Ce l’abbiamo un po’ tutti.
Il più delle volte ne siamo portatori inconsapevoli, altre lo subiamo.
Ma il phubbing riguarda tutti noi, a livello planetario.
Questo nuovo termine nato dalla crasi tra Phone (telefono) e Snubbing (snobbare, non dare attenzione) è davvero molto molto diffuso e, anche se non abbiamo mai dato finora un nome a questo “fenomeno”, è di fatto entrato nella nostra quotidianità.
Si chiama appunto “phubbing” e connota l’atteggiamento di chi ignora o trascura il proprio interlocutore durante una conversazione concentrando tutte le proprie attenzioni sullo smartphone.
Solo un cellulare?
Il nostro cellulare ormai ci segue anche alla toilette. Siamo iperconnessi e sempre più dipendenti da questo strumento potentissimo che ci permette di comunicare con il mondo.
Non muoviamo più nemmeno un passo senza di lui: ci indica la strada fungendo da navigatore, ci fa pagare i nostri acquisti, ci fa scattare delle foto da premio Nobel (secondo noi ovviamente) che in un attimo ci sentiamo tutti Steve Mc Curry, conta i nostri passi e ci suggerisce persino quando fermarci e respirare.
Insomma, da semplice strumento per inviare e ricevere telefonate è diventato un vero e proprio assistente. Insostituibile. Questo lo porta inevitabilmente a esser parte integrante delle nostre vite e a stravolgere sempre più i canoni della buona educazione.
Phubbing… o maleducazione?
Vi sarà sicuramente capitato di esser seduti a tavola con un amico, fratello o compagno/a che, allo squillo di un messaggio o di una chiamata, ha estratto con destrezza il proprio cellulare dalla tasca iniziando a utilizzarlo appoggiandolo alla fine della conversazione accanto al piatto.
Un gesto sempre più frequente e non dettato da cattiveria ma che resta di maleducazione e di poco rispetto nei confronti di chi sta di fronte o accanto.
A stabilirlo è la moderna “netiquette“, (dall’ inglese network e dal francese étiquette), che indica tutte quelle regole che gli utenti dovrebbero seguire nel web, nelle email e in tutto ciò che passa attraverso un pc o uno smartphone.
Sia chiaro, il galateo non è superato né mai lo sarà. Diciamo che c’è, in contesti informali, la tendenza ad una maggiore tolleranza, che la netiquette prevede.
Questione di…relazioni
Secondo una indagine effettuata da Wiko, il phubbing irrita l’81% degli intervistati, quasi la totalità, anche se oltre il 70% afferma di averlo fatto almeno una volta.
Un dato rilevante invece è il 23% che sostiene di “snobbare” le altre persone con cui si trova per controllare il telefono.
Ed effettivamente, se ci pensiamo bene, moltissimi tra noi controllano spesso il proprio dispositivo, soprattutto se si attende un messaggio o una telefonata importanti.
Secondo la ricerca di Wiko, il 68% degli utenti da una controllatina al proprio smartphone più di 50 volte al giorno: chi per lavoro, chi per puro svago chi anche solo per esser aggiornato sul meteo o il traffico.
Dal phugging all’esclusione sociale
Un altro studio, effettuato da un’équipe di psicologi dell’Università del Kent ha messo invece nero su bianco la negatività del phubbing che peggiora notevolmente le relazioni tra le persone.
A questo studio hanno partecipato 153 studenti universitari che hanno assistito a una scena di 3 minuti di interazione tra due persone ed è stato chiesto loro di identificarsi con uno dei due protagonisti. Il risultato è chiaro: più il livello di phubbing aumentava, più i soggetti si rendevano conto che la relazione peggiorava ed era insoddisfacente.
La conclusione alla quale sono arrivati gli studiosi è che il phubbing sia una vera e propria “forma di esclusione sociale” che porta a “minacciare alcuni bisogni umani fondamentali, come l’appartenenza, l’autostima, il senso di realizzazione e il controllo”.
Da qui, il monito degli esperti sulla dipendenza da smartphone che porta sempre più persone all’infelicità e alla frustrazione.
Valentina Rossi