La scrittrice, giornalista e conduttrice televisiva ha presentato a Mestre il suo ultimo libro:
“La schiava bianca”
In una Venezia gotica, palcoscenico naturale per storie di sangue e mistero, prende forma una trama appassionante che si dipana essenzialmente nella soluzione di un enigma legato al sequestro di Susanna Balbi, una bellissima ragazza veneziana rimasta vittima di pesanti persecuzioni. Perderà la vita nel rovinoso incendio di un palazzo veneziano dove si reca per partecipare a una festa da mille e una notte.
Dieci anni dopo, a vestire il suo stesso abito e partecipare a una festa è Margot Amati. La scrittrice, nota per aver coadiuvato la Polizia in indagini complesse, è ospite della consorte del marchese Pietro Gradenigo di Soranzo dei Cavalieri in uno sfarzoso ballo in maschera che rievoca i fasti di una Dolce Vita veneziana ormai lontana.
L’invito ha però un secondo fine: smascherare l’autore delle lettere anonime, firmate “l’Occhio della Fenice”, che minaccia di morte la marchesa e suo figlio. Una serie di delitti colpiscono intanto la città lagunare, e Margot si trova così coinvolta in un intreccio di crimini inspiegabili e segreti inconfessabili. Chi c’è dietro tutto questo? Si tratta di una folle vendetta? Ancora: cosa si nasconde nella corsa all’acquisto di Palazzo Soranzo dei Cavalieri?
Silvana Giacobini coinvolge magistralmente il lettore con un susseguirsi di colpi di scena in una narrazione fluida, attenta ai particolari, che dalle prime pagine porta a una spontanea empatia con la protagonista. Molteplici le tematiche toccanti che affronta nel libro: lo sfruttamento e l’abuso sessuale, il rapimento, la prostituzione, il maltrattamento, la droga, il traffico di schiavi e di organi, l’inganno, la vendetta a ogni costo, l’amore. Ma non solo.
Ambientato a Venezia, il libro ci accompagna anche alla scoperta della città meno turistica. Tra le pagine si leggono i nomi dei suoi Palazzi, alberghi, addirittura dei “bacari”, ci sono riferimenti precisi a luoghi e opere d’arte presenti in città. Non manca la menzione di Mestre. Proprio a Mestre, nel Museo multimediale del ‘900, abbiamo incontrato la scrittrice.
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Silvana Giacobini, chi è la schiava bianca?
“E’ una figura che accompagna la protagonista del libro, Margot Amati, una scrittrice che ha avuto successo e si trova coinvolta suo malgrado in indagini complicate. La schiava bianca è un personaggio a sorpresa che rappresenta un po’ il simbolo di donne vittime nel senso più vasto della parola, perché magari sequestrate e portate in luoghi lontanissimi da quelli di origine, allontanate dalla famiglia. Infatti io cito un manifesto autentico esposto in località inimmaginabili, per esempio nelle strade di citta caraibiche in cui ci sono due palmi di mano e una scritta. Il messaggio dice “Save. Help me”. “Aiutatemi”. Mi ha colpito molto. Un invito a segnalare alle autorità, a farsi portavoce di situazioni della quali si è a conoscenza in cui le vittime non possono comunicare il loro stato. Così saranno salvati. Questo è un sotto messaggio nel thriller, perché la cornice de “La schiava bianca” è glamour.
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Questo è un libro ambientato a Venezia: c’è un motivo particolare per questa scelta?
“E’ ambientato in una Venezia bellissima, una città che io amo molto. E’ proprio la mia città del cuore. Fa capolino in tutti i miei libri. Sono in genere gialli, che si alternano a biografie di grandi personaggi come Diana, Hillary Clinton, Sophia Loren, Alberto Sordi. In tutti, nella trama, c’è una scappatina nella città unica al mondo. In quest’ultimo lavoro, in particolare, la città, con le sue atmosfere, è anch’essa protagonista. Diventa lo scenario ideale in cui si svolge la trama. Perché è una città magica che mi ispira, mi piace, ne sono innamorata come tantissime persone, non solo quelle che nascono in questa città e hanno il privilegio di viverci. Secondo me è una città che intriga, le cui pietre parlano a chi le sa ascoltare”.
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Che Venezia emerge dalle pagine di questo romanzo?
“Una Venezia che ha la sua parte di allure con Il Festival del Cinema, i grandi balli a palazzo degli anni della Dolce Vita veneziana con personaggi famosissimi del mondo internazionale. Ma è anche la Venezia del turismo di massa dal quale va preservata, della mancanza di rispetto, a volte di chi entra ed esce, mangia il panino e lascia a terra le carte, oppure si butta nell’acqua quando non può e non deve. Quindi emerge anche il tema del rispetto che una grande signora merita. E poi anche la Venezia in cui si tenta, come succede in tante altre città italiane, di appropriarsi di opere architettoniche uniche e straordinarie, dei grandi palazzi. Bisogna anche tenere presente che il territorio va protetto e tutelato”.
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Da Venezia alla terraferma. Qui siamo in M9 il Museo del ‘900, che cosa ne pensa di questa città?
“Anche Mestre appare nel mio romanzo. Significa che io sono legata, come dire, alle “Venezie”. E’ una città da scoprire. Una delle cose più belle che io abbia visto è proprio M9. Un Museo che secondo me merita di essere visitato, goduto tenendo presente che è un’espressione all’avanguardia europea. Importantissimo”.
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Ritornando alla scrittura: nell’era digitale che valore ha per lei il libro?
Sorride. “Non vorrei diventasse una sorta di “mammut”, che noi teniamo presente solo quando lo vediamo in un libro di storia. Credo fermamente che il libro possa sempre rimanere amico dell’uomo, raccontare e indicare la strada della civiltà. Certo è un atto di buona volontà anche il dedicarsi alla scrittura e il lettorato tende a diminuire, però lo zoccolo duro di chi ama la cultura o anche confrontarsi con la parola scritta rimarrà. Questo è un atto di fede, ma credo di porre bene la mia fiducia. Il libro ci ancora al passato, fa riflettere sul presente e – perché no? – racconta anche il futuro”.