La Regione potrebbe puntare a sforare la spesa sanitaria come concesso dal nuovo decreto del Governo
“L’anno scorso, a giugno, avevamo oltre 128 mila visite “in galleggiamento”, cioè pazienti in attesa di una data per la categoria “D”, che significa 30 giorni d’attesa in Veneto, il doppio nel resto dell’Italia. Oggi ne abbiamo 17 mila.
Vuol dire che si è sfoltito bene e ringrazio tutti quelli che stanno lavorando nella sanità, a iniziare dai medici”.
Così il presidente del Veneto, Luca Zaia, ha fatto il punto su un tema che sta vivendo ore cruciali: quello delle liste d’attesa.
Perché la battaglia contro i tempi lunghi per farsi curare, “malattia” che cronicamente affligge i tempi della sanità, è entrata nel vivo anche a livello nazionale, con le recenti decisioni del Governo tradotte in un decreto legge e in un disegno di legge. E le singole Regioni, proprio sulla base di questi provvedimenti, possono così richiedere già nel 2024 l’autorizzazione a elevare del 15% il tetto di spesa sanitaria fino al calcolo sull’effettivo fabbisogno previsto per il 2025.
Al momento non risultano richieste ufficialmente presentate in tal senso, anche se probabilmente ciò si lega al fatto che il provvedimento è troppo recente perché ci possano essere ancora state formalizzazioni delle domande. Ma sarebbero diverse, a quanto sembra, le Regioni interessate. Proprio Zaia, per esempio, aveva commentato così: “Ben venga questa operazione, anche perché, come insegna la saggezza popolare, quel che non strozza ingrassa”.
In ogni caso, è in arrivo un nuovo piano regionale per l’abbattimento delle liste d’attesa. Che si va ad aggiungere a quanto già attivato a febbraio, quando la Regione Veneto, sfruttando proprio un’autorizzazione a spendere in deroga le risorse finalizzare del Fondo sanitario nazionale, ha deciso di utilizzare tutto lo 0,4% del livello di finanziamento indistinto del fabbisogno nazionale standard proprio per l’alleggerimento delle liste d’attesa.
Circa 40 milioni di euro.
Il contrasto alle liste d’attesa in Veneto
“Il Veneto questo massimo dello 0,4% autorizzato dal Governo lo utilizzerà tutto”, aveva dichiarato nell’occasione Zaia. Sottolineando anche i “risultati lusinghieri” che il Veneto sta ottenendo nella lotta alle liste d’attesa grazie agli oltre 29 milioni del 2023 destinati a tal fine. Il budget aggiuntivo, ha spiegato allora l’assessore regionale alla Sanità, Manuela Lanzarin, serve per finanziare l’attività aggiuntiva del personale sanitario e acquistare prestazioni in convenzione con le strutture private accreditate.
Una linea politica che lascia insomma presupporre come il Veneto non si lascerà sfuggire anche la nuova opportunità. “Sono da sempre convinto – sono sempre parole di Zaia di commento al decreto – che la sanità vada gestita a livello regionale, perché è nell’ultimo miglio, come abbiamo dimostrato con la pandemia, che si risolvono i problemi”. Non a caso, il Veneto è stato il primo, 10 anni fa, ad aprire gli ospedali anche di notte.
Cosa prevede il decreto
Il pacchetto illustrato a inizio giugno dal ministro della Salute, Orazio Schillaci, si struttura su misure urgenti per la riduzione dei tempi delle liste d’attesa, comprese nel testo del decreto legge, ed altre di garanzia sulle prestazioni sanitarie, inserite invece nel disegno di legge. Nell’immediato si parla per esempio di visite al sabato e alla domenica, di Cup unico regionale o infraregionale, di un primo monitoraggio puntuale e reale dei tempi di erogazione delle prestazioni.
Se le prestazioni non vengono erogate nei tempi previsti dalle vigenti classi di priorità, le Aziende sanitarie dovranno così garantire al cittadino la prestazione in intramoenia o attraverso il privato accreditato. Al tempo stesso, nel 20% dei casi in cui il cittadino non effettua la visita o l’esame prenotato senza preavviso dovrà pagare ugualmente il ticket. Previsto anche un registro nazionale delle segnalazioni dei cittadini sui disservizi.
È però sul fronte economico-finanziario che è stato previsto l’intervento più significativo, con il già citato possibile innalzamento immediato del 15% della spesa per il personale da parte delle Regioni, del 20% delle tariffe orarie per il personale che presta servizi aggiuntivi e una dotazione di 100 milioni per recuperare le liste d’attesa attraverso l’impiego di specialisti ambulatoriali interni.
Dal 2025, sarà quindi abolito il tetto di spesa per il personale, con un nuovo meccanismo, sarà legato al calcolo di un fabbisogno standard.
L’acquisto di prestazioni dal privato convenzionato
Oltre alla possibilità di chiamare anche gli specializzandi per abbattere le liste d’attesa e la previsione di misure di contrasto contro il fenomeno dei “gettonisti”, attraverso la possibilità di assunzione con contratti di lavoro autonomo, il decreto affronta anche l’acquisto di prestazioni da privato convenzionato, aumentando la quota del Fondo sanitario nazionale spendibile a tal fine per il 2025 e il 2026.
Sul tema è tornato sempre il presidente Zaia.
“Io spero – ha dichiarato – che pian piano si possano avere medici assunti in pianta stabile. Trovandoli. Perché noi, con Azienda Zero, facciamo almeno 1 bando di concorso per assunzioni ogni 3 giorni. Ma molti di questi bandi hanno gran parte dei posti non coperti perché non ci sono candidati. Da dati recenti, sono pochissime le iscrizioni alla scuola di specializzazione di medicina e chirurgia, addirittura nessuna per radioterapia. Significa che mancano i medici e lo si vede anche in queste fasi: in Italia ne mancano 50 mila, in Veneto 3.500”.
Alberto Minazzi