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Lavoro: serve almeno il diploma, ma la laurea conta

Lavoro: serve almeno il diploma, ma la laurea conta

Istat aggiorna l’indagine sul rapporto tra livelli di istruzione e ritorni occupazionali. Le differenze territoriali e di genere e l’incidenza dei genitori sui figli

Il famoso “pezzo di carta” ha ancora un peso fondamentale per chi cerca un lavoro.

“Il diploma è considerato il livello di formazione minimo indispensabile per una partecipazione al mercato del lavoro che abbia potenziale di crescita professionale”, afferma l’Istat, che ha appena pubblicato l’aggiornamento dell’indagine relativa al rapporto tra livelli di istruzione e ritorni occupazionali.

E se si prosegue con il percorso formativo, arrivando fino alla laurea, la possibilità di trovare un’occupazione sale ulteriormente: di 11 punti percentuali e addirittura del +15,7% tra gli under 35 che hanno conseguito il titolo nei precedenti 3 anni.

Ecco perché, scorrendo il rapporto dell’Istituto di statistica, tra i dati che fanno riflettere c’è soprattutto quello secondo cui il livello di istruzione dei genitori risulta avere un’incidenza significativa sulla scelta dei figli di proseguire o interrompere gli studi.

Titolo di studio e occupazione: i dati italiani

In generale, dunque, tra chi ha tra 25 e 64 anni l’84,3% dei laureati ha un posto di lavoro, contro il 73,3% dei diplomati e il 54,1% per chi ha un titolo secondario inferiore. L’Istat ricorda che, in questa ampia fascia d’età è pari al 65,5% la quota di persone che ha almeno un titolo di studio secondario superiore, con una crescita del +2,5% dal 2022 al 2023. In un anno, è aumentata anche la percentuale dei laureati, saliti al 21,6% (+1,3%).

Il tasso di disoccupazione, fa quindi notare l’Istat, è significativamente più basso per i laureati (3,6%) rispetto ai diplomati (6,2%) e a chi si è fermato alle scuole medie (10,7%). Nel 2023, la crescita dell’occupazione ha riguardato comunque tutte le categorie di titoli di studio, mantenendo sostanzialmente invariate le differenze. Il tasso è cresciuto infatti del +0,8% per chi ha un titolo basso, del +1% per chi ha un diploma e del +0,9% per chi ha un titolo terziario.

Le differenze con l’Europa

Riguardo al titolo di studio, l’indagine fa notare che, pur migliorando, l’Italia resta però indietro rispetto ai principali Paesi del continente e alla media dell’Unione europea sia per quanto riguarda la quota di almeno diplomati che per la percentuale di laureati. Nel primo caso, i valori del nostro Paese sono leggermente superiori alla Spagna (64,2%), ma inferiori a Francia (83,7%), Germania (83,1%) e media Ue27 (79,8%).

Il 35,1% degli europei sono invece laureati, con un 42,4% in Francia e un 41,4% in Spagna. E va aggiunto che l’Italia paga nei confronti del resto dell’Unione un gap anche relativamente al peso che gioca la laurea nella ricerca del lavoro. Il tasso di occupazione medio dell’Ue27, dell’87,6%, supera infatti quello italiano del 3,3%. Una differenza che si nota ancor più per i neolaureati tra 30 e 34 anni: in Italia il loro tasso di occupazione è del 75,4%, nell’Unione dell’87,7%.

Abbandonare gli studi: una scelta pericolosa

Particolarmente problematica è la situazione per i giovani tra i 18 e i 24 anni che abbandonano precocemente gli studi. Il loro tasso di occupazione, rileva l’Istat, è globalmente del 44,4%, con una netta differenza legata al sesso. È riuscito infatti a trovare un posto il 53,4% dei ragazzi che hanno lasciato anzitempo la scuola, mentre la percentuale di ragazze che è entrata nel mondo del lavoro in questa condizione è appena del 27,8%.

In questa prospettiva, l’indagine rileva che quando i genitori hanno un basso livello di istruzione quasi un quarto dei giovani (24%) abbandona precocemente gli studi e solo il 12,8% tra chi ha 25 e 34 anni raggiunge il titolo terziario (il 40,3% se almeno un genitore è diplomato). Con almeno un genitore laureato, le quote diventano rispettivamente del 2% e del 67,1%. Un’associazione tra contesto familiare e titolo di studio decisamente meno stretta per le giovani donne.

Il gap di genere e territoriale

I dati, del resto, dicono che in Italia le donne, nella fascia 25-64 anni, sono al tempo stesso più istruite, ma meno occupate. Il 68% ha almeno un diploma o una qualifica (contro il 62,9% degli uomini), le laureate sono il 24,9% (rispetto al 18,3% maschile). E anche se, al crescere del titolo di studio, il divario di genere si riduce maggiormente per le donne, il tasso di occupazione medio femminile è appena del 59% contro un 79,3% maschile.

In Italia, infine, si registra un divario sfavorevole al Sud anche sul piano dell’istruzione. Tra chi ha tra 25 e 64 anni, ha almeno un diploma solo il 39,6% (contro il 45% del Centro-Nord) e una laurea appena il 18,1% (rispetto al 22%), con un tasso di occupazione del 76,4% (al Nord ha un posto l’88,3% di chi ha conseguito un titolo terziario). Il gap è ancor più marcato se si guarda ai soli 30-34enni: l’occupazione dei laureati è rispettivamente del 70,8% al Meridione e del 90,6% tra i giovani settentrionali.

Alberto Minazzi

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