Cristiana Capotondi racconta alla Fenice la storia di Lucia Annibali, sfregiata con l’acido.«È l’animo umano, non un virus passeggero
Parlarne. La prima arma per combattere il femminicidio è questa, secondo Cristiana Capotondi, l’attrice che ha indossato sul piccolo schermo i panni di Lucia Annibali. La storia dell’avvocatessa sfregiata con l’acido da un suo ex è stata raccontata nel film tv “Io ci sono” di Luciano Manuzzi, prodotto da Bibifim e trasmesso negli scorsi mesi da RaiUno. «Credo che gli istinti, le malvagità dell’animo umano, si modifichino sulla base di ciò che tecnologicamente oggi abbiamo a disposizione come strumenti, ma poi sono sempre un po’ le stesse. Questo ci dà anche l’opportunità di andare a parlare un pochino delle tensioni che non si possono non considerare, proprio perché attraversano i secoli. Non è una febbre, un virus passeggero: è un qualcosa che ha a che fare con l’essere umano, di cui è bene parlare, affinché non ci sia un tabù, che in qualche modo, come molto spesso accade, fa forse sentire anche una spinta verso una cosa di cui non si può parlare. Se ne parli, invece. E già parlandone uno se ne è liberato».
La giovane attrice romana si è approcciata a queste tematiche avvicinando il “personaggio” della giovane avvocatessa marchigiana. «Quella che ho vissuto preparandomi ad interpretare Lucia Annibali è stata un’esperienza molto particolare, perché ho collaborato direttamente con lei. Credo che questo film sia un’opera a due mani, per quanto riguarda il personaggio di Lucia. E credo di aver lavorato molto con lei, pur “non lavorando”: non ci siamo messe a pensare al personaggio, ma ci siamo frequentate, conosciute, volute bene e questo sicuramente mi ha dato una mano. Ho l’impressione di averla avuta come amica e di averla ancora, chiaramente, come amica».
È per questo che è stata chiamata alla Fenice, nell’ambito dei “Caffè pedagogici”, per parlare di femminicidio e violenza contro le donne in concomitanza con le recite di Carmen. «Non ho inteso portare nessun messaggio, quanto, piuttosto, una testimonianza. Ho scelto di raccontare la mia esperienza come interprete di questo film sulla vicenda di Lucia Annibali e quindi un’esperienza anche emotiva, perché, chiaramente, come tutte le cose della vita, mi ha lasciato dentro delle idee che ho il piacere di poter condividere. In qualche modo, anche io ho immaginato questo appuntamento come una condivisione, un confronto attorno a delle tematiche importanti».
Cristiana lo ha fatto con la grande semplicità che la contraddistingue: una ragazza apparentemente fragile e schiva, ma dalla quale emerge in controluce una forza ed una solidità inattesa. Come quando non ha timore a “tradire” le sue origini, dichiarandosi innamorata di Venezia: «Ho un legame straordinario con questa città, che per me è la città più bella del Mondo. E lo dico da romana… Trovo che Venezia sia splendida e che sia sempre cinematografica: non è un caso che qui, al Lido, ci sia la Mostra del Cinema. Perché Venezia ti ispira, è una città che racconta e ha conservato dentro di sé i secoli del suo massimo splendore».
Chi è Lucia Annibali
Lucia Annibali è nata a Urbino il 18 settembre 1977. Il 6 aprile 2013 è stata sfregiata in volto con l’acido solforico, mentre rientrava nel suo appartamento a Pesaro, da due uomini incappucciati. Mandante dell’aggressione, l’ex fidanzato Luca Varani, anche lui avvocato, condannato per stalking e tentato omicidio a vent’anni di reclusione il 29 marzo 2014 (pena confermata in appello e in Cassazione). Lucia è stata ricoverata per due mesi al Centro grandi ustionati di Parma e sottoposta a più di una quindicina di interventi per ricostruire il viso e arginare i problemi di vista e respirazione.
Ha ricevuto dall’allora Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, la nomina di Cavaliere al merito della Repubblica Italiana in occasione della festa della donna, l’8 marzo 2014. A settembre del 2016 è diventata consigliere giuridico del ministro delle Pari opportunità, Maria Elena Boschi. (A.M.)