L’ultima cena, la Crocifissione e la resurrezione nelle opere dei grandi artisti italiani
Inizia con il Giovedì Santo la fine della Quaresima.
Una giornata importante nel calendario religioso cattolico perché rievoca l’ultima cena di Gesù con i suoi apostoli, il tradimento di Giuda, la lavanda dei piedi e l’eucarestia.
Inizia il Triduo pasquale e avvia così la commemorazione di passione, morte e resurrezione di Gesù.
La settimana santa celebrata dall’arte
La Settimana Santa rappresenta indubbiamente il culmine della religiosità, il momento cardine da cui prende senso l’intera dottrina cattolica, di cui l’arte è stata fin dall’inizio una chiave di lettura fondamentale.
Ultima Cena, Crocifissione e Resurrezione sono diventate tematiche centrali nel panorama pittorico.
Tuttavia, alcuni artisti non si sono limitati a rappresentare il soggetto per renderlo comprensibile, suggerendo invece chiavi di lettura personali e nuove.
In una città d’arte come Venezia, sono moltissimi gli esempi di artisti che si sono cimentati in questa sfida contro la tradizione.
L’Ultima Cena di Tintoretto e Veronese
Questi due maestri del XVI secolo hanno portato delle particolari versioni, rimaste nella storia per la loro unicità.
Tintoretto rappresenta L’ Ultima Cena ben 4 volte, diversificando il soggetto e ponendo il focus del racconto sempre su diversi elementi. Tuttavia, l’Ultima Cena della Chiesa di San Trovaso risulta una piccola perla nel panorama Rinascimentale.
A differenza delle altre, come quella di grande bellezza visibile a San Giorgio Maggiore, qui il pittore non si concentra sulla meraviglia estetica ma su un pungente realismo. Questo simposio tra Gesù e i propri discepoli è rappresentato come una vera cena tra amici.
I personaggi, infatti, collocati in un ambiente che ricorda una taverna disordinata, sono ubriachi e maldestri, come testimoniato dalle fiaschette di vino e dalle sedie rovesciate, intenti a godersi spensieratamente la festa. Una visione che dona una diversa veridicità a un episodio evangelico molto impostato sul rapporto tra il Maestro e i discepoli.
Alle Gallerie dell’Accademia, invece, troviamo il “Convito in casa Levi” di Veronese.
Il nome può trarre in inganno. In origine doveva essere intitolato “Ultima Cena”.
Ma in periodo di Controriforma ( il dipinto è del 1573), un artista non poteva permettersi di reinterpretare le Sacre Scritture in un modo così libero e distante dal testo originale. Per questo l’autore decise di cambiarne il nome, evitando che il suo lavoro fosse distrutto.
La Pasqua di Bellini e Tintoretto: La Crocifissione
L’episodio più raccontato dagli artisti è, forse, la Crocifissione.
Gli episodi del Venerdì Santo, culmine narrativo della vicenda, vengono interpretati da quasi tutti i pittori della storia, spesso in modo abbastanza convenzionale. Tuttavia, a Venezia ci sono due esempi ai quali vale la pena dare un’occhiata.
Il Museo Correr ospita una Crocifissione, dipinta da Giovanni Bellini attorno al 1455/60 (si suppone).
Lo sviluppo del tema e la “forma” (scelta e disposizione di oggetti e personaggi) non sembra uscire dai canoni standard del soggetto. Tuttavia, questa tempera risulta interessante per il suo passato misterioso. Prima dell’acquisizione da parte di Teodoro Correr, collezionista d’arte e fondatore del museo, non si hanno tracce di questo piccolo gioiello.
La data è stata solo supposta basandosi sui tratti del pittore che richiamano molto ad Andrea Mantegna, grande maestro padovano e cognato del Bellini. Tuttavia, non si hanno altre certezze.
Alla chiesa di San Cassian, nel Sestiere di San Polo, attorno all’altare, in un ciclo pittorico interamente realizzato da Tintoretto, è presente una Crocifissione davvero unica e tecnicamente perfetta.
Jacopo Robusti realizza numerosi esemplari dello stesso soggetto, questo però risulta davvero particolare: essendo posta a sinistra della pala, il pittore ha realizzato il soggetto inquadrandolo lateralmete, realizzando un capolavoro prospettico, in un tripudio di colori.
Una menzione onorevole dello stesso pittore, che richiama al tema del Venerdì Santo, è il Cristo davanti a Pilato della Scuola Grande di San Rocco.
Un soggetto poco convenzionale, reso con un incredibile senso di umanità dato dalla veste bianca che cinge una figura di Gesù in contrasto con la confusione dello scenario.
La Pietà tra i colori di Tiziano e la scultura di Canova
La Pietà è un soggetto che non ha un reale fondamento narrativo. È, infatti, la rappresentazione di un Cristo morto, depositato dalla croce, disteso o in piedi, sorretto da Maria con accanto solitamente Maddalena e San Giovanni Evangelista.
Alle Gallerie dell’Accademia possiamo ammirare due esemplari di questo soggetto interpretati da due giganti della storia: Tiziano e Canova.
Ad accomunare queste due opere, diversissime tra loro (un dipinto e una statua) è il fatto che possono essere considerate le ultime rappresentazioni di questi due artisti, entrambe rimaste incompiute.
La Pietà di Tiziano viene realizzata mentre l’artista è malato di peste, ultraottantenne, con un rapporto così stretto con il colore da stenderlo direttamente con le dita senza l’uso del pennello, motivo per cui compare così sfuocata e imperfetta.
Tra le figure di Cristo, Maria e Maddalena, al posto di San Giovanni viene collocato Nicodemo.
La particolarità di quest’ultima figura è che il viso sembra corrispondere al ritratto di Tiziano che, quindi, si inserisce nella rappresentazione che, secondo la sua volontà, sarebbe dovuta essere posta sulla sua tomba.
La Pietà di Antonio Canova, invece, fa parte dell’ultimo lascito dell’artista. Lo scultore, sessantacinquenne, muore di malattia non portando a termine i suoi ultimi progetti, tra cui il Tempio di Possagno, che verrà ultimato dal fratellastro, Giovanni Battista Sartori Canova.
Questa statua venne portata a termine da Giuseppe Ferrari, allievo del grande artista neoclassico, che prendendo il modello in gesso rappresentò l’opera in bronzo, collocata proprio nel Tempio.
La versione che possiamo ammirare all’Accademia, testimonia questo passaggio, essendo il calco in gesso dell’allievo, preso dall’opera del defunto maestro.
La Resurrezione di Tintoretto e di Francesco Vecellio
La Resurrezione di Cristo, culmine morale della narrazione evangelica, è forse il tema più complesso su cui si è dipinto o scolpito. Generalmente è stato rappresentato con Cristo che esce trionfante dal sepolcro attorno al quale dormono i soldati romani.
Questa forma standardizzata nell’immaginario comune, viene adottata anche da Tintoretto nel dipinto delle Gallerie dell’Accademia.
Su questa tela si narra l’intera vicenda del Sabato e della Domenica di Pasqua, dividendola in tante piccole scene laterali che culminano con la figura di Gesù risorto avvolto dalla luce con una bandiera bianca con croce rossa.
Lo stesso tema viene rappresentato da Francesco Vecellio, fratello di Tiziano, nella chiesa di San Salvador, ponendo, però la figura del Risorto su una nuvola ben distanziata dalla tomba limitando l’aspetto narrativo.
Una menzione va fatta sul dipinto di Tintoretto della Chiesa di San Cassian, dove rappresenta la “Discesa nel Limbo”, quindi quello che, tradizionalmente, viene riconosciuto come antefatto della Resurrezione.
Il dipinto è un tripudio di luci e contrasti cromatici tra l’oscurità dello spazio rappresentato e la luminosità delle figure.
Grazie per questo bel articolo, chiaramente spiegato. nella piacevole attesa di altri articoli, cordiali saluti.