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Marito tirchio: per la Cassazione è reato di maltrattamento

Marito tirchio: per la Cassazione è reato di maltrattamento

La sentenza della Corte sul caso di una coppia di Bologna in cui la moglie ha denunciato le vessazioni del coniuge ossessionato dal risparmio

Il risparmio domestico, tutti ne convengono, è una virtù. Ma anche questa dote non deve essere portata all’eccesso, trasformandola in una schiavitù.
Tanto più quando, a imporre restrizioni al limite della tirchieria, è il coniuge.
Sono queste, in sostanza, le ragioni che hanno portato la Corte di Cassazione a confermare, riscontrando gli estremi del reato di maltrattamento, la condanna nei confronti di un marito bolognese, accusato dalla moglie di averla vessata costringendola a comportamenti ben al di là di quanto potessero suggerire difficoltà economiche, comunque ritenute non sussistenti dai giudici.

La vicenda

L’elenco di ciò che la donna è stata costretta a fare (o non fare) è riportato nella sentenza 6937/23 pubblicata il 17 febbraio 2023 dalla sesta sezione penale della Corte e poi raccontato sul sito cassazione.net. Attraverso il controllo degli esborsi economici, per i giudici, il marito aveva instaurato un vero e proprio clima di sopraffazione e imposto uno stile di vita fatto di sacrifici e limitazioni.

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Un regime che si è tradotto per esempio nella concessione di una sola doccia a settimana alla consorte. Ma non solo. Era sempre l’uomo, nella gestione del budget familiare, a decidere quando, dove e come la donna potesse fare la spesa. Esclusi i negozi e i prodotti di marca, la moglie era così costretta a frequentare solo negozi a basso prezzo e ad acquistare prodotti di abbigliamento e per la casa esclusivamente quando erano in offerta.
In casa, poi, la carta igienica era contingentata a due strappi per uso e, a tavola, si poteva usare un solo piatto e una sola posata.
Ancora, l’acqua usata per lavarsi il viso andava recuperata in una bacinella. E i tovagliolini di carta dovevano essere usati nella loro interezza. Tant’è che, in un’occasione, quando la moglie ne aveva gettato uno nel cestino, il marito l’ha recuperato e tagliato in dieci pezzi per dimostrare come si potesse riutilizzare più volte.

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Le conseguenze e la sentenza

Tutti questi comportamenti, ha sottolineato la Cassazione, erano “accompagnati da modalità di controllo particolarmente afflittive”, portando a una vera e propria vessazione.
Per esempio, l’uomo chiamava spesso la moglie “sprecona” e lei, riporta la sentenza, era “costretta a buttare via gli scontrini, a nascondere gli acquisti, a lasciare la spesa a casa dei genitori, a chiedere alle amiche di dire che le avevano regalato qualcosa che aveva acquistato”.
Una situazione, per di più, non dettata da reali ristrettezze economiche, visto che, come hanno evidenziato i giudici, entrambi i coniugi avevano un proprio lavoro.
Dopo un’iniziale accettazione del regime di risparmio, questo è dunque diventato insopportabile, per la donna, che si è via via isolata fino a sviluppare un disturbo post-traumatico da stress diagnosticato dai dottori.

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Dando seguito a un orientamento giurisprudenziale ormai prevalente dal 2000, la Cassazione ha così concluso che “il rapporto matrimoniale impegna ciascuno del coniugi a un progetto di vita che riguarda anche le spese e il risparmio. È indiscutibile che tale stile di vita debba essere condiviso e non possa essere imposto, men che meno in quelle che sono le minimali e quotidiane esigenze di vita in casa e accudimento personale”.

Alberto Minazzi

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