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Pensioni: a “quota 103” il punto di equilibrio?

Pensioni: a “quota 103” il punto di equilibrio?

Ore cruciali, nel dialogo tra Governo e sindacati, per le regole sull’uscita dal lavoro in vigore dal 1° gennaio 2023

Giusto un anno fa, in vista del 31 dicembre del 2021, la discussione sul destino della possibilità di una uscita anticipata dal lavoro ricorda da vicino quanto sta avvenendo in queste ore.
A incombere, oggi come allora, è lo “spettro” della legge Fornero, che ha riformato il sistema fissando per la pensione la soglia minima dei 67 anni di età (con almeno 20 anni di contributi) o, in alternativa, di 42 anni e 10 mesi di contribuzione.

Verso fine quota 102

In quell’occasione, la “quota 100” (età anagrafica non inferiore a 62 anni e anzianità contributiva di almeno 38 anni) valida per chi aveva maturato i requisiti tra il 1° gennaio 2019 e il 31 dicembre 2021, fu sostituita da una “quota 102”.
Con la Legge di Bilancio, si introdusse cioè l’opportunità di richiedere il pensionamento con almeno 64 anni di età e 38 di contributi, compiuti e maturati entro il 31 dicembre 2022.
Data che si sta sempre più avvicinando, rendendo necessario un nuovo intervento del Governo per evitare il ritorno al sistema come riformato a fine 2011.

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Pensione anticipata: la trattativa

Il premier Giorgia Meloni ha in agenda, in queste ore, un incontro con i rappresentanti sindacali per provare a raggiungere un punto d’incontro, da far confluire nella nuova Legge di Bilancio, con cui trovare una mediazione tra le istanze delle parti sociali con le disponibilità finanziarie dell’Esecutivo.
Perché le soluzioni astrattamente elaborate dai tecnici non mancano. Il vero tema è che la coperta è necessariamente corta e le formule che maggiormente darebbero soddisfazione alle richieste dei sindacati si tradurrebbero in un aggravio di costi per le casse pubbliche ancor più difficilmente sostenibile pensando al momento di difficoltà economica.

Ancora una soluzione-tampone per il 2023?

Sul piatto c’è anche da considerare la posizione delle parti datoriali, visto che, oltre ai sindacati, anche il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, ha espressamente dichiarato che occorre pensare a una seria nuova riforma organica del sistema pensionistico.
I tempi e le disponibilità ristrette, però, giocano a favore di una nuova soluzione-tampone, valida solo per il 2023, sfruttando il prossimo anno per perfezionare di concerto con tutti i soggetti interessati l’intervento strutturale. E, tra le ipotesi possibili, è “quota 103” quella che potrebbe permettere la quadra del cerchio.

Quota 103

Il meccanismo di “quota 103” sembra infatti consentire un buon compromesso tra impatto finanziario e soddisfacimento delle richieste dei sindacati.
La possibilità di uscita dal lavoro sarebbe concessa, in concreto, a chi ha 62 anni di età e 41 di contributi.
Vi è anche una versione “flessibile”, in cui la quota potrebbe essere raggiunta con 61 anni anagrafici ma 42 di versamenti.

Le altre ipotesi per le pensioni

Il meccanismo si potrebbe astrattamente applicare anche a una “quota 102” rivista, raggiungibile con un 61+41 (o, in alternativa, con un 62+40). Così come è stato ipotizzato l’affiancamento del 61+41 all’attuale 64+38. È logicamente quello a cui puntano i sindacati, ma si tratta della soluzione più pesante per i conti pubblici: si parla di costi per oltre un miliardo già il primo anno, destinati inoltre a crescere ancor più dal terzo.
Il restyling di “quota 102” viene visto da chi la sostiene come un anticipo di quella “Quota 41”, riferito al numero di minimo di anni di contribuzione che si vorrebbero portare a regime entro fine legislatura.
Il vincolo varrebbe anche per la soluzione-ponte di “Quota 104”, abbinata a un minimo di 63 anni anagrafici. Questa è l’ipotesi meno costosa, ma, ovviamente, anche la meno gradita dai sindacati.

Ape sociale e opzione donna

Nella prospettiva dell’uscita anticipata dal lavoro, la Legge di Bilancio dovrebbe prorogare intanto gli altri due “scivoli” in vigore per alcune categorie specifiche.
La prima è l’Ape sociale, concessa ad alcuni lavoratori in difficoltà che hanno compiuto 63 anni e maturato una contribuzione tra i 30 e i 36 anni a seconda dei casi.
L’altra è Opzione donna, con cui le lavoratrici, accettando un ricalcolo dell’assegno pensionistico interamente con il metodo contributivo, possono accedere alla pensione anticipata a 58 anni (59 per le lavoratrici autonome), purché abbiano effettuato versamenti per almeno 35 anni.

Incentivi per i medici, previdenza integrativa

Si discute, infine, se introdurre fin da subito un sistema di incentivi per favorire la permanenza al lavoro di alcuni lavoratori pubblici, come i medici, dopo il raggiungimento dei limiti per la pensione.
Quanto alla riforma organica, tra i temi su cui mettere mano ci sono anche quello della copertura previdenziale dei giovani e quello della previdenza integrativa.
Riguardo a quest’ultima, la proposta dei sindacati è quella di introdurre il “silenzio-assenso” per la destinazione del tfr ai fondi pensione.

Alberto Minazzi

Un commento su “Pensioni: a “quota 103” il punto di equilibrio?

  1. patrizia Pristipino

    Sempre le solite ingiustizie io che l anno prossimo ho 63 anni e 39 di contributi ho perso quota 100 e vista la poca flessibilità perderò anche 103,chi sta al governo con 5 anni si sistema, delusa anche da questo


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