Cohouse, eco-quartieri ed eco-villaggi: fenomeni residenziali crescenti dove indipendenza e spazi comuni convivono per ottimizzare le risorse e ricreare l’idea di comunità. Ecco come funzionano e quali sono gli esempi e i progetti esistenti nel nostro territorio metropolitano
L’individualismo che sembra caratterizzare la nostra società e la tendenza di ogni cittadino a rinchiudersi in se stesso hanno comportato negli anni il graduale dissolvimento di concetti quali l’aiuto reciproco, il buon vicinato e il senso civico, inteso come consapevolezza di far parte di una comunità. Parallelamente, però, è iniziata ad emergere la volontà e la necessità di riscoprire tali valori e legami sociali perduti.
Esigenze che hanno trovato risposta nel fenomeno del cohousing, un “nuovo modo di abitare” che ha cominciato a svilupparsi oltre quarant’anni fa in Scandinavia.
Con tale termine si indica una particolare forma di vicinato in cui gruppi di cittadini hanno deciso, spontaneamente, di condividere parte della propria vita quotidiana. Dal punto di vista edilizio, una comunità di cohousing consiste in una serie di abitazioni in cui coesistono alloggi privati, grazie ai quali ognuno può mantenere la propria indipendenza, e spazi comuni, interni ed esterni.
Gli edifici sono costruiti secondo criteri di sostenibilità ambientale, con l’utilizzo di materiali di bioedilizia e fonti energetiche alternative. Tra i locali in comune possono esserci cucina, lavanderia, soggiorno, laboratori per il fai da te, spazi gioco per i bambini, orti e altro e alcuni servizi possono essere aperti alla cittadinanza (piccoli asili nido, biblioteche, giardini).
I vantaggi per i residenti sono molteplici: economici, perché acquistando e gestendo i beni collettivamente si possono ridurre i costi e ammortizzare le spese, e di tempo, perché gli oneri della vita quotidiana, come cucinare, fare le pulizie, occuparsi dei bambini e degli anziani, non gravano più sul singolo, ma vengono condivisi da tutti i cohousers.
Ciò che caratterizza il cohousing è il concetto di “partecipazione”, intesa come il coinvolgimento dei futuri residenti in tutte le fasi del progetto, dall’organizzazione della propria comunità alla realizzazione edilizia. Ogni decisione rispecchia bisogni, sogni e aspirazioni di tutti ed è per questo che non esiste un cohousing uguale a un altro.
Oggi le strutture attive in tutto il mondo sono circa un migliaio e non mancano gli esempi in Veneto. In provincia di Treviso, a Preganziol, si trova “Rio Selva” una co-house che è anche fattoria didattica, gruppo d’acquisto, cooperativa agricola biologica e centro estivo per bambini.
L’idea è nata alcuni anni fa da una coppia di “giovani” pensionati, come amano definirsi i protagonisti di questa iniziativa, i coniugi Bruno e Anna, che hanno deciso di aprire la propria casa a giovani e famiglie, suddividendola in 4 mini appartamenti indipendenti e spazi comuni dove condividere pranzi e cene (ogni giorno), attività ricreative e lavorative.
«L’età avanza – spiega Bruno – e abbiamo deciso di creare un cohousing sia per portare avanti le nostre attività sia per non sentire il peso della solitudine. Qui ci dedichiamo alla cura dell’ambiente e dei nostri orti e soprattutto ci piace coltivare le relazioni umane: amiamo passare del tempo tutti assieme e lo spirito solidaristico che contraddistingue il nostro gruppo ci consente di vedere l’orizzonte meno buio. Siamo consci che, almeno per noi che adesso abbiamo 80 anni, arriveranno giorni bui, ma se vissuti in compagnia saranno un po’ meno oscuri».
Entro fine anno partiranno, invece, i lavori di realizzazione dell’ecovillaggio “La Corte del Vento”, che sorgerà in località San Rocco del Tretto, a Schio (VI), per volontà di un gruppo di cittadini costituitosi nell’Associazione Culturale San Rocco Community. Il progetto prevede la costruzione di 3 edifici privati e uno destinato a spazi comuni. «Questa è solo la prima fase – sottolinea Enrico Rilievo, tra i promotori del progetto e futuro residente – perché l’area è molto grande e in futuro prevediamo la possibilità di realizzare altri edifici a spazi comuni o adibiti a esperienze di vero e proprio cohousing, cioè di convivenza molto più stretta. I principi che ci hanno ispirato e che ci uniscono sono il desidero di ritornare il più possibile a contatto con la natura, il rispetto e la tutela del pianeta che ci ospita e la riscoperta di relazioni autentiche e di valori perduti, quali solidarietà, compassione, aiuto reciproco».
A Villorba (TV) sta per essere inaugurato l’ecoquartiere “Quattro Passi”, nato grazie alla collaborazione tra la Cooperativa Pace e Sviluppo e lo studio di architettura TAMassociati: un piccolo borgo, esclusivamente ciclopedonale ed ecosostenbile, composto da 8 unità abitative e una “casa comune”. «È un progetto improntato su criteri di efficienza energetica e di bioedilizia – racconta Federica Massolin, referente della Cooperativa Pace e Sviluppo e cohouser – e una delle caratteristiche peculiari è il verde indiviso, con un giardino centrale che è anche punto di incontro e di confronto tra i residenti. Abbiamo scelto questo modo di abitare, che consiste in una sorta di vicinato solidale, proprio per condividere alcuni spazi e parte della quotidianità con vicini di casa, persone con le quali costruire un rapporto autentico e non estranei che semplicemente abitano vicino a noi, come spesso capita nei condomini tradizionali».
Tanti progetti, un’unica idea alla base del successo di questo fenomeno: la possibilità di decidere come e con chi abitare, condividendo parte della vita quotidiana, ma senza rinunciare alla propria indipendenza.