Il nuovo rapporto annuale di Legambiente e Alce Nero: aumentano i campioni regolari, ma preoccupano i multiresidui
Permettono di tenere sotto controllo gli organismi nocivi per le piante coltivate, ma inevitabilmente una parte ne finisce negli alimenti che poi portiamo in tavola. I prodotti fitosanitari, più noti come pesticidi o antiparassitari, conosciuti anche come fitofarmaci o agrofarmaci, sono indubbiamente croce e delizia dell’agricoltura destinata, direttamente o indirettamente, al consumo umano.
Una tematica, quella dell’utilizzo delle molecole di sintesi nei campi italiani, su cui Legambiente tiene alta l’attenzione, pubblicando ogni anno, in collaborazione con Alce Nero, il rapporto “Stop pesticidi nel piatto”, che riassume gli esiti delle analisi effettuate su vari alimenti di origine vegetale e animale.
Nel 2023, calano i campioni contaminati
Dall’aggiornamento 2023, appena pubblicato, arriva una buona notizia: tra i 6.085 campioni provenienti da agricoltura biologica e tradizionale di 15 regioni sottoposti allo studio, ne è risultato regolare e senza residui il 59,18%, in crescita rispetto al 54,8% del 2022, con un calo (dal 44,1% al 39,21%) anche di quelli con tracce nei limiti di legge. E la contaminazione scende all’1,38% per i prodotti biologici.
Tra gli addetti ai lavori, però, c’è anche una preoccupazione: anche se nei limiti di legge, nel 15,67% dei campioni regolari sono state trovate tracce di un fitofarmaco e nel 23,54% di diversi residui. L’allarme, soprattutto sul fronte del multiresiduo, si lega ai possibili effetti additivi e sinergici sull’organismo umano del cosiddetto “cocktail di fitofarmaci”.
Attenti alla frutta!
Solo nell’1,62% dei campioni sono risultati residui che superano i limiti di regolarità fissati dalla legge. In generale, comunque, la frutta si è confermata la categoria maggiormente interessata dalle contaminazioni, entro o oltre i limiti. La quota di quelli contenenti uno o più residui è pari al 67,96% del totale, con pere (84%) e pesche (83%) ai primi due posti. La frutta esotica, tra banane, kiwi e mango, è invece quella con maggiori irregolarità, presenti nel 7,41% dei casi.
Tra le situazioni limite, i 17 residui rintracciati in 3 campioni di uva passa, i 14 in un campione di pesca e i 12 in uno di fragola. Il non invidiabile record va però a un peperone proveniente dalla Cambogia, in cui i residui erano ben 28. Proprio questo ortaggio, del resto, è quello che presenta la maggior quota di campioni contaminati, con residui presenti nel 53,85% di quelli esaminati. Per la verdura, comunque, il 68,55% del totale è risultato senza residui.
Bene i prodotti di origine animale
A completare il quadro, gli alimenti trasformati con la quota più alta di campioni in cui sono stati riscontrati residui di fitofarmaci entro i limiti sono i cereali intergrali (71,21%) e il vino (50,85%). Legambiente sottolinea infine la nota positiva emersa dall’analisi dei prodotti di origine animale. Su un totale di 921 campioni, ben l’88,17% è infatti risultato privo di residui.
Le sostanze attive provenienti da fitofarmaci rintracciate nei 6.085 campioni sono state in totale 95. Il pesticida più presente è l’Acetamiprid, insetticida utilizzato principalmente nella coltivazione di olive e ciliegie. Poi, in ordine decrescente, i fungicidi Fludioxonil, Boscalid e Dimethomorph.
Il rapporto segnala anche la presenza di residui di neonicotinoidi non più ammessi. Tra questi il Thiacloprid, in campioni di pesca, pompelmo, ribes nero, semi di cumino e tè verde in polvere; l’ Imidacloprid in un campione di arancia, 2 di limoni e 3 di ocra; il Thiamethoxam in un campione di caffè.
Proposte e richieste di Legambiente
“Nonostante qualche dato timidamente incoraggiante – commenta Legambiente – la situazione appare ancora molto complessa e risulta evidente la necessità di una ulteriore e concreta spinta politica affinché si possa davvero mettere fine alla chimica nel piatto. Occorre inoltre emanare i decreti attuativi relativi alla legge sull’agricoltura biologica recentemente approvata dopo 13 anni di attesa perché il biologico è la via maestra per ridurre drasticamente l’utilizzo dei fitofarmaci”.
L’associazione ambientalista chiede poi, oltre all’impegno del Governo nell’applicare la strategia europea From farm to fork per la riduzione del 50% dei fitofarmaci utilizzati entro il 2030, anche una legge per prevenire e arginare gli effetti del cocktail di fitofarmaci, vietando la compresenza di princìpi attivi. Intanto, sul fronte della sensibilizzazione dei cittadini, ha promosso l’iniziativa “Glifosato free”, una campagna che premierà le aziende che, nonostante la proroga di 10 anni all’utilizzo, hanno deciso di mettere al bando questa pericolosa sostanza.
Alberto Minazzi