I lavori iniziati nel 2019 e appena conclusi, hanno permesso la ricostruzione del paesaggio antico anche recuperando importanti informazioni ambientali
Lio Piccolo è un borgo suggestivo immerso nella natura delle valli da pesca che lo circondano tra canali e barene.
Una frazione del Comune di Cavallino-Treporti, nella laguna di Venezia, dove il tempo sembra essersi fermato e cielo e acqua diventano quasi un tutt’uno.
La località cela nel suo sottosuolo i resti dell’antico litorale di epoca romana.
Proprio qui, gli antenati dei veneziani avevano collocato importanti infrastrutture per lo sfruttamento delle risorse costiere: il sale, con imponenti saline e il pesce, pescato in mare e allevato in laguna.
A capo di queste strutture vi erano le “ville” che fungevano come centri di controllo per l’organizzazione del lavoro e dove risiedevano le élite che controllavano le produzioni e gli schiavi lavoranti. Una di queste è Villa Romana del Sale, al centro della campagna di scavo archeologico appena conclusasi, nell’ambito del Progetto “Vivere d’Acqua, Archeologie tra Lio Piccolo e Altino” diretto dal professor Diego Calaon, coordinato dalla professoressa Daniela Cottica dell’Università Ca’ Foscari di Venezia e realizzato in collaborazione con il Comune di cavallino-Treporti e la Soprintendenza ABAP per il Comune di Venezia e laguna.
Lo spazio produttivo di epoca romana tra pesca e sale
Lo scavo archeologico complessivo, un grande progetto di archeologia pubblica e partecipata che si è svolto con un particolare coinvolgimento della comunità raccogliendo informazioni, interessi e quanto potesse essere utile per la comprensione del paesaggio storico, ha permesso di comprendere come l’intera Villa Romana fosse stata progettata in modo integrato, sia per la parte produttiva che quella residenziale. La struttura, rivolta verso l’attuale laguna, dava le spalle a imponenti dune di sabbia, forse alte anche più di dieci metri, che la proteggevano e, a un centinaio di metri di distanza verso oriente, la separavano dal mare e dalle onde.
Che cosa si produceva a Villa Romana? Dai ritrovamenti avvenuti nel corso degli anni – i pesi di piombo e terracotta per le reti e la presenza di una vasca, probabilmente un vivarium – si deduce che la pesca era allora una risorsa fondamentale.
Tuttavia, la presenza di un magazzino a piattaforma ligneo, in quello che gli studiosi ritengono fosse il retro della Villa, fa pensare che vi fosse anche la produzione del sale.
E’ uno spazio di grandi dimensioni che si pensa fosse utilizzato per lo stoccaggio e come area di lavoro. Ipotesi che viene rafforzata dal ritrovamento di anfore sugli argini che probabilmente delimitavano gli spazi salinatori.
Gli scavi di Lio Piccolo aperto al pubblico
Nell’ultima campagna di scavo svoltasi tra i mesi di aprile e giugno 2024, sono anche stati ritrovati dei vani, dei cubicula, di poco meno di tre metri per lato, ovvero le stanze da letto e di servizio per chi faceva funzionare la struttura, vi lavorava e risiedeva in maniera permanente. Altri ambienti allineati con queste stanze si trovano a pochi metri di distanza: sono spazi pavimentati in antico mosaico, successivamente spoliati nel tardo VI secolo – inizio VII secolo d.C , quando la struttura è stata definitivamente abbandonata e tutti i materiali edilizi recuperati per riusarli. Lo scavo nelle ultime quattro settimane è stato aperto al pubblico con una ventina di appuntamenti per semplici visitatori e archeologi che si sono confrontati sulla ricostruzione del paesaggio antico, le modalità di fruizione del patrimonio culturale lagunare e la sostenibilità dell’uso turistico di questi fragili spazi.
Come ha precisato la co-direttrice dei lavori Daniela Cottica, lo scavo ultimo ha permesso anche di recuperare importanti informazioni ambientali.
In epoca romana, a differenza della fase precedente, si nota un grande sfruttamento del paesaggio boschivo che inizia a essere usato in maniera intensiva anche per l’attività edilizia e produttiva, lasciando posto a uno spazio acqueo circondato da aree di pastura, coltivazioni tra cui vite, ulivo e cereali. L’ambiente rimane salmastro con una vegetazione di tipo anfibio e lagunare. Da parte sua il sindaco e l’assessore alla Cultura e Turismo di cavallino-Treporti Roberta Nesto e Alberto Ballarin hanno sottolineano che attraverso lo studio e la ricostruzione degli archeologi, grazie anche alla tecnologia e al multiverso, si guarda in direzione della valorizzazione di cavallino-Treporti come simbolo anche di turismo culturale , oltre ad essere la prima spiaggia d’Italia.