I risultati di uno studio pubblicato su Nature: le caratteristiche delle immagini influenzano la loro elaborazione e archiviazione da parte del cervello
Pensando ai cinque sensi, la correlazione tra vista, udito, gusto, olfatto e tatto e i rispettivi organi del nostro corpo che ci permettono questa interazione col mondo esterno è immediata.
Il cervello dell’uomo, in cui tutto l’insieme di informazioni confluisce nella costruzione di un altro grande “mistero” della nostra psiche come la memoria, va però ben oltre le semplici classificazioni basilari.
Tra i molti aspetti che incidono sull’elaborazione degli stimoli esterni ci sono anche le sensazioni soggettive, tra cui il “senso” del tempo, che non ha un centro dedicato alla sua codifica, ma riceve informazioni da tutti gli organi sensoriali. Negli ultimi 20 anni, la ricerca dei collegamenti tra la durata degli stimoli visivi e quella della loro permanenza nella memoria ha dimostrato che il tempo può essere esemplificato all’interno dei circuiti della modalità sensoriale.
E, come ha sottolineato uno studio appena pubblicato su Nature Human Behaviour, è proprio uno dei sensi, la vista, soggettivamente intesa, a giocare un ruolo fondamentale nella “catena” che mette insieme immagini, tempo e memoria.
Il tempo e la vista (soggettiva)
“Per la prima volta – spiega il neuroscienziato e coautore dello studio Martin Wiener della George Mason University di Fairfax, in Virginia – abbiamo dimostrato che un intervallo di tempo più lungo vissuto soggettivamente viene anche ricordato meglio”. Il passo avanti compiuto dalla ricerca statunitense si lega infatti al superamento della dimensione oggettiva del nesso tra tempo di visione e memoria, ormai noto alla scienza da oltre mezzo secolo, e alla semplice dimostrazione che le risposte del sistema visivo sono sensibili alla durata.
L’esperimento, che potrebbe offrire nuove conoscenze anche su come le persone sperimentano e tengono traccia del tempo, ha dunque scoperto che a giocare una forte influenza su come il cervello elabora le informazioni visive, e la sua percezione del tempo, sono le caratteristiche di ciò che siamo guardando: le dimensioni della scena, il disordine o la memorabilità dell’immagine sottoposta alla nostra vista.
La memorabilità modella il tempo percepito (e viceversa)
Come evidenzia lo stesso titolo dello studio (“La memorabilità modella il tempo percepito (e viceversa)”), questo nesso tra vista, tempo e memoria agisce in entrambe le direzioni.
“I risultati – afferma l’abstract dello studio – suggeriscono che i circuiti visivi mediano o costruiscono il tempo percepito. Qui presentiamo le prove, attraverso una serie di esperimenti, che il tempo percepito è influenzato dalle proprietà dell’immagine. Più specificatamente, osserviamo che le dimensioni e la memorabilità della scena dilatano il tempo, mentre il disordine lo contrae”.
Inoltre, aggiunge lo studio, anche la durata delle immagini più memorabili viene percepita con maggiore precisione. Per converso, maggiore è la durata percepita di un’immagine, più questa sarà memorabile. “Le immagini più memorabili – precisa l’abstract – vengono elaborate più velocemente e questo aumento della velocità di elaborazione predice sia l’allungamento che la maggiore precisione delle durate percepite”.
L’esperimento: vista, memoria e tempo
La sperimentazione dei legami tra memorabilità e percezione del tempo è avvenuta effettuando un test in cui a 48 soggetti sono state mostrate 196 immagini valutate in base alla loro memorabilità da una rete neurale. E il risultato è stato che i partecipanti non solo hanno sperimentato una dilatazione del tempo quando guardavano immagini più memorabili, ma erano anche più propensi a ricordare quelle immagini il giorno successivo.
Quando le immagini sono state poi applicate a un modello di rete neurale del sistema visivo umano in grado di elaborare le informazioni nel tempo, questo modello ha elaborato le immagini più memorabili più velocemente di quelle meno memorabili. Potrebbe essere un processo simile, all’interno del cervello umano, a causare l’effetto di dilatazione del tempo di fronte a un’immagine memorabile. “Quando vediamo qualcosa di più importante – sintetizza Wiener – dilatiamo il nostro senso del tempo per ottenere maggiori informazioni”.
Il peso di ordine e dimensione delle immagini sulla percezione temporale
In precedenza, altri studi avevano scoperto come colori e contrasto di un’immagine possono alterare la percezione del tempo trascorso ad osservarla.
L’esperimento alla base dello studio si è così concentrato su ulteriori caratteristiche, sottoponendo i partecipanti per meno di un secondo a una serie di 252 immagini diverse per dimensioni della scena e disordine, arrivando alla conclusione che il tempo di osservazione percepito variava in base a questi aspetti. Inoltre, è emersa una maggiore propensione a ricordare le immagini che si riteneva di aver visto per più tempo.
Per esempio, spiega l’articolo su Nature, “l’immagine di un armadio ben fornito verrebbe definita come più piccola ma più disordinata di quella raffigurante un magazzino vuoto”. E quando sono state visualizzate scene più grandi o meno disordinate, i partecipanti hanno dimostrato maggiori probabilità di sperimentare una dilatazione del tempo, con la sensazione opposta, cioè una limitazione del tempo, di fronte a immagini più piccole e confuse.
Alberto Minazzi