Ricky Tognazzi, in città tra ricordi ed emozioni, “battezza” la svolta della Mostra del Cinema verso la realtà virtuale
Venezia è uno dei pochi posti che mi emoziona sempre. Mi sorprende ogni volta, tanto che quando arrivo mi viene voglia di chiamare le persone che amo per invitarle a raggiungermi o per dire a chi non c’è mai stato che ci deve venire. È uno dei posti più incredibili al mondo».
Gli occhi di Ricky Tognazzi si accendono mentre parla di Venezia. È stato lui, assieme al presidente di giuria John Landis e a Céline Sciamma, a decretare il vincitore del premio per il miglior film e del premio per la migliore creatività Vr (realtà virtuale), assegnati la scorsa estate dal Venice Virtual Reality della 74^ Mostra del Cinema di Venezia, prima competizione assoluta di film in Realtà Virtuale.
Quando la sua attenzione si sposta dal visore Vr agli spazi del Lazzaretto Vecchio, dove si è svolta la rassegna, Tognazzi si entusiasma. Indica con il dito i luoghi e i locali riaperti in occasione del Festival, si guarda attorno e sorride. «Questo posto è pazzesco, è uno spazio straordinario. Ha una storia centenaria, ma apre uno sguardo verso il futuro».
Mi sembra di capire che anche il Lido di Venezia l’abbia piacevolmente stupita…
Sì, ho trovato il Lido veramente in forma, con un sacco di spazi nuovi che non conoscevo. Innanzitutto non c’è più il buco. Vedere quell’avveniristico cubo rosso immerso nella pineta al posto dei tendoni che coprivano la voragine fa davvero piacere. E poi quest’isola, così antica ma nello stesso tempo perfetta per ospitare qualcosa di così all’avanguardia come la realtà virtuale… Sì, direi che sia come spazi che come contenuti mi sembra che il Lido sia veramente cresciuto.
Ha detto che sono almeno un paio i posti al mondo che le procurano emozioni. Quali sono?
C’è New York, che ogni volta mi fa battere il cuore; c’è Londra, dove vado spesso perché ci sono cresciuto e ci vive mia figlia, quindi mi fa battere il cuore per ragioni sentimentali, emotive. Poi ci sono Venezia e il suo entroterra. Mia nonna Maria era di Annone Veneto, quindi anche qui sono legato ai ricordi delle mie vacanze in campagna o a Mestre dalla zia. Ma Venezia… Venezia è straordinaria.
Proprio Venezia è la prima città a dar spazio a un nuovo modo di fare cinema. Pensa che il Vr sia davvero il futuro?
Non lo so. So però che l’istinto dell’uomo è da sempre quello di immergersi nell’opera. C’è in noi il bisogno di partecipare, di entrare in quel che vediamo: la realtà virtuale prova a farlo. Pone lo spettatore nella condizione di immergersi nella realtà. Di sicuro queste tecnologie ci porteranno altrove, ci daranno altre possibilità, anche se il cinema è un’altra cosa.
In che senso?
Il cinema è un’esperienza collettiva, i filmati Vr propongono un’esperienza singola. Sei lì con il tuo visore e con le tue cuffie, non puoi condividere con altri le tue emozioni. C’è un’evoluzione in atto.
Anche del ruolo del regista?
Sì, c’è anche questo. Compito di un regista è di far immedesimare lo spettatore in un personaggio. Qui, per il fatto che sei a 360° e che i tuoi personaggi sono alla pari, che quello che sta dietro di te ha le stesse opportunità espressive di quello che hai di fronte, si pone lo spettatore nella condizione di dover scegliere dove guardare. Questo è molto interessante perché spezza quel punto di vista che normalmente il regista impone. (C.T.