Ci sono attività imprenditoriali che chiudono. Ma molte altre che resistono. Negozi storici, che sono nei decenni diventati veri e propri punti di riferimento in città. Ognuno, con le proprie competenze e nel proprio settore, ha saputo evolvere nel tempo, rinnovandosi, mantenendo qualità e passione, tramandate per generazioni.
Metropolitano.it è andato a scovarle tra le vie di Mestre e le calli di Venezia.
Cinque generazioni di pane e pasta a Venezia
Che c’azzeccava il coreografo Lindsay Kemp con le tagliatelle?
E Carolyn Carlson che ci faceva fra tortellini e ravioli al curry?
Leggete qui e scoprirete retroscena sorprendenti di un’azienda familiare già alla quinta generazione e in pieno vigore.
Sì perché il Pastificio Giacomo Rizzo, fondato aVenezia nel 1905, è ancora oggi piccola azienda artigianale più che semplice negozio che, con la qualità dei suoi prodotti, ha saputo superare tutte le insidie incontrate nel corso dei decenni: guerre,epidemie sconosciute, acque alte, declino della residenzialità, assedio turistico e ultimo questo virus che è perfino riuscito a svuotare calli e rio terà.
La cronologia di questa storia è lunga e parte nella Belle Epoque, tra Santa Margherita e i Carmini, dove Giacomo aprì un pastificio.
La città cresceva, aveva appetito ed eccola accontentata. I concorrenti c’erano eccome, ma si vendeva tutto quanto si produceva.
Due generazioni tra le due guerre, poi la terza: si apre una nuova rivendita
Poi la Grande Guerra e l’epidemia di “Spagnola”. Passate queste due crisi, Giacomo con il figlio Enrico capì che bisognava allargarsi per essere più competitivi – si direbbe oggi. E si mangiarono letteralmente un pezzo di concorrenza acquisendo un pastificio esistente dal 1926 a San Giovanni Crisostomo. Era il 1930.
Altra guerra e tempi davvero duri, ma poi entrò in gioco la nuova generazione (la terza), Giacomo junior che si organizzava settimanalmente per il trasporto in barca a remi dei sacchi di farina dal Molino Stucky al campiello del Remer per servire anche l’altra rivendita aperta in rio terà San Leonardo.
“La città rinasceva, i consumi aumentavano, un piccolo benessere riconquistava la popolazione” ricorda ora Andrea, figlio di Giacomo jr., che assieme alla sorella Roberta conduce il negozio dei nostri giorni. Ma non è finita.
In un giorno 30 kg di soli gnocchi
Infatti, nel 1964 ci fu il grande passo: l’apertura di un luminosissimo negozio con annesso grande laboratorio in campo San Giacomo dall’Orio mentre si mantenevano gli altri due come rivendite. La città storica stava bene e aveva voglia di consumi.
“Nella tradizione veneziana; e quanta gente veniva nei nostri negozi con San Giacomo diventato adulto: una decina di macchine, due grandi essicatoi e cinque dipendenti. Cominciammo lì ad essereun’azienda. C’erano giorni in cui si vendeva anche più di 30 chili solo di gnocchi” dice Roberta“sfogliando” il libro della recente memoria.
I due ragazzi andavano ancora a scuola e iniziavano a muoversi tra creme e pasta fresca.
L’acqua granda e l’inizio dell’esodo
E venne il 4 novembre 1966.
La città fu sommersa dalla’acqua granda più alta della storia veneziana. Andarono sotto centinaia di abitazioni, negozi, carbonaie, magazzini, depositi, uffici, macchinari, caldaie. Un disastro anche per il pastificio Rizzo, che salvò qualche pezzo ma, passati pochi anni, lasciò San Giacomo (oggi c’è un supermercato) mantenendo i due negozi con il laboratorio ricostruito a S. G.Crisostomo.
Era il 1970.“L’acqua alta del ‘66 fu un colpo per Venezia – afferma Andrea –. Il timido esodo già iniziato prima diventò vera emorragia. In terraferma non c’era la minaccia dell’alta marea, nascevano i supermercati, tutto era più immediato con automobili, bici e filovie. Se ne andarono anche artigiani, uffici e banche”.
Meno gnocchi e meno pasta da poter vendere.
“Anche se fino a metà anni ‘90 -ricorda Roberta – a Natale arrivavano i “biavaroli” di Murano per ritirare gli ordini di tortellini per le feste”.
Kemp e Carlson tra i clienti “vip” dei Rizzo
Nel 1995 fu chiuso anche il negozio di San Leonardo: sempre meno veneziani e tanti comunque si recavano a Mestre o a Marghera a fare scorta nei centri commerciali.
Eppure, proprio Roberta, che è erborista con tanto di diploma, non ha mai avuto dubbi.
“Sì, da ragazza recitavo con la compagnia del teatro all’ Avogaria, poi quello della Murata. E poi il canto. Ancora oggi”.
Così, tra le confezioni di pasta, iniziarono a spuntare i cd del suo gruppo, “Il Collettino”. Ed è proprio per questa sua esperienza artistica che un giorno, mentre era in scena durante un Carnevale di Maurizio Scaparro, la sua vita incrociò quella di Lindsay Kemp, attore, danzatore e regista inglese. Che divenne un assiduo cliente del negozio.
Come Carolyn Carlson, anche lei conosciuta in teatro. Roberta e Andrea oggi sono affiancati da Mario, figlio di Roberta, e quinta generazione dei Rizzo pastai.
“Oggi il 70% delle vendite è fatto da foresti. Ma questa è una città che ormai vive di turismo; però attenzione, accanto ai veneziani storici ci sono i nuovi veneziani, anche stranieri, che hanno deciso di vivere qui” osserva Mario.
Come Janelin, filippina, residente in città con la famiglia dal 1987. Viene sempre in Pastificio Rizzo perchè trova i prodotti etnici del Far East.
“Si cominciò nei primi anni ‘70 – spiega Andrea mentre è in laboratorio con “Bepi” – Un rappresentante del governo di Manila si presentò a mio padre e chiese se era disposto a tenere prodotti alimentari per gli equipaggi delle navi, quasi tutti orientali. Detto e fatto: da qui a Trieste, fummo i primi e a lungo gli unici a vendere questi prodotti.
Un indotto formidabile che oggi, con la moda dei cibi esotici, rappresenta oltre il 15% del nostro fatturato” Così, accanto a speciali tagliatelle, pasta fresca e gnocchi, convivono specialità alimentari italiane (olio, aceto balsamico tradizionale, condimenti) ed etniche in esclusiva. Un pezzo dellaVenezia storica che sa rispondere alle sollecitazioni del mercato senza snaturare il proprio patrimonio originale. Dal 1905.