Frosinone, Milano e Verona sul podio per sforamenti nel 2024: un problema che riguarda 25 città su 98. I dati di Legambiente
Nel 2030, l’Unione Europea abbasserà le soglie di inquinamento dell’aria.
Mancano dunque solo 5 anni; ma la situazione attuale, in Italia, è ancora troppo distante dai nuovi parametri, dovendo parlare ancora di “emergenza-smog”.
Perché se, nel 2024, 50 centraline in 25 città delle 98 monitorate hanno superato i limiti giornalieri di Pm10, la percentuale di città “fuorilegge” salirebbe al 71%, con i nuovi limiti.
E il 45% non rispetterebbe quelli fissati per l’NO2.
Il tutto senza dimenticare che per gli standard dell’Oms a tutela della salvaguardia della salute delle persone, ben più stringenti, il 97% delle città italiane oggetto dello studio supera i limiti fissati per il Pm10 e il 95% quelli dell’NO2.
È il principale allarme lanciato da Legambiente, che ha appena diffuso a Milano, in occasione dell’avvio della campagna itinerante “Città2030”, i dati di bilancio 2024 del report “Mal’Aria di città”.
Le città con l’aria più irrespirabile
Le analisi dell’associazione ambientalista sull’inquinamento atmosferico nei capoluoghi di provincia si sono concentrate sulle polveri sottili e sul biossido di azoto.
Nel primo caso, a fronte della previsione legale che fissa in 35 giorni l’anno il tetto del superamento del limite di 50 microgrammi per metro cubo di Pm10 nelle medie giornaliere, per il secondo anno consecutivo la situazione peggiore si è registrata alla centralina di Frosinone Scalo, con 70 sforamenti.
La situazione non è migliore a Milano: la centralina di via Marche seconda a quota 68 sforamenti, ma anche quelle di Senato (53), Pascal Città Studi (47) e Verziere (44) hanno superato il tetto massimo, segno di un problema diffuso e strutturale in molte aree urbane che il capoluogo lombardo condivide con altre città. Tra queste c’è Verona, la cui centralina di Borgo Milano è terza d’Italia a quota 66 sforamenti (mentre a Giarol Grande si è arrivati a 53).
La Mal’ aria è diffusa
Il Veneto posiziona altre 3 città nelle zone alte della classifica: Vicenza (San Felice 64 giorni, più Ferrovieri a 49 e Quartiere Italia a 45), Padova (Arcella 61 e Mandria 52) e Venezia (via Beccaria a 61, via Tagliamento a 54, Parco Bissuola 42, Rio Novo 40 e Sacca Fisola 36).
L’elenco delle città fuori regola vede anche Cremona, Napoli, Rovigo, Brescia, Torino, Monza, Modena, Mantova, Lodi, Pavia, Catania, Bergamo, Piacenza, Rimini, Terni, Ferrara, Asti e Ravenna.
Un ragionamento già proiettato al futuro
Legambiente sottolinea dunque che, sebbene “per le medie annuali di Pm10 e NO2 nessuna città supera i limiti previsti dalla normativa vigente, lo scenario cambierà con l’entrata in vigore della nuova Direttiva europea sulla qualità dell’aria”. Con le regole che si applicheranno dal 1° gennaio 2030, per il Pm10 sarebbero solo 28 su 98 le città a non superare la soglia. Tra le restanti, ve ne sono alcune che devono ridurre le concentrazioni attuali tra il 28% e il 39%.
In tal senso, il report segnala in particolare Verona, Cremona, Padova e Catania, Milano, Vicenza, Rovigo e Palermo. E la situazione non è molto diversa relativamente ai dati sul biossido di azoto. Sono 44 le città capoluogo che non rispettano i nuovi valori di 20 µg/m³, con situazioni più critiche a Napoli, Palermo, Milano e Como. In queste città, la riduzione di NO2 nell’aria, nei prossimi 5 anni, dovrà essere ancor più elevata, variando tra un 40% e un 50%.
“Dobbiamo accelerare drasticamente il passo”, ammonisce Giorgio Zampetti, direttore generale di Legambiente. “È una corsa contro il tempo che deve partire dalle città ma richiede il coinvolgimento di regioni e governo. Servono azioni strutturali non più rimandabili: dalla mobilità, con un trasporto pubblico locale efficiente e che punti drasticamente sull’elettrico e più spazio per pedoni e ciclisti, alla riqualificazione energetica degli edifici, fino alla riduzione delle emissioni del settore agricolo e zootecnico, particolarmente critico nel bacino padano”.
La campagna Città2030
Legambiente ha intanto dato il via alla campagna itinerante “Città2030, come cambia la mobilità”, che fino al 18 marzo farà tappa in 20 città. Obiettvo: provare a capire quanto manca alle aree urbane per avere un sistema di trasporto sostenibile, efficiente, accessibile e che renda le strade più sicure, a partire dagli utenti più deboli come i pedoni e i ciclisti. Il programma prevede incontri con amministrazioni locali, esperti e cittadini per discutere le sfide della mobilità da vincere entro il 2030.
Sono previste anche altre iniziative pubbliche in piazza, come flash mob, presidi e attività di bike to school, con focus su Tpl, sharing mobility e mobilità elettrica. Dopo la prima tappa a Milano (dove la campagna tornerà anche il 14 febbraio), il calendario prosegue a Genova (11 e 12 febbraio), Firenze (13 e 14/2), Prato (14/2), Modena (22/2), Bologna (24/2), Torino (27/2), Padova (28 febbraio e 1 marzo), Perugia (28/2 e 1/3), Pescara (5/3), Trieste (6/3), Napoli (7/3), Messina (7 e 8/3), Olbia (7 e 8/3), Avellino (10/3), Reggio Calabria (13/3) e Brindisi (14/3).
Preceduta da 2 tappe “spin-off” a Cassino e Pomigliano d’Arco, dedicate alla crisi del settore automotive, la chiusura del tour avverrà il 17 e il 18 marzo a Roma, dove è stato organizzato, presso la Sala delle Bandiere della Rappresentanza in Italia della Commissione Europea, anche il “Forum Mobilità: dalle politiche urbane a quelle industriali. Come cambia la mobilità in Italia?”.
Alberto Minazzi