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L'Italia delle culle si svuota sempre di più

L'Italia delle culle si svuota sempre di più

Pubblicato dall’Istat l’aggiornamento al 2024 dei dati sugli indicatori demografici: superato il minimo storico della fecondità per donna

Al 1° gennaio 2025, le persone residenti in Italia hanno toccato 58 milioni e 934 mila. I dati Istat contenuti nell’appena pubblicato report relativo agli indicatori demografici per l’anno 2024 confermano dunque che il calo demografico iniziato nel 2014 nel nostro Paese continua ininterrottamente. Considerato che, in un anno, si sono persi 37 mila cittadini, cioè lo 0,6 per mille, l’Istituto può però definire questo calo “progressivo ma non vistoso”, anche perché “in linea con l’ultimo biennio”: -0,4 per mille nel 2023 e -0,6 per mille 2022. A far suonare il campanello d’allarme è piuttosto un altro aspetto: il nuovo record negativo assoluto dell’indice di fecondità.

L’Italia che non fa più figli

Il precedente livello minimo del numero di figli per donna, ricorda l’Istat, si era toccato nel 1995, a quota 1,19. Con l’ulteriore calo della fecondità, questo indice lo scorso anno si è attestato a 1,18. La punta più alta di questo indice, pur con una perdita del -0,04 negli ultimi 12 mesi, si è registrata ancora in Trentino Alto-Adige (1,39 figli per donna), davanti a Sicilia e Campania. A incidere su questa statistica è anche la continua crescita dell’età media in cui le italiane partoriscono, attestata ora a 32,6 anni, con un incremento di +0,1 rispetto al 2023. E risulta più bassa nelle 3 regioni più feconde, a partire dai 31,7 anni della Sicilia. Tra le grandi ripartizioni territoriali, la forbice va dai 32,3 anni del Sud ai 33 del Centro (con quella più elevata, 33,3, in Lazio). La fecondità tocca i livelli più bassi ancora in Sardegna (0,91 figli in media per donna), davanti a Molise (1,04) e Valle d’Aosta (1,05, con anche la flessione maggiore dagli 1,17 del 2023). I bambini nati in Italia nel 2024 sono stati così appena 370 mila, contro, per esempio, i 526 mila del 1995. Il calo demografico è più sensibile nelle aree interne del Mezzogiorno, con una perdita di circa il 5 per mille in un anno e una riduzione della popolazione in 4 comuni su 5. E anche la dimensione media delle famiglie, in Italia, in 20 anni è scesa da 2,6 a 2,2 componenti.

Ma aumenta la speranza di vita

Se la natalità è in discesa (la diminuzione percentuale rispetto al 2023 è stata esattamente del -2,6%), lo è però ancor più marcatamente la mortalità, che si è attestata lo scorso anno a 11 decessi ogni 1.000 italiani, con un -3,1% rispetto al 2023 e il dato più basso dal 2019. Con 651 mila morti in 12 mesi, circa 20 mila in meno nel confronto su base annua, il dato si presenta così più in linea con i livelli pre-Covid che con quello del triennio 2020-2022. Ciò però non basta per colmare il cosiddetto “saldo naturale”, visto che le persone decedute sono state 281 mila più dei neonati. Così come non basta l’aumento dell’1,6 per mille dei residenti al Nord (anche qui guida il Trentino Alto Adige, al +3,1 per mille insieme all’Emilia Romagna) per compensare la perdita di popolazione del Centro (-0,6 per mille) e soprattutto del Sud (-3,8 per mille, con il saldo peggiore in Basilicata: -6,3 per mille). Il rapporto Istat in ogni caso evidenzia una “rilevante crescita della speranza di vita”. Chi nasce in Italia può mediamente aspirare a raggiungere gli 83,4 anni, quasi 5 mesi in più del 2023. Sul territorio nazionale l’aspettativa di vita media è di 81,4 anni per gli uomini e 85,5 per le donne. I valori più alti si registrano al Nord (82,1 e 86 anni) e i più bassi al Sud (80,3 e 84,6), con i picchi del Trentino Alto-Adige (82,7 e 86,7) in positivo e della Campania (79,7 e 83,8) in negativo.

La dinamica migratoria

A incidere sul numero dei residenti sono ovviamente anche i saldi migratori. In generale, si è registrato un aumento del +3,2 dei cittadini stranieri che vivono in Italia, arrivati al 1° gennaio 2024 a 5,308 milioni, 166 mila in più rispetto all’anno precedente. Grazie alle 435 mila immigrazioni dall’estero il saldo migratorio è salito a +274 mila unità. E questo nonostante l’Istat evidenzi un “boom delle emigrazioni per l’estero”, che sono state 191 mila: il +20,5% rispetto al 2023. Fa riflettere che, di queste, ben 156 mila abbiano riguardato cittadini italiani che espatriano, con un incremento del +36,5%, mentre sul fronte dell’immigrazione sono stati solo 53 mila i rimpatri di nostri connazionali. Un dato in aumento a livelli record, infine, è anche quello dei cittadini stranieri residenti che hanno ottenuto la concessione della cittadinanza italiana: le acquisizioni sono state 217 mila, superando il precedente picco di 214 mila del 2023.

Alberto Minazzi

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Tag:  istat, nascite