La testimonianza di Francesca Cipelli da Oriago, giovane campionessa dell’atletica leggera: «Non c’è nulla di impossibile»
Con i suoi vent’anni, Francesca Cipelli è l’astro nascente dell’atletica paralimpica italiana, essendo riuscita quest’anno a migliorare i propri primati in tutte le discipline (salto in lungo, 60, 100 e 200 metri piani), sia indoor che all’aperto. Ma, prima ancora, l’insegnamento che si può trarre da lei, così come da altri atleti paralimpici, a partire dalla più nota Bebe Vio, è la testimonianza che, con la volontà, si può andare oltre ogni limite. Anche quelli più difficili da accettare, come un’emiparesi dovuta ad un banale incidente scolastico a soli dieci anni.
Il messaggio che Francesca ha voluto lanciare a chiusura della chiacchierata per raccontarci la sua storia è infatti molto più importante di qualunque successo in pista. Perché è un messaggio di speranza, che invita chiunque abbia una difficoltà, per quanto grande essa sia, a non arrendersi. Mai. «Come dico spesso nelle scuole in cui vado a parlare come testimonial, mi rivolgo in particolare ai tanti disabili che scelgono di rimanere rinchiusi in casa, ritenendosi dei rifiuti della società in quanto non sanno che ci sono persone ed associazioni che possono accoglierli, motivarli e dare loro speranza. Ci sono tanti esempi, a partire da Bebe, ma anche altri atleti paralimpici, che dimostrano come non c’è nulla di impossibile. Invito dunque a contattarci, a scrivere a noi o alle organizzazioni che seguono gli atleti paralimpici, per porci qualunque domanda. Perché c’è davvero una speranza per tutti. E praticare uno sport, di qualunque tipo esso sia, reintegra nella società, oltre a dare benessere, sia fisicamente che psicologicamente. Per me, praticare uno sport ha significato la rinascita e mi ha fatto apprezzare l’atletica prima ancora che come disciplina, per l’ambiente con cui ti fa venire a contatto».
Il 2017 ha visto l’escalation dell’atleta di Oriago, che, dopo aver migliorato ai campionati italiani indoor di 8 centesimi il personale sui 60 metri, di mezzo secondo quello sui 200 e di 12 centimetri nel lungo, ha aperto la stagione all’aperto nella categoria T37 (quella degli atleti con emiparesi) con il record sui 200 nella tappa italiana del Grand Prix a maggio, migliorandosi poi di due decimi sui 100 metri e sfondando per la prima volta (con un miglioramento di 30 centimetri) la barriera dei quattro metri nel salto in lungo ai campionati italiani di Isernia a giugno. «Non è arrivato un ulteriore miglioramento sui 200 perché abbiamo disputato due gare lo stesso giorno, ma sono soddisfattissima così», commenta, da vera agonista.
Eppure, se non fosse stato per la sua disabilità, probabilmente Francesca non sarebbe mai arrivata ad essere una campionessa di atletica leggera. «Fin da piccola ho sempre fatto sport, di qualunque tipo, e prima dell’incidente giocavo a pallavolo. In seguito, dopo la riabilitazione e un anno di ginnastica curativa, su suggerimento della mia fisioterapista russa in prima superiore ho iniziato a fare atletica, perché desideravo riavvicinarmi ai miei coetanei e volevo riprendere a muovermi, anche perché altrimenti avrei perso ulteriori abilità. Mai e poi mai avrei però pensato di diventare una campionessa. Anzi, anche la prima gara è stata una sorpresa: a gennaio del 2013, dopo aver fatto visionare un mio video alla Fispes a Roma, la mia allenatrice mi disse che a marzo avrei partecipato ai campionati italiani, pur senza aver mai disputato prima una gara…».
E, dal primo contatto col mondo paralimpico, è partito un vero e proprio amore per queste discipline e questo mondo. «Ho capito subito l’essenza del paralimpismo: far sentire tutti uguali, al di là delle proprie carenze, semplicemente avendo a che fare con gente che aveva un certo passato. La considerazione generale verso queste discipline, negli ultimi anni, è molto cresciuta, grazie a tutti coloro che ci tengono in maniera particolare a questo movimento. Bebe Vio è una di queste, chiaro esempio di come da una disabilità possono nascere abilità diverse. È logico che tutti, un giorno, vorrebbero vincere una medaglia d’oro; ma già tutto quello che fanno giornalmente gli atleti paralimpici è segno di grande forza morale e mentale. È dire che la vita non è finita, ma anzi comincia da qui». (A.M.)
Fancesca Cipelli, nata il 23 febbraio 1997 a Dolo, risiede a Oriago. Diplomata all’istituto Vendramin-Corner con indirizzo socio-sanitario è iscritta alla facoltà di Scienze dell’educazione allo Iusve di Mestre. A causa di uno scontro fortuito con un altro bambino in palestra, a dieci anni riporta un trauma cranico encefalico che, nonostante la pronta operazione a Padova, gli provoca un’emiplegia spastica alla parte destra del corpo. Dopo tre anni di recupero al centro Nostra famiglia di Conegliano, viene seguita nella riabilitazione da Natalia Marcenco, che la avvicina al mondo dell’atletica leggera. Debutta in Nazionale giovanile con la Fispes (la Federazione Sport Paralimpici e Sperimentali) nel 2015, partecipando ai Mondiali junior (due quarti posti), con poi due quinti posti agli Europei assoluti di Grosseto, e conquista diversi titoli italiani categoria T37 nel salto in lungo e nelle discipline veloci (100 e 200 metri). Allenata da Raffaele Sartorato e tesserata per Veneto Special Sport, è seguita nella preparazione atletica da Claudio Pavanello di FisioSport Terraglio.