È la domanda che, probabilmente, si è sentita di più tra la gente di fronte all’acqua alta di martedì 8 dicembre 2020.
Ovvero: “Perché non hanno “premuto il tasto”, quando hanno saputo che la marea sarebbe andata oltre le previsioni?”.
Si sono udite anche tante risposte. Ma ce n’è una che le comprende tutte: il MOSE non funziona semplicemente schiacciando un bottone. Per alzare e abbassare le paratoie c’è una complessa macchina organizzativa da attivare.
Abbiamo provato ad approfondirne la conoscenza insieme a una delle due persone da cui, in attesa dell’organizzazione della nuova autorità che gestirà la Laguna (barriere comprese), dipende in questa fase la decisione di chiudere le bocche di porto: il provveditore alle Opere Pubbliche del Triveneto, Cinzia Zincone.
Ci vogliono almeno 6 ore per attivare il MOSE
“Anche senza considerare i tempi “di cortesia” per far arrivare le squadre sul loro posto, la condizione che porta alla decisione di alzare tutte le barriere deve essere nota almeno 6 ore prima”.
Il ragionamento di Zincone parte da questa precisazione. Unita alla sottolineatura che il sistema non è ancora completo. Ci vorrà infatti ancora un anno, da cronoprogramma, per arrivare al 31 dicembre 2021, data fissata per il termine dei lavori.
Per il momento, il provveditore, insieme al commissario del Mose, Elisabetta Spitz, può decidere di dare il via al sollevamento solo in particolari condizioni. “Allo stato attuale – spiega il provveditore – è ancora il Consorzio Venezia Nuova ad attivare le barriere, anche se la decisione spetta a me e al commissario. E questo sulla base di un avviso che ci arriva ogni volta che si prevede, almeno nelle successive 48 ore, che si verifichi un evento meteo-marino significativo. Ovvero un livello dell’acqua sopra i 130 cm rispetto al medio mare: un numero non buttato lì, ma frutto del contemperamento dei diversi interessi in gioco. Il tutto, naturalmente, con un margine di errore di 10 o 15 cm in meno”.
La ricostruzione dell’8 dicembre
Questo, nella giornata di martedì 8 dicembre, a causa del repentino cambiamento delle condizioni che influiscono sulla marea non si è verificato nei tempi necessari.
“Stavolta – prosegue Zincone – l’allerta non è partita perché, nelle ore precedenti, gli esperti non giudicavano che l’evento sarebbe potuto essere così forte da superare i 130 cm. L’avviso normalmente ci arriva 48 ore prima proprio perché c’è una soglia oltre la quale è impossibile intervenire. Così, quando in mattinata si è capito che la situazione poteva cambiare, era purtroppo troppo tardi per avviare le macchine”.
Fino alle prime ore di martedì, infatti, la previsione del Centro maree era di 125 cm.
Il rapporto del Tavolo tecnico
Riguardo alla riunione del tavolo tecnico del 7 dicembre, che non escludeva la possibilità di valori superiori ai 130 cm, Zincone precisa: “È questione di tempi: avendo in mano il dato emesso dal Centro Maree del Comune l’8, che dava 125 cm, era lecito prevedere che questa previsione, successiva al tavolo tecnico, potesse essere stata attestata su valori più vicini alla realtà. Tant’è che è scattato anche il doppio suono di sirena e soprattutto non è partita alcuna allerta. E poi, per noi, fanno fede le misurazioni del Consorzio Venezia Nuova, che indicavano 114 cm. La differenza tra i due valori non è dovuta a errori – precisa Zincone –Il Centro Maree indica la marea massima, mentre noi ci basiamo su quella specifica che si lega più direttamente al sistema di barriere. I n questo caso si è trattato davvero di un evento improvviso”.
La procedura di attivazione
Una volta presa la decisione di alzare le paratoie, si avvia una complessa procedura, che non coinvolge solo Provveditorato e struttura operativa del MOSE, ma anche altri diversi soggetti istituzionali, a partire dalla Capitaneria di Porto.
“I 130 cm – commenta il provveditore – non sono un semplice numero, ma vi si ricollegano una lunga serie di operazioni da fare con un certo anticipo. La Capitaneria, ad esempio, deve dare gli avvisi ai naviganti. Le navi sono infatti lente, partono da lontano e devono sapere in tempo utile che non potranno arrivare a Venezia. Vi sono poi da allertare i mezzi di soccorso, con relativo personale, e via dicendo”.
E poi c’è la “macchina” vera e propria del MOSE da mettere in funzione. Un compito che spetta alle apposite squadre di tecnici e operai, che devono essere rese operative.
“Sono persone – racconta Zincone – che non vivono normalmente al Bacan o a Malamocco, per cui non possono essere pronte all’ultimissimo momento. Vanno avvertite, contattate. Va dato loro il tempo di raggiungere il loro posto di lavoro. E una volta lì, sempre che vada tutto bene ci vogliono 3 o 4 ore per compiere tutti i test degli impianti. Test che sono tutt’altro che inutili, perché servono ad evitare che poi si presentino seri problemi una volta avviato il sollevamento delle paratoie”.
Le squadre del MOSE
Se il “cuore” meccanico del MOSE posa sul fondo delle bocche di porto, non meno importante è dunque la componente umana. Sono una sessantina, le persone, tutte formate specificamente, che si alternano alla movimentazione delle barriere, con il contributo delle imprese presenti. Sono divise in 4 squadre, composte da 2 o 3 tecnici ingegneri e una decina di operai. Fanno turni di 12 ore per squadra, senza possibilità di tornare a casa al termine del lavoro fino al rientro alla normalità delle condizioni di marea. Per questo, nelle giornate in cui il MOSE entra in funzione, vengono temporaneamente ospitate in alcune baracche costruite appositamente allo scopo.
“Dopo queste giornate – ammette Cinzia Zincone – sono stanca io, che dirigo la macchina da lontano: figuriamoci chi opera in prima linea come le persone che formano le nostre squadre. Dopo giornate di tour de force come quelle che si sono presentate ultimamente, escono molto provati. Le gallerie e le sale operative, a partire da quella provvisoria di Chioggia, che è piccolissima, sono luoghi tutt’altro che ameni. Ma sono comunque pronti a rimettersi al lavoro, come sta succedendo anche in questi giorni. Mi permetto quindi di spendere una parola per loro, perché sono quelli che materialmente realizzano tutto questo”.
Le possibilità di miglioramento
Proprio perché il sistema è tuttora in fase sperimentale, i margini per migliorare e perfezionare le procedure, comunque, non mancano.
“Con il completamento del MOSE – rimarca il provveditore – vi sono alcune cose che andranno in automatico. Solo per fare un esempio, non sarà più necessario scendere fisicamente nelle gallerie per ripulire un tubo qualora vi fosse questo bisogno. I test che continuiamo ad effettuare servono proprio per capire al meglio tutte le situazioni”. E, proprio rifacendosi a quanto successo nei giorni scorsi, Cinzia Zincone annuncia che “torneremo anche sulle procedure già approvate, perché probabilmente non sono adeguate in caso di peggioramenti improvvisi delle condizioni meteo-marine”.
“Per non bloccare i traffici – prosegue – le procedure attuali ci sollecitano in maniera adeguata sui falsi allarmi. Nel caso di peggioramenti improvvisi, invece, è previsto che sia il Consorzio Venezia Nuova a valutare la possibilità di una mobilitazione immediata, informando commissario e provveditore. Ferma restando la quota di 130 cm, almeno fino all’entrata a regime che fissa il livello a 110, possiamo però cambiare in parte la procedura, magari attivando l’allarme già a quote previste più basse. E questo proprio per preallertare il personale per tempo”.
I sollevamenti e i cantieri del MOSE
Un’ultima precisazione il provveditore alle Opere Pubbliche la riserva al tema dei costi.
“Finora – puntualizza – non abbiamo mai tenuto conto del fattore costi. Ma va ricordato che queste operazioni costano. Anche se manca un consuntivo per la quantificazione definitiva, i costi vivi del MOSE sono stimati in oltre 300 mila euro per ogni alzata di 12 ore. In più ci sono dei costi fissi, che valgono per tutte le alzate, come quelli legati alla gestione delle baracche che ospitano le squadre. Infine – conclude Zincone – C’è da tenere in conto anche un tema legato al fermo cantieri. Perché, e anche questo pochi lo sanno, ogni volta che le paratoie vengono attivate, i cantieri che stanno completando il MOSE si devono fermare”.