Fernando Garbellotto, imprenditore e artista portogruarese racconta la sua visione del mondo attraverso le sue più celebri opere: le reti frattali
Avvocato, imprenditore, artista: Fernando Garbellotto è senz’altro una personalità poliedrica, eclettica. Da sempre queste tre anime convivono in lei o c’è stato un percorso che l’ha portata a scoprire questi diversi aspetti della sua personalità? «Sono artista in modo continuativo dal 1984, ma la passione per l’arte figurativa è sempre stata presente in me fin da quando mio padre, negli anni Sessanta, mi portava a Venezia a visitare le grandi mostre di quegli anni. Ne conservo ancora, gelosamente, i cataloghi. In seguito, con i primi stipendi, ho cominciato ad acquistare quadri e opere d’arte: compravo l’opera di un artista e poi volevo sapere tutto su di lui. Studiavo, mi documentavo e, progressivamente, cresceva dentro di me il desiderio di creare. Le mie prime opere risalgono alla metà degli anni Ottanta, ma sono ancora acerbe… Non avevo ancora trovato la mia via, il mio modo di esprimermi».
Quindi, nella sua crescita come artista, c’è stato un momento di svolta, per così dire “un’illuminazione”? «La svolta è stata la lettura di un libro del matematico Mandelbrot che teorizzava una geometria diversa da quella euclidea fatta di forme geometriche e semplificazioni; una geometria che rispecchiasse di più la natura che è caratterizzata non da forme geometriche, ma dall’irregolarità, dalla variabilità, dall’indeterminatezza, dalla complessità. Questa lettura mi ha aperto un orizzonte nuovo e così ho cominciato a leggere di scienza e a tradurre in arte, a dare una forma visiva a questi frattali che, a differenza di un cerchio o di un triangolo, mutano nel tempo. Ho cominciato a indagare meglio sotto un profilo non scientifico questa variabilità nel tempo, questo continuo divenire, creando delle opere che esprimessero questa complessità, questa irregolarità delle forme nella quale, in realtà, si cela il ripetersi dello stesso disegno. Pensiamo a un cavolo: apparentemente cosa c’è di più irregolare nella forma? Niente, ma, se guardiamo bene, il cavolo è costituito da tanti piccoli cavoli uniti a formare il tutto e quindi anche in questa forma apparentemente così irregolare c’è un ripetersi di uno stesso disegno, una regolarità. Per esprimere artisticamente questi concetti, ho cominciato a sperimentare strumenti e materiali diversi – come la sabbia, la gommapiuma… – ma sentivo che ancora mancava qualcosa finché…»
Finché ha scoperto la rete…. «La rete è stata, per me, la vera e propria illuminazione. Anche in questo caso ci sono state delle letture decisive in tal senso. Il fisico Fritjof Capra, i biologi Maturana e Varela mi hanno spinto a considerare il tutto in una visione sistemica del mondo: così come il nostro corpo non è una semplice somma di organi, ma un sistema, un qualcosa di qualitativamente diverso nel quale il quid in più è costituito dalle relazioni tra le parti che lo compongono. In questo senso anche l’universo è un sistema in cui ogni cosa è in relazione con un’altra. Tutto, quindi, è legato da relazioni come se fosse una grande rete ed ecco perché, dal 2006, i miei frattali sono delle reti. La rete è per me l’oggetto mentale di sintesi che mi consente di coniugare il frattale, caratterizzato da indeterminazione e autosomiglianza di ogni sua parte, con il concetto di correlazione tra tutte le cose, quel principio di azione e retroazione che permea tutta la natura. Creare una rete, tagliare e annodare, annodare e tagliare, è un continuum di azione e retroazione come la luce e il buio, il giorno e la notte, il caldo e il freddo, la vita e la morte, la materia e il vuoto. La rete: la massima semplicità della struttura per rappresentare la massima complessità dello schema, nodi, interrelazioni, biforcazioni, incroci, azioni e retroazioni, percorsi non lineari».
La rete non è solo l’immagine della vita sul nostro pianeta: nel mondo d’oggi la rete, The Net, Internet, è anche il paradigma della nuova conoscenza. A ben riflettere, l’immagine che lei usa è dirompente… «Quanto sta accadendo oggi nel campo della comunicazione, informazione e conoscenza è una rivoluzione: le infinite relazioni che la rete, infatti, contiene divengono conoscenza che si accumula spontaneamente, senza imposizioni né orientamenti. Al contempo, le infinite relazioni possibili tra i nodi, rendono infinite le sue potenzialità che si sviluppano e si auto regolano liberamente, potendo espandersi in ogni direzione. La rete inoltre rafforza ogni sua parte: ogni nodo, infatti, conserva la sua soggettività, ma, essendo parte di un sistema più ampio e articolato in cui si riconosce, aumenta notevolmente la propria potenzialità. La rete, poi, ha anche un contenuto energetico: nel nodo c’è energia, la forza della rete, del collegamento tra due entità».
La creazione di una rete è solo apparentemente un’operazione banale: dietro alle sue reti c’è tutto un lavoro preparatorio e di studio molto complesso. «Tagliare le fettucce, annodarle fino a formare una rete richiede pazienza, ma è anche un’attività in un certo modo zen… Ti consente di pensare. D’altra parte, in qualsiasi forma d’arte, un artista combatte contro la morte, contro l’angoscia del finito perciò, quando rifletto sul senso della nostra esistenza terrena, la visione sistemica, il sentirsi dentro una rete, microparte di un tutto mi dà pace. Mi dà serenità pensare che la vita del singolo individuo appartiene a un sistema di vita più grande che per continuare a vivere ha bisogno della tua vita e che quindi la tua morte serve a un processo di vita più grande. Per capire la vita non dobbiamo indagare la “nostra vita” umana, ma dobbiamo pensare al “Processo della Vita” che è fatto di vita e di morte di miliardi e miliardi di intrecci di vite, passate, presenti e future. Per spiegare tutto ciò mi piace molto l’immagine del tedoforo: se ci pensiamo bene, infatti, la rete della vita è come un fuoco, che arde da tre miliardi e mezzo di anni e che tutti alimentano. Ognuno di noi ne fa parte e viene attraversato dall’energia del fuoco della vita contribuendo a mantenerlo alimentato, proprio come un tedoforo che percorre il suo tratto di cammino pur nella consapevolezza che il fuoco che lui porta andrà ceduto ad altri».
Questo dunque è il messaggio che vuole trasmettere con la sua opera? «Questa è la mia personale chiave di lettura delle mie reti: l’idea di un’unica grande vita sul pianeta, fatta di nodi e relazioni e governata dal principio di azione e retroazione; un’unica grande vita che non è un qualcosa di finito, ma un processo in continuo divenire. Poi, ovviamente, come in qualsiasi altra opera d’arte, anche nelle mie rete uno può trovare quello che vuole. Nelle mie esposizioni, d’altra parte, cerco di coinvolgere, di suggestionare, di emozionare il visitatore sotto molteplici aspetti, anche attraverso l’ascolto di musica appositamente creata dall’amico artista Pier Grassetti: una sorta di “immersione nella rete” attraverso i cinque sensi».
Quali sono i suoi programmi per il 2010? «Tra gli appuntamenti principali in programma quest’anno, in primavera sarò, a Venezia, per una performance notturna con le reti laser proiettate sul Canal Grande e su Palazzo Corner da Palazzo Venier dei Leoni, sede della Peggy Gugghenheim Collection. Luce e buio, quindi: anche qui torna il principio di azione e retroazione. Sempre a Venezia è in programma una personale in un museo civico, ma stiamo ancora definendo la sede; spero, a settembre, di andare alla Biennale di Pechino con uno dei miei FNT (fractal net thinking) : l’ultimo che ho realizzato è composto da 63 frammenti di un’unica grande rete di 1260 nodi; ogni frammento, composto da 20 nodi, è custodito in un cilindro di plexiglas e quando questi contenitori entreranno in possesso di più persone si andrà a ricreare un’altra unica grande rete virtuale che collegherà idealmente i vari possessori dei singoli frammenti».
DI ILARIA MASSA
Arte e Cultura +
PENSIERO, ARTE E VITA NELLA RETE
14 Giugno 2010