Fino al 6 luglio, Palazzo Barberini, a Roma, ospita 24 opere del grande maestro tra le quali il “Ritratto di Maffeo Barberini” recentemente svelato al pubblico e l’“Ecce Homo”, riscoperto a Madrid nel 2021, che torna in Italia dopo quattro secoli
Michelangelo Merisi, detto Caravaggio (1571-1610), può essere definito come “maestro della realtà” perché tutto nelle sue composizioni, dalla luce ai soggetti e al taglio, fa pensare a un’arte che riconosciamo e non a quella del Seicento al quale appartiene. E’ considerato uno dei più importanti pittori della storia dell’arte italiana.
La forte carica drammatica ed emotiva e la teatralità delle sue opere sono state di ispirazione per molti artisti del barocco europeo. Nelle sue rappresentazioni c’è una grande attenzione al dato naturale con protagonisti ripresi da modelli a lui conosciutissimi, uomini e donne della sua contemporaneità, che incontrava nei luoghi solitamente frequentati.
La pittura del genio che rivoluzionò la storia dell’arte introducendo lo studio del vero contro ogni regola accademica e l’impiego violento della luce quale metafora della grazia divina, fino al prossimo 6 luglio si può scoprire nella mostra “Caravaggio 2025” a Palazzo Barberini, organizzata dalle Gallerie Nazionali di Arte Antica in collaborazione con Galleria Borghese e curata da Francesca Cappelletti, Maria Cristina Terzaghi e Thomas Clement Salomon.
La pittura di Caravaggio
Le 24 opere che raccontano il percorso evolutivo di Caravaggio arrivano da importanti collezioni pubbliche e private, italiane e internazionali che hanno permesso di riunire alcuni dei suoi dipinti più celebri.
Capolavori esposti per la prima volta in Italia accanto a opere altrimenti difficilmente visibili e altre entrate nell’immaginario collettivo permettono di conoscere l’arte di Caravaggio in chiave nuova e di indagare sulla profonda influenza che ha esercitato sull’arte sull’immaginario collettivo contemporaneo. Il percorso espositivo, articolato in quattro sezioni – “Debutto romano”, “Ingagliardire gli oscuri”, “Il dramma sacro tra Roma e Napoli” e “Finale di partita” – integra scoperte, riflessioni critiche, e un ravvicinato confronto tra i suoi capolavori portando il visitatore in un viaggio completo attraverso la sua carriera in un arco cronologico di circa quindici anni, dall’arrivo a Roma, intorno al 1595, alla morte a Porto Ercole nel 1610.
Quali opere si possono ammirare in mostra
Tra le opere esposte alcune spiccano. A partire dal “Ritratto di Maffeo Barberini”, importante prelato della curia romana che divenne Papa nel 1623 con il nome di Urbano VIII, pubblicato per la prima volta da Longhi nel 1963 e mai esposto al pubblico prima d’ora.
Si può anche ammirare l’”Ecce Homo” riscoperto nel 2021 in un’asta spagnola, da collezione privata. Realizzato probabilmente durante la sua permanenza a Napoli, tra il 1606 e il 1609, il quadro rappresenta Cristo coronato di spine e flagellato dai Giudei, che viene mostrato alla folla da Pilato.

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Mentre per la raffigurazione di Pilato, che si sporge in primo piano e dello sgherro che pone il manto scarlatto sulle spalle di Cristo, Caravaggio ha utilizzato dei modelli, la figura dolente e dolcissima di Cristo è ispirata a un dipinto molto celebre a Milano che l’artista aveva studiato nella sua giovinezza. Vi è anche la prima versione della “Conversione di Saulo” della cappella Cerasi, difficilmente accessibile poiché conservata in una dimora privata, che si differenzia dalla versione finale per il supporto utilizzato: una tavola di legno cipresso di grandi dimensioni, molto più preziosa della tela.

Altri capolavori
In esposizione anche: “San Francesco in meditazione”, “San Giovanni Battista”, “Giuditta e Oloferne”, “Narciso” e alcune opere che ritornano a casa: i “Bari”, i “Musici” e “Santa Caterina d’Alessandria”.
Non manca “La flagellazione”, commissionata nel 1607 per la Cappella di San Domenico Maggiore senza dubbio una tra le opere più importanti eseguite da Caravaggio a Napoli e che decretò il suo successo nella città partenopea.

Ne il “David e Golia” l’artista rappresentando se stesso nei panni di Golia mette in luce la sua esigenza di espiazione. La mostra offre anche l’opportunità di visitare “Giove, Nettuno e Plutone”, l’unico dipinto murale eseguito da Caravaggio nel 1597 all’interno del Casino dell’Aurora, a Villa Ludovisi (Porta Pinciana) su commissione del Cardinale del Monte per il soffitto del camerino in cui si dilettava nell’alchimia.
Silvia Bolognini