Più di un miliardo di euro a disposizione per arrivare entro il 2026 a rendere le due ruote il principale mezzo per spostarsi nelle nostre città
I soldi ci sono. E non sono pochi: 1 miliardo e 154 milioni di euro, tra 754 milioni già stanziati con i decreti a partire dal 2018 e i 400 milioni messi a disposizione dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, il Pnrr.
C’è anche una scadenza, perché proprio l’utilizzo delle risorse del Pnrr impone di raggiungere gli obiettivi, con il completamento dei relativi progetti, entro il 2026.
Adesso c’è anche il “Piano Generale della Mobilità Ciclistica urbana e extraurbana 2022-2024” del Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibile: 160 pagine di linee guida, tra foto della situazione e progettualità, per passare rapidamente dalla teoria alla pratica ragionando su base sistematica e organica.
L’Italia ha dunque cominciato una vera e propria “rivoluzione delle bici” e del trasporto pubblico.
Lo scopo è quello di creare una nuova mentalità che incentivi sempre più gli spostamenti “green” all’interno della mobilità cittadina, cambiando il volto delle strade pubbliche anche con la realizzazione di centinaia di nuove piste ciclabili per potersi spostare in sicurezza.
Il Piano della mobilità ciclistica
Il Piano fissa alcuni target di medio periodo da raggiungere da oggi al 2024.
Tra questi, la predisposizione dei Piani Regionali della Mobilità Ciclistica e l’approvazione per Città metropolitane e capoluoghi di Provincia degli specifici strumenti di pianificazione (Biciplan). Nei prossimi 6 mesi il Ministero dovrebbe perfezionare un elenco puntuale degli interventi necessari, che tradurranno concretamente le linee guida appena elaborate.
Vi sono comunque alcuni punti già definiti.
Attraverso la realizzazione di 565 km ciclabili nelle grandi città e nei capoluoghi di provincia, si punta ad esempio a salire da 23,4 a 32 km di piste in media ogni 100 km quadrati.
Le aree metropolitane di Roma (19,6 milioni) e Milano (13,1) riceveranno la quota maggiore di risorse.
Quanto alle 20 ciclovie turistiche inserite nella rete Bicitalia, collegata a quella europea Eurovelo, i km aggiuntivi saranno almeno 1.235.
Le città cambiano
Diversi i progetti pensati per conseguire gli obiettivi del miglioramento del trasporto pubblico e dell’intermodalità.
Almeno il 25% dei mezzi pubblici locali (e il 50% di quelli regionali e interregionali) dovranno avere spazi per il trasporto delle bici.
Ma anche i luoghi pubblici (come uffici, scuole, ospedali) dovranno dotarsi di un numero adeguato di posti-bicicletta per il parcheggio, adeguando almeno il 25% del totale degli edifici ogni anno. Ancora, almeno il 50% delle principali fermate del trasporto pubblico locale dovranno essere dotate di rastrelliere, così come il 50% delle stazioni dovranno avere un ricovero coperto e custodito. Sul fronte della sicurezza, invece, si ipotizza una riduzione della velocità massima di circolazione nei centri urbani, per ridurre entro il 2030 del 45% le vittime di incidenti stradali.
La strategia nazionale per la mobilità ciclistica
Il Piano Generale della Mobilità Ciclistica dà seguito alla legge del 2018 sulla mobilità in bicicletta e la realizzazione della rete nazionale di percorribilità.
“La finalità del Piano – chiarisce lo stesso documento – è quella di rendere, ad ogni livello, la mobilità ciclabile una componente fondamentale del sistema modale sostenibile con caratteristiche di accessibilità, efficienza trasportistica ed economica, positivo impatto ambientale, strumento ad ampia accessibilità sociale e a basso costo economico”.
Si vogliono così realizzare sistemi di trasporto resilienti ai cambiamenti climatici, alle pandemie e ad altri disastri; trasporti efficienti, puliti, sicuri, silenziosi a zero emissioni nette, in attuazione di politiche ed azioni per una mobilità sana, attiva e più sicura; un processo di inclusione sociale che garantisca l’accesso alla mobilità e ai trasporti; investimenti che possano utilizzare la digitalizzazione dei servizi di trasporto e mobilità; infrastrutture a supporto della mobilità sostenibile; un trasporto pubblico locale integrato; un uso più equo dello spazio pubblico.
Il modello, aggiunge il Piano, è “da attuare soprattutto nelle città, per farne un driver di sviluppo della mobilità locale sostenibile e del turismo nazionale e locale, nonché un fattore economico rilevante per la produzione di beni e servizi green in Italia, anche in una logica di reshoring industriale”. “Ovviamente – prosegue – la questione si applica allo stesso modo sui percorsi extraurbani cicloturistici: in tali contesti debbono essere applicate le stesse modalità di intervento sopra richiamate per garantire la coabitazione di mezzi diversi”.
Gli Italiani e la bicicletta
Il Piano riporta anche una serie di statistiche, relative all’anno 2019, sull’uso della bicicletta da parte degli Italiani.
Nel contesto europeo, con il nostro 4%, siamo ben lontani dal 41% dei Paesi Bassi e dal 21% della Svezia. Ma, secondo i dati Eurobarometer, facciamo meglio di Francia (3%), Regno Unito e Spagna (entrambi al 2%), con la sola Germania (15%), tra i grandi Paesi, che sale sul podio.
C’è però, ci dice l’Istat, una grande differenza territoriale: a Nord-Est si arriva al 6,2%, al Sud e nelle Isole ci si ferma tra l’1% e lo 0,9%.
A spostarsi in bicicletta sono soprattutto i residenti nelle città oltre 50 mila abitanti: il 5,1% della popolazione, con un 6,2% che lo fa per motivi di lavoro.
Al primo posto tra chi usa la bici per motivi di studio sono i residenti in centri tra 10 e 50 mila abitanti (3,4%), ma il dato totale scende al diminuire delle dimensioni del comune di residenza, fino allo 0,5% delle realtà fino a 2 mila abitanti.
A usare la bici per lavoro sono leggermente di più gli uomini (3,7% contro il 3,3% delle donne) e principalmente i giovani tra 15 e 19 anni (5,4%), seguiti da chi ha tra 45 e 54 anni (3,5%). Nel totale degli utilizzatori della bici per motivi di studio, la fetta maggiore (24%) ha invece tra 14 e 17 anni.
Alberto Minazzi