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Per fumo, alcol e sovrappeso il 73% di noi rischia il cancro

Per fumo, alcol e sovrappeso il 73% di noi rischia il cancro

La campagna di Aiom “Tumori, scegli la prevenzione” punta sul cambiamento degli stili di vita. Dalla ricerca, intanto, 2 buone notizie verso la cura dei tumori

Evitare un tumore, attraverso stili di vita sani, è possibile”.

Dice già tutto, il claim scelto da Fondazione Aiom, l’Associazione italiana di oncologia medica, per la campagna nazionale “Tumori, scegli la prevenzione”: ognuno di noi, migliorando i propri comportamenti e le proprie abitudini, può evitare un male che, pur diventando grazie alla ricerca (che fa segnare continui nuovi progressi) sempre meno incurabile, resta ancor oggi una delle più pericolose insidie per la nostra vita.

E i margini per questi miglioramenti, ha evidenziato la stessa Aiom in occasione della presentazione dell’iniziativa di promozione di abitudini salutari, per la quale è stato scelto come testimonial l’allenatore di calcio Massimiliano Allegri, sono decisamente ampi. Sarebbero infatti quasi 3 su 4, esattamente il 73%, gli adulti italiani che seguono almeno uno stile di vita scorretto e pericoloso per la salute.

Il rapporto tra cancro e fumo, alcol e sovrappeso

Il 19% degli adulti italiani, spiega Aiom, è un fumatore abituale, il 33% è sedentario, non praticando nessuna forma di attività fisica o sport, e il 15% consuma quantità eccessive di alcol. E si calcola che, evitando queste abitudini poco sane, che sarebbero alla base della metà dei decessi, si possano prevenire fino al 40% dei tumori (nel 2023 sono stimati in Italia 395 mila nuovi casi di cancro, 208 mila uomini e 187 mila donne).

Al tabacco, per esempio, si collegano tra il 25% e il 30% di tutte le neoplasie, con 3 milioni di morti ogni anno in tutto il mondo. Le bevande alcoliche aumentano invece non solo il rischio di cancro del cavo orale, della faringe, dell’esofago e della laringe, ma sono fortemente correlate anche all’insorgenza di tumori di fegato e intestino e del carcinoma mammario. Le persone in sovrappeso presentano infine tassi maggiori di mortalità per cancro del colon-retto, della prostata, dell’utero, della cistifellea e della mammella.

I comportamenti da tenere

L’opuscolo della campagna suggerisce allora alcuni semplici comportamenti da adottare. Il maggior consumo di frutta e verdura, specie se crude, previsto dalla dieta mediterranea protegge fortemente da numerose forme tumorali, in particolare a carico di apparato digerente e respiratorio. Così come la pratica di sport e attività fisica riduce notevolmente le possibilità di sviluppare una neoplasia: i sedentari hanno una probabilità di ammalarsi superiore tra il 20% e il 40%.

Va poi prestata grande attenzione a nei (che indica una maggiore predisposizione allo sviluppo di neoplasie della pelle) e noduli, evitando le lampade solari, considerate cancerogene al pari delle sigarette: l’esposizione precoce, specie prima dei 30 anni, incrementa del 75% il rischio di melanoma. Non vanno quindi usate sostanze dopanti (che aumentano in particolare i rischi di tumori a fegato, prostata e reni), mentre vanno utilizzate le protezioni dalle malattie sessualmente trasmissibili e i vaccini, a partire da quello per l’Hpv.

I progressi nella cura

Lo stile di vita sano, aggiunge la Fondazione, può dare benefici anche agli stessi malati oncologici che convivono con una diagnosi di tumore, che sono oltre 3,5 milioni nel nostro Paese. Evitare i comportamenti a rischio, spiegano i medici, contribuisce infatti a prevenire la ricomparsa delle neoplasie, favorisce le risposte positive alle cure e migliora la qualità della vita dopo il trattamento. Il progetto, del resto, intende anche mostrare come l’innovazione in oncologia possa aprire a nuove prospettive di cronicizzazione e guarigione.

Se ogni anno i decessi causati dal cancro sono oltre 180 mila, “negli ultimi anni – ammette Saverio Cinieri, presidente della Fondazione Aiom – assistiamo a un costante miglioramento dei tassi di sopravvivenza in molte neoplasie. È anche in aumento il numero di vite salvate grazie all’incremento delle diagnosi precoci e alle nuove terapie”. Si calcola che, dal 1988 a oggi, i progressi contro il cancro in Europa siano stati determinanti per salvare 6,183 milioni di vite.

L’immunoterapia personalizzata per il glioblastoma

La ricerca, del resto, non si ferma. La Comunità Europea, per esempio, ha finanziato il programma “Gliomatch”, a cui partecipa anche l’Istituto neurologico Besta di Milano. Il progetto è dedicato al glioblastoma, il cancro al cervello più aggressivo, che fa registrare una sopravvivenza, a 10 anni dalla diagnosi, di appena il 2% dei pazienti. E punta in particolare sulla cura attraverso l’immunoterapia personalizzata.

Sono diverse, infatti, le sperimentazioni cliniche che suggeriscono la possibilità di ottenere in questo modo benefici per quasi il 20% dei pazienti affetti da glioblastoma. Il problema è che, attualmente, mancano biomarcatori misurabili per valutare risposta alle cure ed evoluzione del tumore. Il programma punta allora, attraverso la risonanza magnetica, a classificare a tal fine i malati in base alle caratteristiche del proprio sistema immunitario per individuare quelli per i quali la strategia può risultare utile.

I geni dei virus preistorici e i tumori

Un diverso approccio, legato alla genetica e ai cosiddetti “retrovirus endogeni”, caratterizza un altro curioso studio, realizzato da ricercatori della University of Colorado Boulder e pubblicato sulla rivista “Science Advances”. Dei circa 20 mila geni che compongono il genoma umano, spiegano gli scienziati, circa l’8% sarebbe composto da frammenti di dna lasciati da virus risalenti a decine di milioni di anni fa che, se risvegliati, possono aiutare i tumori a sopravvivere e prosperare.

Dall’analisi dei dati genomici di 21 tipi di cancro umano è quindi emerso che il retrovirus Ltr10 ha livelli di attività sorprendentemente elevati in diversi tipi di tumore, tra cui quelli al polmone e al colon, funzionando come una sorta di “interruttore” che attiva i geni vicini. La scoperta apre dunque all’opportunità di sviluppare terapie che, attraverso farmaci specifici, silenzino i retrovirus endogeni, coadiuvando così i trattamenti con cui si combattono i tumori.

Alberto Minazzi

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Tag:  ricerca, tumori