Lutto regionale nel giorno delle esequie, nella basilica di Santa Giustina, a Padova, della giovane vittima di femminicidio . Il messaggio del papà Gino: “Si trasformi la tragedia in una spinta per il cambiamento”
Nulla ha potuto il freddo, con la colonnina di mercurio vicina a zero gradi, né la pioggia.
Per quanto grande, la basilica di Santa Giustina, a Padova, ha potuto accogliere solo 1.200 persone per l’ultimo saluto a Giulia Cecchettin, la 22enne di Vigonovo, nel Veneziano, vittima di femminicidio per mano dell’ex fidanzato nella notte tra l’11 e il 12 novembre scorsi.
Ma erano almeno 7 mila, provenienti da tutta Italia, con moltissimi giovani, coloro che hanno voluto essere presenti all’esterno, seguendo le esequie sui maxischermi e pregando insieme per lanciare un messaggio che vada oltre il dolore.
E il “fare rumore” in memoria di Giulia, richiesto da più parti, è esploso al momento dell’uscita del feretro dalla basilica.
Proprio in mezzo alla folla, uno striscione ha riassunto in una frase tutta la commozione nel ricordo di chi ha conosciuto la ragazza: “Un raggio di sole rapito alla vita”.
Prima che il vescovo di Padova, Claudio Cipolla, che ha celebrato il funerale con altri 26 sacerdoti, dichiarasse dal pulpito, aprendo la cerimonia: “L’addio a Giulia sia un corale abbracciarsi e stringersi: a lei, soprattutto, alla sua famiglia e a tutti i suoi ideali”.
Il messaggio di speranza di papà Gino
La scelta della famiglia di celebrare il funerale in una chiesa così grande, per elaborare il lutto con la comunità non solo locale, ma di tutto il Paese, è stata presa proprio per far sì che dalla tragedia di Giulia possa scaturire un reale cambiamento nella società.
Il senso di tutto questo è emerso con grande forza nel messaggio che il padre della ragazza, Gino Cecchettin, ha letto al termine della celebrazione.
“Ci ha travolto una tempesta terribile – ha esordito – e anche adesso questa pioggia di dolore sembra non finire mai”. “In questo momento di dolore e tristezza – ha quindi aggiunto – dobbiamo trovare la forza di reagire, di trasformare questa tragedia in una spinta per il cambiamento. La vita di Giulia, della mia Giulia, ci è stata sottratta in modo crudele. Ma la sua morte può, anzi deve essere il punto di svolta per porre fine alla terribile piaga della violenza sulle donne”.
“Che la memoria di Giulia – ha concluso – ci ispiri a lavorare insieme per creare un mondo in cui nessuno debba mai temere per la propria vita. Io non so pregare, ma so sperare: voglio sperare insieme a te, Giulia, e alla mamma, insieme a Elena e Davide e a tutti voi qui presenti, che tutta questa pioggia di dolore fecondi il terreno delle nostre vite. E voglio sperare che un giorno possa germogliare e che produca il suo frutto di amore, di perdono e di pace”.
La chiamata alla responsabilità
Nel suo messaggio, Cecchettin ha così chiamato tutti a raccolta, perché possa davvero cambiare qualcosa “Il femminicidio – ha detto – è spesso il risultato di una cultura che svaluta la vita delle donne, vittime proprio di coloro che avrebbero dovuto amarle. Come può accadere tutto questo? Come è potuto accadere a Giulia? Ci sono tante responsabilità, ma quella educativa ci coinvolge tutti”.
“Mi rivolgo – ha proseguito – per primo agli uomini, perché noi per primi dovremo dimostrare di essere agenti di cambiamento contro la violenza di genere. Parliamo agli altri maschi, sfidando la cultura che tende a minimizzare la violenza da parte di uomini apparentemente normali. Ascoltando le donne e non girando la testa di fronte ai segnali di violenza, anche i più lievi”.
“A chi è genitore come me – ha aggiunto – parlo con il cuore: insegniamo ai nostri figli il valore del sacrificio e dell’impegno e aiutiamoli anche ad accettare le sconfitte. È essenziale che i giovani imparino a comunicare autenticamente, a guardare negli occhi degli altri. Abbiamo bisogno di trovare la capacità di ascoltare e di essere ascoltati”.
“La scuola – ha poi sottolineato – ha un ruolo fondamentale nella formazione dei nostri figli. La prevenzione della violenza di genere inizia nelle famiglie, ma continua nelle aule scolastiche. Anche i media giocano un ruolo cruciale da svolgere in modo responsabile. Da questo tipo di violenza, che solo apparentemente è personale e insensata, si esce soltanto sentendosi tutti coinvolti, anche quando sarebbe facile sentirsi assolti”.
L’omaggio delle istituzioni e della Chiesa
“Alle istituzioni politiche – ha concluso Gino Cecchettin, che, come gli altri familiari, indossava il fiocchetto rosso simbolo della lotta alla violenza di genere – chiedo di mettere da parte le differenze ideologiche per affrontare unitariamente il flagello delle differenze di genere”.
Un messaggio che ha avuto dei destinatari immediati. Perché in prima fila, al fianco di Gino e dei fratelli di Giulia, Elena e Davide, si sono strette le autorità regionali e nazionali.
A rappresentare il Governo è intervenuto il ministro della Giustizia, Carlo Nordio. Al suo fianco, il presidente del Veneto, Luca Zaia, che ha disposto la giornata di lutto regionale e posto a mezz’asta le bandiere delle sedi ufficiali e illuminando di rosso Palazzo Balbi per tutta la notte.
Ma hanno voluto essere presenti anche a circa 100 sindaci veneti, a partire da quello di Vigonovo, che ha disposto la chiusura di negozi e uffici comunali durante le esequie.
Ad accogliere, tra gli applausi, la bara bianca a Santa Giustina, all’esterno della quale era stata posizionata la gigantografia di Giulia esposta nei giorni scorsi nel Municipio di Vigonovo, sono stati i sacerdoti di Vigonovo, dove viveva Giulia, e di Saonara, dove è stato trasferito il feretro dopo le esequie, per raggiungere la mamma Monica, deceduta lo scorso anno, dopo una seconda cerimonia più riservata.
L’omelia di monsignor Cipolla
E se il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, aveva affidato il suo pensiero, ieri, a un messaggio in cui ha ricordato “quanto intenso sia lo sforzo ancora da compiere per realizzare un cambiamento radicale di carattere culturale, anche il vescovo di Padova, nella sua omelia, ha lanciato alcune sollecitazioni in tal senso.
“Abbiamo bisogno – ha iniziato – di parole e di gesti di sapienza per ritrovare anche solo un piccolo spiraglio di luce”.
“La conclusione di questa vicenda – ha poi aggiunto – lascia amarezza, tristezza, a tratti anche rabbia, ma anche il desiderio di trasformare il dolore in un impegno per edificare un mondo migliore. Il sorriso di Giulia mancherà. Ma tutti noi di Giulia dobbiamo custodirne la voglia di vivere, le progettualità, le passioni. Ai giovani dico che possiamo amare di più e meglio”.
“Insegnaci Signore – ha concluso il vescovo – la pace tra generi. Ti domandiamo, Signore, la pace nei rapporti tra generazioni. E chiediamo la pace nel cuore anche per Filippo e la sua famiglia”.
Alberto Minazzi