Già chiesa, palestra e palasport della Reyer
viene ora restituita alla città come spazio d’incontro
Un sogno veneziano dai toni del cotto, un edificio austero ed elegante che da centinaia di anni tesse pazientemente un profondo dialogo con l’acqua della Laguna. Chi abita da sempre a Venezia e conosce ogni mattone di questa città, non può aver dimenticato le ruvide pareti della nuova Scuola Grande della Misericordia, celebre edificio cinquecentesco, famoso per aver ospitato le squadre di basket della Reyer.
Quello della Misericordia è un racconto intimo e denso di storia: il vociare delle discussioni della Confraternita della Scuola Grande, che per secoli tenne i suoi consigli nella sala al primo piano, si fonde e si confonde con lo stridio delle scarpe dei giocatori che scivolavano lungo il parquet lucido. È un luogo che parla della città, del grande sport e, soprattutto, di chi ha, negli anni, amato e vissuto in prima persona “La Misericordia”. Generazioni di bambini hanno trascorso ore al secondo piano della Scuola, per tutti semplicemente “La Reyer”, per svolgere le attività di educazione fisica. E la sera ritornavano, accompagnati dai papà, incantati dalla magia di un luogo che aveva la capacità di stregare gli avversari e rendere possibile anche l’impossibile.
Sono passati quasi trent’anni dall’ultima volta che la Misericordia è stata il fulcro dell’attività sportiva, ma non solo, di Venezia. Trent’anni di chiusura e degrado che hanno privato la città di un luogo simbolico per i veneziani e per tutti quei tifosi che hanno vissuto in prima persona l’emozione di andare a vedere la loro squadra del cuore giocare in serie A.
Oggi la Misericordia indossa finalmente il suo abito migliore: grazie al nuovo progetto di restauro firmato dal Comune di Venezia e dalla Società SMV (società del Gruppo Umana Spa), la Scuola Grande torna ad essere patrimonio della città e dei cittadini. Il nuovo progetto architettonico restituisce uno spazio a Venezia, valorizzandone la storia e l’antica funzione di ospitalità tipica delle scuole grandi veneziane. Un restauro attento che ha cercato di rinnovare il mistero e il fascino dell’edificio, portando alla luce ciò che la storia ha stratificato nelle murature e nelle decorazioni, integrando e completando ciò che già esisteva ma che il tempo aveva lasciato incompiuto. È riuscito, senza stravolgere, a restituire l’antico splendore, sposandolo con elementi contemporanei.
La Misericordia ora è un progetto in divenire, sostenibile per la città di Venezia e per il momento storico attuale: uno spazio in cui convergono riqualificazione urbana, cultura e aggregazione sociale. Un generatore di attività, flessibile e adattabile, orientato verso un’unica direzione: promuovere l’eccellenza, lo scambio culturale e le occasioni di incontro.
Dopo un anno e mezzo di restauri e 11 milioni di euro di investimento, la riapertura della Scuola Grande è all’insegna dell’emozione e della nostalgia grazie al documentario di Carlo D’Alpaos “La palestra più bella del mondo. Quando la Reyer giocava alla Misericordia”. Le serate registrano subito il tutto esaurito segno che l’amore per questo luogo è vivo e ben radicato. In pochi giorni, per visitare l’edificio, si sono presentate quasi cinquemila persone: tantissimi veneziani, stranieri e anche qualche turista per caso. Il rinnovato fascino della Misericordia continua ad attrarre e a regalare emozioni.
A partire da maggio, la Scuola ospita un evento collaterale della Biennale di Architettura sul tema “Reporting From the Front”. E per il futuro? Anche mostre, esposizioni ed eventi legati alla cultura.
LA STORIA DELLA MISERICORDIA
E DELLE SCUOLE GRANDI DI VENEZIA
LE SCUOLE GRANDI – Luoghi riconosciuti come massime istituzioni sociali della Serenissima, le “Scuole Grandi” di Venezia furono sette: le Scuole di Santa Maria della Misericordia, di San Marco, di San Rocco, di San Giovanni Evangelista, di Santa Maria della Carità, di San Teodoro e dei Carmini. Erano costituite soprattutto da esponenti di rilievo della cittadinanza. Nel XVI secolo raggiunsero un livello di tale ricchezza e di influenza nella comunità che vennero integrate nel contesto sociale della Serenissima, con un ruolo di spicco nelle cerimonie di stato.
IL PROGETTO DI SANSOVINO – La nuova Scuola Grande della Misericordia nasce nel 1532 su progetto di Jacopo Sansovino. L’architetto e scultore fiorentino viene scelto, anche grazie alla stima che il doge Gritti nutre nei suoi confronti, come figura ideale per portare avanti il programma di rinnovamento architettonico della Città di Venezia. Il progetto incontra fin da subito molte difficoltà e, alla morte dell’autore nel 1570, è ancora incompiuto. La “fabrica” è inaugurata soltanto nel 1583, ma gli interventi di completamento dell’edificio sarebbero continuati, ancora tra mille difficoltà, per altri duecento anni.
LA MISERICORDIA IN ETÀ CONTEMPORANEA – Con la fine della Serenissima e la soppressione delle Scuole da parte di Napoleone, i confratelli sono costretti ad abbandonare la sede. All’inizio del XIX secolo, la Misericordia ha diverse destinazioni d’uso: diventa prima alloggio militare, poi magazzino e infine Archivio di Stato. Ma gli usi “insoliti” dell’edificio non sono finiti: dal 1914, fino ai tardi anni Ottanta, diventa sede dell’attività pedagogica e sportiva della società di ginnastica Costantino Reyer, che la rende il tempio dello sport veneziano che oggi tutti conosciamo.
L’ATTORE CARLO D’ALPAOS RICORDA
LA SUA ESPERIENZA DA ATLETA
NEL TEMPIO DEL BASKET VENEZIANO
Carlo D’Alpaos, noto comico del duo Carlo&Giorgio, ha un passato da playmaker, prima ancora di aver realizzato il documentario sulla Reyer ai tempi della Misericordia. È sulla base dell’esperienza personale, dunque, che può ricordare l’importanza che la Scuola ha rivestito non solo per lo sport, ma anche per tutti i veneziani.
«Alla Misericordia non giocava solo la Reyer ma anche tante altre società. Tutti siamo entrati lì almeno una volta: chi per fare ginnastica con la scuola, chi per praticare uno dei tanti sport della palestra, chi per assistere a una partita. Il piano terra, con il suo caratteristico cartongesso, era diviso in tante mini palestre dove il pugilato e la lotta greco-romana la facevano da padrone, mentre al primo piano c’erano gli spalti e il campo. Se ci penso adesso mi sembra uno spazio così grande e vuoto mentre all’epoca mi sembrava così piccolo.
Quando ho realizzato il documentario, mi sono reso conto che era impossibile descrivere la situazione dell’epoca a parole: non avrebbero reso l’idea. Le immagini erano l’unica soluzione per dare voce alla magia di un luogo così distante dalla nostra sensibilità attuale. Dentro alla palestra si poteva fumare e durante le partite gli spettatori si arrampicavano sui finestroni: una situazione decisamente impensabile oggi. Senza dimenticare il custode che, con la famiglia, abitava letteralmente dentro alla Misericordia. Poter entrare di nuovo alla Misericordia è meraviglioso, ma si apprezza di più, sapendo come era prima».