Mazzetti: “Non è pura estetica. È una continua scoperta nella lentezza e nel silenzio”. La candidatura dei Colli Euganei a patrimonio Unesco della biosfera
“Il sentiero è una forma di scrittura che racconta storie, che dentro hanno altre storie, che dentro hanno altre storie…”.
Mentre parla, Antonio Mazzetti alza la mano, reggendo una penna immaginaria, e disegna un tracciato, come parole nell’aria.
Per le vie di Arquà Petrarca – uno dei borghi più belli d’Italia – la gente si muove placida.
Attorno, le colline brillano di un verde estivo, nel pieno dell’estate e del sole: i boschi e i vigneti restituiscono quel colore a chi guarda oltre le strade e le case.
A breve, le querce e i castagni si spoglieranno, lo scotano e l’orniello si tingeranno di rosso e d’arancio e i Colli Euganei cambieranno di nuovo atmosfere e colore.
Il narratore dei Colli Euganei
Ne ha di cose da raccontare, il professor Mazzetti: la sua vita e il suo lavoro, dall’infanzia estense, imperniata nelle famiglie di una volta, agli studi universitari in Scienze naturali, all’insegnamento nelle scuole fino alla pensione.
Antonio Mazzetti è un narratore a 360 gradi dei Colli Euganei. Non solo a scuola, ma anche nelle visite guidate lungo i sentieri.
È un narratore di nomi e tradizioni che partono dalla terra – un esempio il suo libro I nomi della Terra. Toponomastica dei Colli Euganei – fino ad arrivare alle vie e alle persone che ne abitano i luoghi, e di nuovo alla terra e ai suoi alberi, le sue piante, i suoi fiori.
Evidenziando la biodiversità, di un unicum nazionale, forse addirittura mondiale, di quest’ area collinare di origine vulcanica.
22.000 ettari di campi e boschi, vigneti e rocce, tra le province di Padova e Vicenza, in grado di mantenere in vita piante delle ere glaciali e, a pochi metri di distanza, vegetazione tipica della macchia mediterranea.
Su colli in cui convivono piante montane e mediterranee
La flora, estremamente variegata, e il paesaggio fatto di terra e di rocce vulcaniche – mescolate agli antichi sedimenti calcarei del mare della Tetide – restituiscono una complessità e una profondità storica che si rivela solo se si ha la pazienza, e la conoscenza, per fermarsi a guardare.
“Non è pura estetica, un fermarsi al volo per scattare la foto al tramonto, applicare un paio di filtri e poi metterla su internet. È una continua scoperta nella lentezza e nel silenzio” rileva Mazzetti.
Ne La flora dei Colli Euganei le sue osservazioni raccontano di un luogo speciale: l’origine vulcanica dei Colli, unita alle forme coniche con diversa esposizione al sole dei vari versanti consentono la sopravvivenza a stretto contatto di piante montane e piante mediterranee; ne sono un esempio il Giglio martagone e il Giglio di San Giovanni, tipicamente alpini, e il Fico d’India nano (importato attorno al 1500 dai deserti rocciosi del Messico) che vive sulle aride bancate rocciose del monte Ceva in competizione con le rosette foglie del Semprevivo ragnateloso arrivato sui Colli durante le glaciazioni.
Il Parco regionale dei Colli Euganei
Raccontare un paesaggio significa saperne leggere le trasformazioni, i periodi storici, perché sono presenti determinate piante.
Leggere un territorio con metodo e conoscenze permette di rispettarlo, di sfruttarlo a dovere, di difenderlo.
In questo senso nel 1989 – due anni dopo la prima uscita de La flora – nacque il Parco regionale dei Colli Euganei, primo nel suo genere creato dal Veneto, il quale interessò circa 19.000 ettari, al cui interno vi sono 15 comuni.
“È la differenza – spiega Antonio Mazzetti – tra il capitalismo che alimenta un’economia sul breve periodo, vedi le cave dove si estraeva sia la roccia calcarea che vulcanica, mortificando per sempre il paesaggio e le sue potenzialità, e l’idea di sostenibilità economica che rispetta l’ambiente e perdura nel tempo: quanto lavoro e quanti prodotti hanno dato, nei secoli, la vegetazione e i terreni agricoli dei Colli Euganei?”
“Il paesaggio dell’abbandono”
Come ogni epoca storica e ambientale, anche gli anni che stiamo vivendo influenzano la vegetazione e le colture dei Colli Euganei.
Antonio Mazzetti lo definisce oggi “il paesaggio dell’abbandono”, dove campi e antichi terrazzamenti vengono lasciati all’espansione di boschi infestanti di robinia, ailanto e moro cinese, mentre gli apicoltori spostano la loro produzione di arnie in pianura a causa dell’impoverimento delle produzioni.
All’abbandono e alla mancanza di cure si aggiungono le difficoltà climatiche: “Il paesaggio sta diventando più simile a quello del Sud Italia, le zone aride sono in aumento. Al tempo stesso, l’abbandono taglia la biodiversità, le piante infestanti tendono a soffocare le altre per una maggiore velocità di riproduzione o perché più a loro agio nelle zone arse”, conclude il professore.
La natura che si adatta
Cambierà quindi il paesaggio dei Colli: ai colori estivi e autunnali delle colline si aggiungerà in misura maggiore la “brizzolatura” grigia dei boschi di castagno morente; la tavolozza dei colori si farà via via più uniforme, più tenue. Probabile vi potrà essere un’espansione delle specie sempreverdi della macchia mediterranea – leccio, corbezzolo, cisto a foglie di salvia, erica arborea e ginestra.
È la natura che si adatta, così come può fare l’uomo, ad esempio coltivando piante ombreggianti in grado di difendere le vigne dalla calura estiva.
Ma sarà difficile avere adattamento senza conoscenza, comprensione e pazienza. “Questo libro, La flora dei Colli Euganei,è stato pubblicato trentasei anni fa. In questa ri-edizione del 2023, la IV – spiega il professor Mazzetti – è un libro volutamente sbagliato, rimasto uguale come nel 1987, perché continua a raccontare la flora di quegli anni, che c’è ancora nonostante i segni del tempo. Ci sarà qualcun altro, dopo di me, che lo prenderà a spunto per scrivere un’altra storia che vada oltre la mia” conclude Antonio Mazzetti.
Nel frattempo, i Colli Euganei si candidano a patrimonio Unesco della biosfera. L’iter è stato avviato dai sindaci e dall’Ente Parco: il responso è atteso per la prossima estate.
Damiano Martin