Calmierare l’incremento delle temperature e scongiurare disastri e tragedie climatiche: l’importanza di agire sulle risorse
E anche per quest’anno, le risorse sono finite. Con sette mesi abbondanti di anticipo.
Il 19 maggio 2024 scatta l’Overshoot Day italiano, ovvero la giornata in cui, statisticamente, il pianeta avrebbe finito le risorse se chiunque consumasse come l’ Italia.
Il calcolo si estende per (quasi) tutti i paesi del mondo. Per fare qualche esempio: se tutti consumassi come il Qatar, già all’11 febbraio saremmo stati spacciati. I più virtuosi, invece, Ecuador e Indonesia: 24 novembre.
Il miglior paese occidentale la Gran Bretagna, al 3 giugno.
Solo un marginale miglioramento per l’Italia
In questo 2024 l’Italia porta la propria data quattro giorni più in là rispetto al 2023, quando l’Overshoot Day cadde il 15 maggio. Magra consolazione, dato che la differenza è minima – i consumi italiani impattano ancora sull’equivalente di 2,6 pianeti circa – e il cambiamento climatico incombe. Senza considerare che le risorse consumate in eccesso non provengono dal nulla, bensì dal futuro: si tratta di energia e sostentamento rubato alle prossime generazioni, per i bisogni dell’attuale.
Il tema delle risorse, della loro produzione e del loro consumo, è uno dei più importanti nei 17 goal previsti dall’Agenda 2030 dell’ONU, nel tentativo di calmierare l’incremento delle temperature e scongiurare (il più possibile) disastri e tragedie climatiche.
L’energia nucleare
Tutto questo si collega all’emissione di CO2 da parte dell’attività umana, punto centrale a cui consegue la ricerca di fonti energetiche rinnovabili, in grado di evitare l’incremento di anidride carbonica nell’atmosfera.
Il primo pensiero va all’energia nucleare, la più “abbondante”, nel caso venisse adottata come soluzione principale.
Per questo, si punta sugli small reactors derivanti dalle centrali di quarta generazione.
Permane il problema di quanti ne servirebbero per soddisfare il fabbisogno nazionale e di dove collocare, poi, le scorie radioattive. Chi rifiuta il nucleare sostiene la sua pericolosità; chi lo promuove sottolinea come debba essere una delle tante energie alternative a disposizione, fondamentale nella sua “pulizia” e nella sua alta “densità energetica” (quanta energia può produrre un’unità di materia).
Eolico e solare
Il problema non si risolverà comunque con la singola risorsa, ma con la sinergia di tante (se non tutte). Eolico e solare, come sottolinea Mercato Globale, sono diventate ormai le fonti energetiche più economiche da installare. Nel 2023, in Italia, la capacità in esercizio del fotovoltaico è aumentata di 5.234 MW e la capacità dell’eolico di 487 MW (idroelettrico e bioenergie sono rimasti sostanzialmente invariati rispetto all’anno precedente). Si stanno diffondendo i piccoli impianti di produzione energetica – rispettando la vocazione alla “piccola impresa” made in Italy – la quale coinvolge 37.655 operatori attivi tra manutentori, installatori, affittuari, consulenti.
L’idrogeno
Alle fonti energetiche si appaia il problema della trasmissione e dello stoccaggio dell’energia prodotta. In questo ambito troviamo l’elemento forse più “mistificato” dell’ultima decade: l’idrogeno.
Questo elemento non è una sorgente, ma un vettore energetico.
In termini semplici: l’eccesso di energia rinnovabile prodotta può essere stoccata nell’idrogeno tramite processo di elettrolisi dell’acqua. L’H2 prodotto viene quindi immagazzinato e utilizzato laddove serve, come fonte energetica, evitando la produzione di anidride carbonica. Tale tecnologia è ancora in via di sviluppo, ma si conta possa fare la propria parte nella lotta al climate change. E in molte città, come per esempio a Venezia, stanno nascendo degli hub di produzione di idrogeno.
La “space economy”
Sempre in termini di conservazione, un’altra risposta potrebbe giungere dalla space economy, settore in espansione in Italia (230 milioni di fatturato, +15% rispetto al 2023) grazie alla materia lunare: la regolite. Questa sarà la base con la quale enti spaziali e astronauti lavoreranno per rendere realtà la vita sulla Luna (leggasi alla voce: missioni Artemis), grazie alla sua manipolazione. Oltre a produrre ossigeno, la regolite può diventare anche materiale di stoccaggio per il calore solare. Piccoli assaggi di una tecnologia “spaziale”, ma che potrà tornare utile anche sulla Terra, nella prospettiva in cui andremo incontro ad ambienti via via più “estremi”. “Sky is the limit”, o forse no, se addirittura si può parlare anche di vele solari (per la cattura degli omonimi venti) o di trasmissione “wireless” dell’energia, dallo spazio a terra.
Packaging: nuove soluzioni
Data la produzione di risorse, serve dare un occhio al consumo delle stesse, a come vengono utilizzate – o riutilizzate – e quante ne vengono sprecate. Da questa prospettiva, si apre un annoso problema che riguarda il packaging, la plastica, i materiali di scarto in generale e come questi possano essere evitati e riutilizzati.
Su questo fronte esiste un mercato di nicchia – ma resistente, nelle sue piccole realtà – che guarda allo zero waste e alla non-produzione di imballaggi: sono i negozi alla spina, che vendono qualsiasi tipo di bene come sfuso, in modo da evitare inutili incrementi di rifiuti.
Al tempo stesso, però, quel che riguarda l’imballaggio, soprattutto nell’ambito del settore alimentare, è quasi necessario per il corretto e prolungato mantenimento dei cibi e il decremento del food waste (senza considerare l’industria che vive della produzione dello stesso).
Plastica: rifiuto o risorsa?
Il vero problema riguarda “l’usa e getta”: la plastica ne è un vessillo, suo malgrado, ma paradossalmente potrebbe esserne anche la soluzione, grazie alle sue proprietà “immortali” e di non deterioramento, nei confronti di carta, vetro e alluminio, i quali richiedono maggior energia – e maggior spreco – per il loro riciclo.
Si tratta di uno scarto mentale, che sta nella diversa visione tra “rifiuto” e “risorsa”. Vale per la plastica come per altri materiali, soprattutto di natura chimica, rivalutati in ambito energetico. Vernici industriali, lavorazioni, rifiuti materiali e di scarto possono essere riutilizzati come elementi per generare energia, riducendo l’uso di fonti fossili (viene recuperato circa il 90%, e di questo l’85% diventa combustibile ad alto potere calorifico, secondo il programma Recycla), mentre è di recente immissione nel mercato dei carburanti l’HVO100, il diesel ricavato dagli olii vegetali idrogenati.
Immagazzinare la CO2 per trasformarla
Tutto ruota intorno alla riduzione delle emissioni di CO2, cosa che in Italia, nel 2023, in parte è avvenuta, secondo l’analisi del sistema energetico italiano ENEA. -8%, con un calo generale della richiesta dei combustibili fossili, arrivata alla percentuale “record” del 71%. Ciò potrebbe non bastare nell’incremento delle temperature al di sopra di 1,5°/2°: per questo si parla anche di immagazzinamento di anidride carbonica. In Italia uno dei progetti all’avanguardia riguarda l’Energy Dome, ovvero la trasformazione della CO2 in una sorta di batteria per lo stoccaggio energetico, tramite il passaggio di stato dell’elemento stesso in una trasformazione termodinamica.
Il limitato panorama italiano si rispecchia, amplificato o diminuito, su quello internazionale: se il Country Overshoot Day, per il nostro paese, cade di nuovo a metà maggio, sarà presumibile intuire che l’Earth Overshoot Day sarà anche quest’anno a cavallo tra luglio e agosto, in una media internazionale che significa “terminare le risorse mondiali di un anno in poco più di metà”. Il cambiamento climatico, con le sue conseguenze, si fa sempre più tangibile. Le soluzioni non mancano, anzi: serve porre in atto tutto ciò che possa aiutare, di modo da salvare l’umanità, e qualche altra specie terrestre, dal disastro climatico.
Damiano Martin