Quante volte vi siete sentiti dire o avete detto a una persona di essere “petulante”?
Forse i più permalosi si sono sentiti offesi: il vostro atteggiamento, sia pur forse eccessivo, con troppe domande, insistente, non vi sembrava aver poi creato così grandi problemi.
E se vi avessero detto che in quel momento in realtà stavate compiendo un reato?
Ne sanno qualcosa i due uomini che, a causa del loro interferire troppo nella vita delle due donne che amavano, sono stati condannati per “petulanza”. (articolo 660 c.p.)
Storie di uomini petulanti
Il primo caso risale al dicembre 2020.
Il secondo è di questi giorni e riguarda un marito in fase di separazione che, non riuscendo ad accettare la situazione, ha inviato fin troppi messaggi alla futura ex moglie.
Non tanto gravi, secondo i giudici della Cassazione, da poter essere bollati come stalking, ma abbastanza fastidiosi da non poter esser tollerati.
Così, il novarese di 49 anni, è stato condannato a due mesi di pena.
A questo proposito i giudici hanno rilevato che, pur non avendo creato (cosa ravvisabile dalle risposte della donna) i suoi messaggi ansia o paura nella moglie, rivelano un “atteggiamento di arrogante invadenza e di intromissione continua e inopportuna nella altrui sfera di libertà”.
Quando il corteggiamento diventa petulanza
Un’invasione di campo che, a un coetaneo di Trieste, era costata in Corte d’Appello una pena di tre mesi per molestie per aver corteggiato troppo insistentemente una donna “ignorando il totale disinteresse da lei manifestato”.
Il reato è stato poi derubricato dalla sentenza della Cassazione in “petulanza” in quanto, anche se non molesti, “i saluti insistenti e confidenziali, con modalità invasive della sfera di riservatezza altrui (in un’occasione abbracciandola); gli incontri non casuali e cercati nel bar dove lavorava la vittima (in cui l’imputato entrava ripetutamente con pretesti, senza consumare nulla, ma con il solo scopo di incontrare la persona offesa e di tentare approcci con lei), come anche per strada, in un’occasione inseguendola e salendo sul suo stesso autobus; la sosta sotto la sua casa” erano diventati per la donna un incubo quotidiano.
Consuelo Terrin