Arriva un’apertura sul tema della riforma pensionistica.
Governo e sindacati hanno fanno il punto sulla questione e il premier Mario Draghi ha confermato l’impegno a avviare il confronto con i tavoli tecnici per la riforma della legge Fornero.
Si partirà dopo le Feste, a patto però che le eventuali modifiche non mettano a repentaglio la sostenibilità delle pensioni nel medio e lungo periodo e all’interno del contesto europeo.
I punti cardine della riforma
I tavoli tecnici per i quali è atteso il calendario stabilito dal Governo punteranno principalmente sulla flessibilità in uscita (che comprende anche il sistema di calcolo e la differenziazione dell’età pensionabile in relazione alla gravosità dei lavori), sulla previdenza per giovani e donne e sulla previdenza complementare.
La previdenza in Italia interessa complessivamente 16 milioni di persone, di cui 8,3 donne e 7,7 uomini.
Nel 2021, l’importo medio è di 1.155,42 euro al mese, con una spesa per gli assegni di 300 miliardi.
Pensioni nel 2022
Cosa succederà nel 2022 è ancora presto per dirlo, per ora comunque è sicuro che alla scadenza di Quota 100, l’anno prossimo entrerà in vigore Quota 102, che consiste nel raggiungimento di 64 anni di età e 38 di contributi.
La piattaforma sindacale chiede flessibilità in uscita per tutti a partire da 62 anni di età o 41 anni di contributi. I paletti di Draghi sono flessibilità in cambio del ricalcolo contributivo, pensione in base a quanto si è versato.
Il problema è che con il ricalcolo contributivo l’assegno per molti lavoratori con carriere discontinue, periodi di cassa integrazione, precariato e basso salario è destinato a essere al limite della soglia di povertà.
Intanto, dal 1 gennaio 2022, la reintroduzione del meccanismo della perequazione, vale a dire l’adeguamento delle pensioni al costo della vita per salvaguardarne il potere d’acquisto, porterà ad aumenti delle pensioni fino a 42 euro al mese. Il trattamento minimo Inps per il prossimo anno sarà fissato a 523,83 euro anziché gli attuali 515,58 e l’assegno sociale si adeguerà da 460,28 euro a 467,65 euro al mese.
Le delocalizzazioni delle aziende
Nel corso dell’incontro tra il presidente del consiglio Mario Draghi e i sindacati è stato affrontato anche il tema delle modifiche alla legge contro le delocalizzazioni. Se al momento gli emendamenti prevedono un inasprimento delle sanzioni per le aziende, i sindacati ritengono che queste non siano sufficienti e chiedono maggiore efficacia negli interventi.
I limiti riguardano il fatto che si deve intervenire sulle procedure aperte, servono tempi più lunghi dei 90 giorni e bisogna prevedere sanzioni che affrontino il tema dei finanziamenti pubblici togliendoli a chi fa delocalizzazioni.
«Secondo noi bisogna rendere più efficaci e pesanti le sanzioni – ha sottolineato il segretario della Cisl Luigi Sbarra – e obbligare le imprese, prima di procedere con cessazioni e/o chiusure a presentare piani sociali al sindacato, alle istituzioni locali, al territorio. Questo nella prospettiva di salvaguardare produzioni e posti di lavoro».
Silvia Bolognini