I dati Istat: pil a +0,6% nel primo trimestre. Intanto, a maggio l’inflazione frena
Meglio di Stati Uniti e Francia, che hanno fatto segnare rispettivamente un +0,3% e un +0,2% in termini congiunturali.
Meglio dei Paesi dell’area Euro, al +0,1%. Molto meglio della Germania (dove il pil nello stesso periodo è addirittura diminuito del -0,3%). E meglio anche delle precedenti stime dell’Istat per il nostro Paese, che prevedevano un +0,5%.
Nel primo trimestre del 2023, l’economia italiana ha fatto registrare una crescita del prodotto interno lordo del +0,6% rispetto all’ultimo trimestre del 2022 e un +1,9% nei confronti dei primi 3 mesi dello scorso anno (la crescita congiunturale diffusa il 28 aprile era del +1,8%). E anche la crescita acquisita per il 2023 è positiva, pari allo 0,9%.
“La stima completa dei conti economici trimestrali – commenta l’Istituto nel comunicato ufficiale – conferma la ripresa dell’economia italiana nel primo trimestre del 2023 dopo la battuta d’arresto di fine 2022. La ripresa è dovuta alla domanda interna con contributi positivi dei consumi privati per 0,3 punti percentuali e dei consumi pubblici e degli investimenti entrambi per 0,2 punti percentuali”.
Rispetto al trimestre precedente, sottolinea l’Istat, tutti i principali aggregati della domanda interna sono in aumento, con una crescita dello 0,7% dei consumi finali nazionali e dello 0,8% degli investimenti fissi lordi. Le importazioni e le esportazioni sono diminuite, rispettivamente, dell’1% e dell’1,4%. Si registrano andamenti congiunturali positivi del valore aggiunto nell’industria e nei servizi, cresciuti rispettivamente dello 0,2% e dello 0,8%, e una stazionarietà nell’agricoltura.
Le stime dei prezzi al consumo
L’Istat ha pubblicato anche le stime preliminari provvisorie dei prezzi al consumo nel mese di maggio 2023. E l’indice nazionale per l’intera collettività (NIC), al lordo dei tabacchi, registra un aumento dello 0,3% su base mensile e del 7,6% su base annua, da +8,2% del mese precedente. Una frenata dell’aumento del tasso di inflazione che si spiega con il rallentamento dei prezzi dei beni energetici non regolamentati, degli alimentari lavorati, degli “altri beni” e dei servizi relativi ai trasporti, pur a fronte di una tendenza di segno contrario per alimentari non lavorati e servizi relativi all’abitazione.