Non chiamatela “dormitorio”. Non lo è mai stata.
E’ nata all’inizio del 1900 come “quartiere urbano” nell’ottica di un’espansione di Venezia in risposta a due esigenze distinte: dare un’abitazione alle maestranze del porto e dar sfogo alla crisi edilizia del centro storico, dove gran parte dei veneziani abitavano piani terra umidi e malsani.
Oggi, dopo 25 anni di attesa, annovera uno fra i pochi quartieri italiani riconosciuti “di notevole interesse pubblico”. Il Ministero per i Beni e le Attività Culturali ha vincolato infatti l’area di Città Giardino progettata da Emilio Emmer (l’ingegnere milanese al quale, nel 1922, venne affidato l’incarico di redigere il Piano Regolatore) perchè: “costituisce un insieme caratteristico del Novecento che testimonia una fase significativa della storia della città e delle teorie urbanistiche, costituendo un paesaggio urbano di notevole interesse per i suoi caratteri d’insieme e delle sue singole parti”.
Le villette liberty di Emmer non potranno più essere abbattute e, per ogni modifica prevista, essendo vincolate, dovrà esser richiesta regolare autorizzazione alla Soprintendenza ai Beni culturali.
Lungo un viale alberato largo 80 metri, Emilio Emmer, volendo dar vita a un’oasi verde tra i grigiori delle fabbriche, progettò le sue villette liberty stabilendo che ogni casa non potesse avere più di tre piani compreso il terreno e che dovesse esser circondata da orti e giardini e recintata da muretti con ringhiere in ferro battuto. I giardini privati dovevano essere almeno quattro volte più estesi dell’edificio annesso e le case dovevano distare tra loro di almeno 15 metri. Poco più di un paio d’anni dopo, Città Giardino contava già una cinquantina di abitazioni. Villette impreziosite da motivi floreali e da archetti gotici o rinascimentali che richiamavano le decorazioni tipiche dei palazzi veneziani. E il Mibac oggi dichiara che: “il Quartiere Giardino di Marghera rappresenta un insieme di valore storico ed estetico di non comune testimonianza meritevole di tutela paesaggistica“.
D’altra parte, come le fonti storiche riportano, l’idea che, con Piero Foscari e l’allora sindaco Filippo Grimani, si affermava era quella di una “Grande Venezia” che, per rispondere alle esigenze della modernità, ‘abbatteva le proprie mura’.
All’inizio degli anni ’30, con il fascismo, il piano regolatore di Emmer fu sospeso, ma il cuore pulsante di Marghera era oramai nato. All’insegna di una bellezza che per un secolo ha resistito ad ogni sorta di deturpamento successivo e che oggi rivendica la sua dignità architettonica e urbanistica.