La proposta di legge della Commissione Europea e l’avvio del tavolo tecnico italiano: tra estrazioni e riciclo, si inizia a scrivere la strategia per la transizione ecologica
Ci sono “nomi noti” come litio e titanio, cobalto e magnesio, fosforo e grafite, insieme ad altri conosciuti probabilmente solo dagli esperti come afnio, barite o niobio.
Sono le 34 “materie prime critiche” o “Crm” (dall’acronimo inglese per “critical row materials”) inserite oggi nell’elenco che la Commissione Europea ha stilato a partire dal 2011, ma poi soggetto a continue revisioni e aggiornamenti.
Perché si tratta di materiali sempre più richiesti nella società moderna, in quanto fondamentali non solo per numerose attività industriali, ma anche nell’ottica della transizione ecologica in atto.
Materie prime che, considerando l’elevato rischio di trovarsi di fronte a carenze di forniture, richiedono l’elaborazione di una specifica strategia, che punti sull’estrazione locale, oltre che sul riciclo.
Un piano che, nei primi mesi del 2023 ha fatto segnare importanti tappe, sia a livello di Unione Europea che nello specifico contesto italiano.
Il boom delle materie prime critiche
Dagli smartphone (che possono contenere fino a 50 metalli) alle auto elettriche, dai semiconduttori a prodotti farmaceutici e pompe di calore, i Crm sono letteralmente “dappertutto”, come ha sottolineato Thierry Breton, Commissario europeo per il mercato interno.
“Nel 2050 – ha aggiunto – avremo bisogno di 60 volte più litio e 15 volte più cobalto, solo per le batterie elettriche. Avremo bisogno 10 volte di più di elementi delle terre rare”. Il tutto senza considerare che, con l’avvio della transizione verde, la richiesta è destinata ad aumentare ulteriormente per nuove attività industriali.
Ma la crescita già oggi è rapidissima. Il Ministero per lo Sviluppo Economico guarda per esempio al 2025 per un incremento di 120 volte della domanda di neodimio nell’Unione Europea. E, tornando ai “classici” litio e cobalto utilizzati per l’alimentazione dei veicoli elettrici o per lo stoccaggio di energia da pannelli fotovoltaici e turbine eoliche, l’aumento delle necessità nel continente potrebbe essere rispettivamente 18 e 5 volte superiore a oggi già nel 2030.
Uno dei problemi è legato al fatto che l‘Europa, e l’Italia in particolare, dipende in larga misura dalle importazioni, con la produzione concentrata in pochi Paesi. Basti pensare che le terre rare e il magnesio arrivano in Europa per il 97% dalla Cina, il boro per il 97% dalla Turchia, il platino per il 71% dal Sudafrica.
Servono insomma nuove estrazioni.
Il riciclo di certo aiuta: si stima, per esempio, che il recupero di litio e cobalto utilizzato attualmente nei mezzi elettrici del Regno Unito consentirebbe di coprire il 10% dei materiali necessari per le batterie destinate alle nuove vendite previste nel 2035.
Ma da solo non può bastare.
L’Italia riprende a scavare alla ricerca delle materie prime
È proprio in questa ottica che, lo scorso 17 febbraio, si è tenuta la prima riunione ufficiale del Tavolo tecnico nazionale sulle materie prime critiche, che era stato formalmente istituito il 15 settembre.
In quell’occasione, tra le esigenze emerse per riuscire a compenetrare le esigenze del sistema produttivo con gli obiettivi del rispetto ambientale, sono stati evidenziati lo sviluppo di competenze specifiche, la costituzione di un fondo d’investimento Europeo dedicato e la revisione delle catene di approvvigionamento.
La mappa dell’Ispra
Nel frattempo, l’Istituto Superiore per la Protezione Ambientale (Ispra) ha inviato a Bruxelles, nella fase di consultazione pubblica verso il nuovo regolamento europeo, un documento in cui si fa il punto della situazione italiana in vista dell’auspicata ripresa sostenibile delle estrazioni minerarie nel nostro Paese.
In tal senso, Ispra sottolinea in una prima mappatura che, tra il 1870 e il 2020, sono stati individuati ben 3016 siti italiani, a partire da vecchie miniere, con possibili giacimenti di materie prime critiche nel sottosuolo.
Tra gli esempi, a Punta Corna, un vecchio giacimento è ricco di cobalto e nichel o a Gorno, in Lombardia, c’è uno dei più importanti giacimenti europei di zinco, piombo e argento. Grandi quantità di litio sarebbero presenti a Cesano, vicino a Roma; in Liguria, pur con difficoltà estrattive attraverso le metodiche tradizionali per non avere un importante impatto ambientale, c’è un grande deposito di titanio; l’Appennino Settentrionale presenta significativi giacimenti di rame; le terre rare sono presenti dall’arco alpino, alla fascia tirrenica laziale, fino alla Sardegna.
Una strategia europea per l’indipendenza
Da metà marzo, la strategia europea che mira all’indipendenza sul fronte dei Crm si è arricchita poi della proposta della Commissione di un testo per il “Critical Raw Materials Act”.
“È il momento dell’azione, non dei proclami, è finita l’ingenuità”, ha commentato il commissario Breton. La legge presentata da Bruxelles disegna per i Paesi membri una strategia, da applicare sia internamente che nei rapporti internazionali, mirata ad assicurare un approvvigionamento “sicuro, diversificato e sostenibile” di materie prime critiche.
“Entro il 2030 – fissa i paletti il testo – non più del 65% del consumo annuale dell’Unione di ciascuna materia prima strategica in ogni fase di lavorazione pertinente deve provenire da un unico Paese terzo”.
A tal fine, nei prossimi anni il sistema dovrà basare i consumi almeno per il 10% sulle estrazioni, per almeno il 40% sulla lavorazione e almeno per il 15% sul riciclo. Si cercherà nel contempo di puntare, direttamente a livello di Governo europeo, anche su partenariati reciprocamente vantaggiosi con Paesi terzi, in una sorta di “Club delle materie prime critiche”. E si semplificheranno, anche riducendo gli oneri amministrativi, le procedure di autorizzazione per i progetti in questo ambito.
Le 16 materie strategiche
Infine, accanto all’elenco delle 34 materie critiche identificate, ne sono state evidenziate 16 considerate strategiche, su cui si concentrerà in particolare lo sforzo dell’Europa. Sono bismuto, boro, cobalto, rame, gallio, germanio, litio, magnesio metallico, manganese, grafite naturale, nichel, metalli del gruppo del platino, silicio metallico, titanio metallico, tungsteno ed elementi delle terre rare per magneti: neodimio, praseodimio, terbio, disprosio, gadolinio, samario e cerio.
Alberto Minazzi