Il Gateway di attracco delle navicelle per i prossimi sbarchi umani sulla luna
Il programma Artemis della NASA prevede di assemblare dal 2026 una stazione spaziale, il Lunar Gateway, che sarà un porto in orbita attorno al nostro satellite, al quale le navicelle spaziali potranno attraccare.
Dal Gateway si potrà scendere sulla superficie lunare e risalire utilizzando una navicella, che farà da “ascensore”.
Una volta sbarcati sulla superficie lunare, gli astronauti raggiungeranno l’Artemis Base Camp, la base permanente situata al polo sud, che permetterà di avere una presenza umana di lungo periodo.
La Luna non ha un’atmosfera e neppure un campo magnetico in grado di proteggere la sua superficie dalle radiazioni ed è sottoposta a una forte escursione termica fra la temperatura di una zona illuminata, che si aggira in media intorno a +150 °C e quella di una zona d’ombra in media intorno a -150 °C.
L’Italia gioca un ruolo di primo piano nella prospettiva della nuova Base lunare.
Abbiamo intervistato Barbara Negri, responsabile volo umano e sperimentazioni scientifiche dell’Agenzia Spaziale Italiana (ASI).*
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Dottoressa Negri, quali sono in concreto gli ostacoli da superare per realizzare una stazione permanente sulla Luna? Quali sono i rischi maggiori per salute degli astronauti?
La Luna non ha un’atmosfera e neppure un campo magnetico. Pertanto, non è protetta naturalmente dalle radiazioni, che rappresentano un serio pericolo per esposizioni prolungate in ambiente lunare di astronauti e anche di materiali. Le radiazioni sulla Luna sono molto superiori (200 volte) a quelle a cui sono sottoposti gli esseri umani sulla Terra e anche sulla Stazione Spaziale Internazionale (2-3 volte). Un astronauta che lavora sulla superficie della Luna riceverebbe in un giorno 1,3 milliSievert di radiazioni, che è più o meno paragonabile alla quantità di radiazione che un uomo riceve sulla Terra in un anno.
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Quali sono invece le difficoltà per la gestione sulla Luna di risorse primarie come acqua, ossigeno e cibo?
Un avamposto permanente sulla Luna dovrà essere sostenibile dal punto di vista delle risorse essenziali, in particolare il cibo e l’acqua saranno beni preziosi. Vista la grande distanza della Luna dalla Terra (380.000 km) non potremo portare tutte le razioni alimentari necessarie agli astronauti e bisognerà trovare un modo per produrre in loco il cibo. Far crescere le piante nello spazio sarà necessario per missioni spaziali di lunga durata. In questo modo, il cibo coltivato nello spazio potrebbe andare a coprire un quarto o addirittura la metà della razione giornaliera di cui necessita un astronauta.
Per quanto riguarda, invece, l’ossigeno, la regolite lunare è composta per il 45% proprio da ossigeno che si potrebbe estrarre mediante il processo di elettrolisi. Si tratta di un processo semplice, ma che richiede una gran quantità di energia. Per la sua realizzazione si dovrà sfruttare l’energia solare o un qualche altro mezzo di produzione di energia che dovremo portare dalla Terra. Ogni metro cubo di regolite lunare contiene in media 1,4 tonnellate di minerali, inclusi 630 kg di ossigeno e sappiamo che gli esseri umani hanno bisogno di circa 800 grammi di ossigeno al giorno per sopravvivere; pertanto, in linea teorica, 630 kg potrebbero supportare il bisogno di ossigeno di un astronauta per circa 2 anni.
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Stiamo assistendo ad una vera e propria corsa alla luna in cui la Cina è già presente con sonde in grado di studiare il lato nascosto della luna e il polo sud con l’obiettivo di prelevare anche per la prima volta dei campioni. Perché la Cina è più avanti?
Sono diversi i Paesi interessati alla corsa alla Luna per lo sfruttamento delle risorse lunari, non solo la Cina.
Ad Agosto 2023 l’India è stato il quarto Paese al mondo a sbarcare sulla Luna con la sonda Chandrayaan-3 e ha eseguito un corretto allunaggio in una zona vicino al Polo Sud lunare dispiegando anche un piccolo rover.
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Sappiamo che il sottosuolo lunare è ricco d’acqua tanto quanto la terra. Ci può dire se si tratta di acqua di buona qualità? Qual è l’origine dell’acqua presente sul nostro satellite?
Era nota da tempo la presenza di acqua sotto forma di ghiaccio nei crateri lunari in zone d’ombra e di molecole d’acqua all’interno delle rocce lunari, arrivata sul nostro satellite tramite il bombardamento di comete, asteroidi e meteoriti. Recentemente, è stata osservata la formazione di molecole di acqua che rimangono intrappolate all’interno di grani di vetro, fenomeno determinato dall’interazione del vento solare con la superficie lunare.
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E’ segnalata anche la presenza di preziose terre rare sulla Luna, ma quali difficoltà ci sarebbero per estrarle e trasportarle sulla terra?
Le terre rare sono rappresentate da 17 elementi chimici essenziali per l’industria elettronica e tecnologica, compresa quella “green”. Sulla Terra l’estrazione questi elementi richiedono processi costosi e per la maggior parte sono controllati dalla Cina, che ne detiene quasi la metà delle riserve. Metalli rari come lo scandio, il lantanio o l’ittrio sono preziosi in quanto strategici per l’industria del futuro e per la tecnologia militare, di cui si stima proprio la Luna possa diventare una grande miniera. La corsa alle terre rare interessa principalmente Stati Uniti, Unione Europea, Russia, Cina e India, ma anche Emirati Arabi Uniti e Giappone.
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Elio -3: ci può spiegare di cosa si tratta e in che modo potrebbe contribuire a un ciclo di energia basato su fusione nucleare superando per sempre i gravi pericoli dell’attuale processo di fissione?
L’elio-3 è un isotopo dell’elio, molto raro sulla Terra, che potrebbe fornire energia nucleare più sicura in un reattore a fusione, visto che non è radioattivo e non produrrebbe pericolosi rifiuti di scarto. La Luna dovrebbe avere consistenti depositi di elio-3; in particolare, la zona dell’equatore lunare è la posizione ideale dal punto di vista energetico, in quanto le regioni più esposte alla luce diretta del Sole dovrebbero avere probabilmente dei depositi di elio-3. Si deve anche considerare che l’elio-3 rappresenta una potenziale fonte di energia, non solo sulla Luna, ma anche sulla Terra.
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Negli anni 70 gran parte della tecnologia terrestre derivava dalle innovazioni conseguenti la missione Apollo della NASA. Oggi in quale modo la ricerca spaziale potrebbe contribuire al contrasto ai cambiamenti climatici che si sta verificando sulla terra?
Negli ultimi anni la ricerca spaziale è stata fortemente indirizzata nella messa a punto di tecnologie e sistemi che possano permettere la vita dell’uomo in ambienti ostili, coma la Luna e Marte.
I futuri avamposti permanenti nello spazio dovranno essere sostenibili dal punto di vista delle risorse essenziali, autonomi energeticamente e avere una forte impronta ecologica per quanto riguarda il riciclo, la rimozione dei rifiuti e l’inquinamento. Sicuramente, le competenze derivate dalla ricerca spaziale potrebbero essere trasferite anche al nostro pianeta, con grande beneficio.
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In quale modo la ricerca spaziale contribuisce a sperimentazioni anche riguardo le performance umane?
Le missioni di esplorazione umana dello spazio richiedono l’acquisizione di nuove conoscenze e lo sviluppo di tecnologie volte a garantire il benessere psico-fisico, la sicurezza, la performance e l’autonomia degli astronauti nello spazio. Sulla Stazione Spaziale Internazionale (ISS) si sperimentano gli effetti delle condizioni ambientali spaziali sulla fisiopatologia umana mettendo a punto anche le contromisure più opportune, e ultimamente sono stati proposti studi sugli effetti psicofisici e comportamentali causati da confinamento e isolamento degli astronauti.
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La permanenza degli astronauti nella Stazione Spaziale Internazionale (ISS) a quali ricerche sta contribuendo specificatamente dal punto di vista della medicina?
Da oltre vent’anni la Stazione Spaziale Internazionale (ISS) è diventata un avamposto e un laboratorio scientifico all’avanguardia di tutta l’umanità. La ISS è un laboratorio unico e l’impatto delle ricerche sulla microgravità condotte a bordo continua a crescere: dalla sperimentazione sulle cellule staminali cardiache ai materiali particolarmente schermanti per le radiazioni, da esperimenti su muscoli, ossa, sistema immunitario e metabolismo degli astronauti alla produzione di nuovi farmaci, dagli studi di transcrittomica ed epigenomica agli studi sulla risposta del microbiota in condizioni di stress da microgravità. Solo per citare alcuni settori scientifici che hanno già raggiunto importanti risultati.
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Qual è il contributo che i privati del settore dell’aerospazio possono dare alla ricerca e alle stesse missioni verso la Luna e altri pianeti?
Il settore spaziale è cresciuto dagli anni ’60 in poi con il prevalente sostegno economico istituzionale e le attività spaziali si sono sviluppate principalmente per l’iniziativa delle agenzie governative. In questo modo, gli investimenti pubblici hanno aperto la strada alla Space Economy, che ha permesso la presenza sempre più consistente di privati nel mondo dello spazio. In questi ultimi anni, abbiamo assistito a sempre maggiori interventi di investitori privati e all’ingresso del venture capital, che rappresenta una grande novità rispetto al passato. Tra gli imprenditori più ambiziosi a livello mondiale va ricordato sicuramente Elon Musk, fondatore di Space X per il lancio di satelliti e di astronauti. La “new space economy”, che vede anche la partecipazione sempre maggiore di aziende italiane, comprende svariati settori economici legati all’esplorazione spaziale e a tutto ciò che attiene a tecnologie, applicazioni, prodotti e servizi che nascono dall’ambito spaziale e che possono avere diversi impieghi nella vita di tutti i giorni.
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Quali sono oggi le leggi che regolano le missioni spaziali? Si corre il rischio di nuovi conflitti anche per la corsa alla Luna? Su quali principi di civiltà, rispetto dell’ambiente e solidarietà devono fondarsi le missioni spaziali?
L’Outer Space Treaty del 1967 afferma che “lo spazio extra-atmosferico, compresi la Luna e gli altri corpi celesti, non è soggetto all’appropriazione nazionale, rivendicandone la sovranità tramite l’uso o l’occupazione o tramite qualsiasi altro mezzo”. Successivamente, è stato predisposto il Moon Agreement nel 1979, che, però, è stato firmato da pochi Paesi e non è stato ratificato da Stati Uniti, Cina e Russia. Recentemente, nel 2020, sono stati predisposti gli Accordi Artemis, su base bilaterale con gli Stati membri partecipanti, che hanno aggiornato in parte il Moon Agreement, ma senza promuovere un quadro legislativo multilaterale. Gli Accordi Artemis prevedono una sezione dedicata alla prevenzione dei conflitti nelle attività spaziali, che sancisce la necessità di fornire una notifica delle attività che si svolgeranno in un’area, definita come “zona di sicurezza”, ma il problema è che Russia e Cina non hanno sottoscritto gli Accordi Artemis. L’attuale corsa alla Luna potrebbe aumentare il rischio di nuovi conflitti, perché ci sono in ballo sia la leadership in campo spaziale che notevoli interessi economici. Dovremmo, però, tenere a mente che i grandi progetti spaziali sono complessi ed ambiziosi, e necessitano di una larga cooperazione internazionale, come è stato fatto con il progetto della Stazione Spaziale Internazionale, “la casa dell’uomo” nello Spazio!
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Quali sono gli obiettivi su cui Agenzia Spaziale Italiana si sta concentrando?
L’ASI ha come caposaldo lo sfruttamento della bassa orbita terrestre (LEO), per acquisire le conoscenze necessarie a estendere la presenza umana a distanze via via maggiori dalla terra.
La Stazione Spaziale Internazionale – sulla quale l’Italia vanta diritti di accesso e voli di astronauti, in virtù della partecipazione ai programmi dell’ESA e degli accordi internazionali con NASA, unico paese europeo – è la piattaforma primaria su cui testare scienza e tecnologia in microgravità nel breve-medio periodo. Per quanto riguarda la presenza umana nella bassa orbita terrestre, saranno esplorati nuovi fronti oltre alla ISS, grazie a collaborazioni con altre agenzie spaziali, ad accordi con privati e nuove prospettive di utilizzo della microgravità. In ASI le attività per l’esplorazione umana dello spazio sono concentrate sul programma ARTEMIS e, in particolare, sulla realizzazione del Gateway con partner internazionali, prima base cis-lunare orbitale, che offrirà un nuovo laboratorio spaziale, un punto di attracco per tutte le future missioni verso la Luna e un’importante base di partenza per il prossimo grande salto verso Marte.
Nicoletta Benatelli
* Barbara Negri è responsabile Unità Volo Umano e Sperimentazione Scientifica dell’Agenzia Spaziale Italiana dal 2021.
È laureata in Matematica con indirizzo in Fisica Spaziale e ha un Master in Space Systems Engineering dell’Università di Delft.
Dal 2010 al 2020 ha ricoperto in ASI il ruolo di Responsabile dell’Unità Esplorazione e Osservazione dell’Universo.