Venezia incanta. Ispira. E’ musa di un’arte senza tempo.
Non solo cornice, ma protagonista di tele indimenticabili, ritorna in veste contemporanea nella mostra “Verso sera a Venezia” di Antonio Amodio.
Veronese, classe 1972, Amodio è un artista molto apprezzato a livello internazionale.
Fino a marzo, le sue opere pittoriche e scultoree dedicate interamente alla città di Venezia saranno esposte a Palazzo Ferro Fini, sede del Consiglio regionale del Veneto, accanto a capolavori che variano da Canova a Nancy Genn.
Verso sera a Venezia
Raccontata con incredibile realismo e una libertà espressiva intensa, dipinta con tratti rapidi e incisivi, la Venezia di Amodio è ritratta in una tavolozza ridotta all’essenziale perché volta alla ricerca di una sintesi senza intermediazioni.
“La mostra Verso sera a Venezia nasce dalla necessità di dipingere Venezia, solo Venezia – spiega l’artista – nell’intento di ridare, almeno nei miei quadri, la sua naturale e sensuale bellezza, di ricreare la magia di una città tra acqua e cielo”. Nei dipinti di Antonio Amodio non c’è infatti l’uomo, né la vita cittadina. “Volevo trasmettere ai posteri l’idea di un luogo unico al mondo – continua Amodio- di una città che ha consacrato la sua bellezza, eppure risulta quasi umile, un luogo dove tutto è concesso e tutti sono ammessi. Il desiderio di lasciare per sempre traccia del proprio nome ha permesso a pittori, scultori, semplici tagliapietre umili e preziosissimi artigiani lignei di lavorare e in tutte le botteghe di creare la ricchezza culturale e artistica che ritroviamo nelle grandi scuole veneziane, nelle basiliche”.
Venezia punto di partenza e punto d’arrivo.
“Perché no? Questa è la domanda che mi sono posto osservando, studiando e ascoltando Venezia, camminando senza meta tra vicoli, calle, piazze, chiese, attraversando ponti e osservando le gondole”.
Particolare, in questa ricerca, la tecnica usata dall’artista: “Ho adoperato la tempera grassa, da secoli antica, una tecnica presente in tutte le botteghe di pittura Veneziane, per creare un palcoscenico naturale, dove l’assoluta protagonista rimane la città, la laguna, l’architettura e la magia dei suoi colori”.
Antonio Amodio ha iniziato la sua attività lavorativa e artistica a soli quattordici anni, orientando i primi studi sulle tecniche della scultura e del bassorilievo sotto la guida dell’artista Giovanni Massagrande, da cui ha appreso la tecnica dell’intaglio. Presto la sua curiosità e la sua sensibilità artistica lo hanno portano ad avvicinarsi al mondo della pittura. Ha iniziato così a studiare la figura umana e lo spazio urbano attraverso una tavolozza cromatica ristretta ma che ne evidenzia presto le numerose sfaccettature d’animo.
Fra le opere pittoriche esposte a Venezia, particolare valore ha un dipinto di san Pietro che diviene multi-sensoriale attraverso un QRcode che permette di ascoltare la voce del santo raccontare il proprio vissuto. Il monologo usato fa parte della raccolta ‘Gli apostoli che parlano‘ scritti dal biblista don Martino Signoretto, regia e voce a cura di Alessio Tessitore con traduzione in lingua inglese di Elisa Mosele.
Tra le sculture esposte, una quadriga lignea che celebra i quattro cavalli di epoca romana che, arrivati da Costantinopoli, da secoli osservano la città dalla facciata di San Marco.
“Voglio così ricordare a tutti che Venezia nasce dall’unione di culture diverse e lontane, tema molto importante in questo periodo storico” -precisa Amodio la cui mostra sarà aperta gratuitamente al pubblico fino al 12 marzo.
Amodio come De Pisis?
“Chiunque viene a Venezia – spiega il critico Philippe D’Averio, che ha presenziato all’inaugurazione della mostra- viene corrotto da questa città e capita che un uomo di terra, come Amodio, finisca per essere marinizzato. La sua pittura, ormai, è ‘in saor’: è come se avesse imparato da De Pisis, un altro ‘ de tera’ finito a Venezia che si è sciolto nell’atmosfera veneziana. Amodio ricorda molto De Pisis, certo un De Pisis del nuovo millennio ed è molto interessante vedere un convertito alla venezianità come Amodio che riprende una serie di radici e le porta avanti: vuol dire che la sua è cultura vera, perché la cultura vera ha radici e solo l’albero con radici dà frutti”.