Martina Evatore: «non è l’abbigliamento che istiga alla violenza»
Martina è una giovane e bella ventenne dal fisico slanciato e con lunghi capelli castani che le incorniciano il volto, gli occhi espressivi.
Fa una vita normale: ama il pattinaggio sul ghiaccio e la danza del ventre, studia biochimica, le piace trascorrere il suo tempo libero in compagnia degli amici e come tutte le sue coetanee dedica del tempo per curare il suo look, a scegliere l’acconciatura e l’abito giusto per ogni occasione.
Ma del suo trascorso fa parte un’esperienza drammatica, che l’ha portata a sfilare a Jesolo, sulla passerella di Miss Venice Beach, con abiti particolari: quelli che indossava tre anni fa quando è stata vittima di una tentata violenza.
Pantaloni neri lunghi, scarpe bianche sportive, una semplice maglietta e una giacca verde mimetica.
Una provocazione la sua, un vero e proprio «attacco agli stereotipi – spiega Martina -, al fatto che le donne non debbano sentirsi libere di vestirsi come piace a loro perché potrebbero istigare una violenza».
La storia della violenza sulla passerella
Martina sa bene che non è così.
La sera in cui a Padova, nella sua città, mentre stava attraversando il sottopasso della zona Sacro Cuore, è stata improvvisamente aggredita da un uomo che ha tentato di violentarla, non indossava nulla di seducente, nessun abito che lasciasse scoperte parti del corpo. Eppure, è successo ugualmente ed è andata bene solo grazie alla sua reazione, merito di un corso di difesa personale che aveva frequentato e alle sue urla, che hanno fatto intervenire alcuni passanti.
«Non sono i vestiti che istigano alla violenza – sottolinea la giovane -. Spesso sentiamo dire la frase “se vai in giro in questo modo te la cerchi” ma non è così. La considero, concedetemi il termine, una grande baggianata. Questo è stato il pensiero che ha fatto scattare in me il desiderio di lanciare un messaggio a tutte le donne e di raccontare la mia storia. Con il mio gesto ho voluto invitare a superare quel pregiudizio che ancora troppo spesso pesa sulle spalle delle vittime di violenza e soprattutto “urlare” che ogni donna ha il diritto di sentirsi libera di vestirsi come meglio crede».
Il messaggio di Martina
«Quella maledetta sera – continua Martina – il mio abbigliamento era normalissimo. Che poi cosa vuol dire? Credo che ogni ragazza non debba avere timore di come si veste. Per questo dico che ciò che si indossa non deve diventare un alibi per giustificare un’aggressione sessuale».
A Martina, se così si può dire, è andata bene ma molte altre volte non finisce così.
«Ogni aggressione deve essere denunciata, non bisogna stare in silenzio. Non ci si deve vergognare, perché noi siamo le vittime – sottolinea-. Non mi aspettavo che il mio gesto fosse accolto così positivamente dal pubblico presente alla sfilata e questo mi ha dato coraggio. Lo stesso che dovrebbero trovare altre ragazze che hanno vissuto analoghe situazioni. E’ stato molto difficile riuscire a esternare il dramma che mi porto dentro da quel maledetto 29 luglio 2019, nemmeno i miei genitori conoscono i dettagli di ciò che è successo, li ho detti solo a chi mi ascoltava nel corso della denuncia. Ora che però sono riuscita a farlo, mi sento meglio. E devo dire grazie anche all’organizzatrice di Miss Venice Beach che mi ha molto aiutata in questo raccontando per me, in modo delicato, quanto accaduto quando ero ancora minorenne».
Miss Venice Beach non solo concorso di bellezza
«Credo molto nei messaggi che le ragazze vogliono lanciare – dice Elisa Bagordo organizzatrice del Concorso Miss Venice Beach -. Così, quando Martina per la sua prova di interpretazione ha espresso la volontà di raccontare la sua storia, in punta di piedi mi sono fatta interprete del suo dramma raccontandolo ai presenti dopo la sua sfilata. E’ stato un momento toccante e spero che aver affrontato tematiche così delicate come quella della violenza sulle donne possa spronare a non tenere tutto dentro e denunciare qualsiasi tipo di aggressione. Questo è il messaggio più importante».
Silvia Bolognini