiche domus, nella Regio IX insula 10, sono emerse importanti testimonianze di un cantiere edile in piena attività
Ci sono strumenti di lavoro, tegole e mattoni di tufo accatastati e cumuli di calce.
Tutti indizi ben precisi di un’attività edilizia in piena regola.
Dopo il ritrovamento di una natura morta con la raffigurazione di una focaccia e un calice di vino e la scoperta, nella villa romana di Civita Giuliana, dell’arredo di una stanza che ha permesso agli studiosi di ricostruire una precisa gerarchia anche tra gli schiavi, i lavori di scavo in corso al Parco Archeologico di Pompei continuano a stupire riportando alla luce preziose testimonianze storiche. E a rivelare indizi preziosi di quella che era la vita quotidiana fino all’eruzione del Vesuvio nel 79 d.C.
Questa volta i lavori stanno attestando la presenza di un cantiere antico che interessava tutto l’isolato.
Tracce evidenti dell’attività edilizia nella casa con panificio di Rustio Vero
Gli studiosi stanno evidenziando la presenza di numerosi elementi che riportano alla presenza dell’antico cantiere nella casa con il panificio di tale Aulus Rustius Verus, un personaggio dell’ultima fase di vita di Pompei che insieme a Giulio Polibio, proprietario di una splendida casa su via dell’Abbondanza, negli anni Settanta del I sec. d.C. raggiunse la carica più alta della città, quella di “duumvir”, magistrato dell’antica Roma.
Nell’atrio parzialmente scoperto sono stati infatti rivenuti accatastati materiali per la ristrutturazione mentre su un’anta del tablino, come era chiamato l’ambiente di ricevimento decorato in stile pompeiano, sono ancora oggi leggibili quelli che probabilmente erano i conteggi del cantiere.
Si vedono numeri romani scritti a carboncino facilmente cancellabili rispetto ai graffiti incisi nell’intonaco. Tracce dell’attività edilizia sono state trovate anche nel luogo della casa che era riservato al culto dei Lari, divinità venerate dai romani specialmente nel culto privato presso il focolare domestico con Vesta e con i Penati protettrici della “gens” e della “familia”. Qui sono state trovate delle anfore riutilizzate per “spegnere” la calce impiegata nella stesura degli intonaci.
La tecnica costruttiva dell’”hot mixing”
Altri elementi tipici di un cantiere sono emersi in diversi ambienti dell’abitazione.
Tra questi il peso di piombo per innalzare un muro perfettamente verticale e zappe in ferro usate per la preparazione della malta e la lavorazione della calce.
Anche nella casa vicina, raggiungibile attraverso una porta interna, e in una grande dimora alle spalle delle due abitazioni al momento solo parzialmente indagata, vi erano enormi cumuli di pietre da utilizzare nella ricostruzione dei muri oltre ad anfore, ceramiche e tegole che venivano raccolte per poi essere trasformate in cocciopesto.
Per l’analisi dei materiali e le tecniche di costruzione il parco Archeologico di Pompei si è avvalso del supporto di un gruppo di esperti del Massachusetts Institute of Tecnology, USA.
Secondo il team, l’ipotesi di tecnica utilizzata è quella dello “hot mixing” ovvero la miscelazione a temperature elevate dove la calce viva è premiscelata con pozzolana (materiale piroclastico incoerente emesso dal vulcano nella fase esplosiva e come tale costituito principalmente da piccolissimi granuli vetrosi a cui si accompagnano piccoli cristalli di minerali diversi, ndr) a secco e successivamente idratata e applicata nella costruzione dell’opus caementicium, il cementizio, materiale da costruzione ampiamente utilizzato nella Roma antica. Normalmente la calce viva viene immersa nell’acqua, in termini tecnici “spenta” molto tempo prima dell’uso in cantiere e lo “spegnimento” ovvero la reazione tra calce viva e acqua produce calore. Solo nel momento della messa in opera la calce viene mescolata con sabbia e inerti per produrre la malta o il cementizio.
La calce viva nella costruzione dei muri
Nel caso del cantiere di Pompei invece risulta che la calce viva non ancora portata a contatto con l’acqua venisse in un primo momento mescolata solo con la sabbia pozzolanica, mentre il contatto con l’acqua avveniva poco prima della posa in opera del muro. Ciò portava un vantaggio durante la costruzione perché la miscela di calce, sabbia pozzolanica e pietre era ancora calda per via della reazione termica in corso e di conseguenza si asciugava rapidamente abbreviando i tempi di realizzazione della costruzione. Nel caso di pareti da intonacare sembra che la calce venisse prima spenta e successivamente mescolata con gli inerti per essere poi stesa, tecnica che ancora oggi si utilizza.
Come ha sottolineato il Ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, mentre Il Parco Archeologico di Pompei mai come in questo momento ha avuto scavi attivi, si sta lavorando alla realizzazione di un grande museo per raccogliere tutti i reperti. Nei mesi scorsi il Ministro della Difesa Guido Crosetto ha ceduto al Ministero della Cultura l’ex Spolettificio di Torre Annunziata dove sarà realizzato.
Silvia Bolognini