Lo studio delle Università di Cambridge e Magonza basato sugli anelli degli alberi e teme per quest’anno la combinazione gas serra-El Nino
Il record di estate più fredda degli ultimi due millenni, quella che, sulla base delle ricostruzioni, ci sarebbe stata nel 536, sembra intoccabile.
Il primato opposto, però, quello di estate più calda nell’arco di duemila anni, è appannaggio di quella 2023, con 3,93 gradi in più rispetto al già citato 536.
Lo affermano i risultati, anticipati sulla rivista Nature, ottenuti da un gruppo di studiosi delle Università di Cambridge e Gutenberg di Magonza. Che prevedono anche la possibilità di un’estate 2024 ancor più calda, per l’influsso di El Nino.
Mezzo grado oltre la variabilità climatica
Le primissime misurazioni strumentali della temperatura riportate dagli archivi risalgono alla metà del XIX secolo.
Per coprire un arco temporale di 2 mila anni, il team di ricercatori si è allora basato sull’incrocio di queste prime registrazioni, relativamente all’aria superficiale dell’emisfero Nord nel periodo giugno-agosto, con le informazioni sul clima che possono essere ricavate dall’analisi degli anelli degli alberi più antichi.
In tal modo, come riporta l’abstract dello studio, è stato possibile dimostrare che l’estate 2023 è stata quella extratropicale più calda, dal pre-Antropocene a oggi, “superando l’intervallo di confidenza del 95% della variabilità climatica naturale di oltre mezzo grado Celsius”. “Questo estremo – concludono gli studiosi – sottolinea l’urgenza di attuare accordi internazionali per le emissioni di carbonio”.
Clima: gli alberi raccontano
Utilizzare l’analisi degli anelli degli alberi per ricavarne informazioni sul clima relativamente a periodi non coperti da rilevazioni scientifiche non è una novità assoluta.
Le ricostruzioni si basano sull’ampiezza o sulla densità degli anelli, che dipendono in gran parte dalla temperatura al momento della loro formazione.
Uno studio internazionale, coordinato dall’Università di Padova e dall’Istituto federale svizzero di ricerca per la foresta, la neve e il paesaggio e pubblicato da Nature, ha di recente elaborato un metodo innovativo per valutare con precisione, attraverso le misurazioni col laser delle pareti cellulari di 188 pini silvestri della Scandinavia, anche gli ulteriori fattori che influiscono sulle caratteristiche degli anelli: dagli incendi, alla siccità, ai parassiti.
In tal modo è stato possibile ricavare dati fisici che hanno portato alla conclusione, in linea con le indicazioni dei modelli climatici, secondo cui la fase calda medievale è stata più fredda di quanto sia stato ipotizzato finora e che quella di riscaldamento attuale non ha avuto simili negli ultimi 1.200 anni.
Caldo e freddo, tra El Nino ed eruzioni vulcaniche
L’aumento globale delle temperature legato ai gas serra negli ultimi 60 anni, è la spiegazione scientifica del record, è stato ulteriormente amplificato dalle condizioni di El Nino, cioè il fenomeno climatico che provoca un forte riscaldamento delle acque superficiali dell’Oceano Pacifico, con conseguenti ondate di calore più lunghe e periodi prolungati di siccità.
Una condizione che sta proseguendo, facendo prevedere un’estate 2024 con possibili nuovi record.
Non sembrerebbero invece in vista grandi eruzioni vulcaniche ricche di zolfo, eventi che, al contrario, emettendo in atmosfera enormi quantità di aerosol, hanno anticipato la maggior parte dei periodi più freddi degli ultimi duemila anni, come la “piccola era glaciale” del VI secolo o l’inizio del XIX secolo.
Alberto Minazzi