Al Lazzaretto Nuovo, un centro di ricerca e media dell’ecomuseo lagunare
Basta salire a bordo di un’imbarcazione, magari un colorato bragozzo mezzo da pesca tipicamente veneziano, e in poco tempo, da qualsiasi posto di Venezia, si raggiunge un’altra dimensione.
Fatta di silenzi solo di tanto in tanto interrotti da voci della natura, di panorami mozzafiato, di colori che variano a ogni ora del giorno e che ci fanno sentire un tutt’uno con l’ambiente.
Sono circa 60 le isole della laguna veneziana e coprono una superficie di circa 550 km2.
In una di queste, il Lazzaretto Nuovo, è nata la Biblioteca delle isole, centro di ricerca e media dell’ecomuseo dei Lazzaretti Veneziani.
Un punto di riferimento per raccogliere e raccontare una memoria variegata e collettiva che merita di non andare perduta.
La storia delle isole tra progetti di ricerca e tesi di laurea
Più della metà delle isole della Laguna di Venezia si trova nella parte settentrionale, la Laguna Nord.
Nei secoli hanno conosciuto i più diversi usi, da quello agricolo a quello religioso, sanitario – basti pensare appunto ai Lazzaretti – e militare, come lo era l’isola di Sant’Andrea.
Nel Medioevo erano abitate da famiglie di pescatori, contadini e addetti alle saline.
Oggi, molte sono disabitate o in condizioni di abbandono. Per altre è iniziata un’azione di recupero. Altre ancora hanno cambiato nome.
Di tutte, si rischia di perdere la storia.
«La Biblioteca delle isole – spiega la presidente di Ekos Club Giorgia Fazzini – è nata nell’ambito del progetto Lazzaretti Veneziani proprio per ricostruire e tramandare la memoria delle isole che sono state la forza di Venezia. Il materiale raccolto mette assieme storia, archeologia, ambiente e tradizioni, un patrimonio che deve essere conosciuto e soprattutto tutelato».
La Biblioteca delle isole
La struttura che la ospita è un casello da polvere, fortificazione che risale al Cinquecento.
Lo spazio raccoglie il materiale donato dall’architetto Giovanni Battista Stefinlongo docente IUAV (Istituto Universitario di Architettura) di Venezia e per molti anni socio dell’Archeoclub. Vi si trova materiale documentario e cartografico (174 esami e 9 tesi di laurea) realizzato tra il 1977 e il 1997.
La maggior parte dei lavori coinvolge la Laguna di Venezia, in particolare le isole caratterizzate dalla presenza di fortificazioni militari.
In alcuni casi vengono studiate le fortificazioni veneziane in terraferma e nel Mediterraneo, in altri sono al centro dell’attenzione i sistemi fluviali dell’entroterra lagunare. Quasi sempre questi studi contengono importanti informazioni sull’ambiente naturale di queste isole, sulla loro viabilità urbanistica e sulla trasformazione che questa ha subito nel tempo, sugli aspetti monumentali e storici, sulle caratteristiche architettoniche degli edifici.
Isole abbandonate, che cambiano nome, in recupero
Quella della Laguna è una Venezia che pochi conoscono, anche tra i veneziani. Un incredibile patrimonio storico e ambientale immerso in un ecosistema di assoluta bellezza.
Oltre alle isole più note (Murano, Burano, Torcello, San Giorgio Maggiore, la Giudecca, Sant’Erasmo), esistono infatti decine di isole definite “minori” ricche di fascino e di storia.
Una di queste è La Cura, che si trova dietro la più famosa Torcello.
Antichissimo insediamento di fuggiaschi da Altino oltre che luogo di coltivazioni agricole e valli da pesca, oggi è un esempio virtuoso di recupero grazie a una coppia di veneziani alla quale è stata affidata.
Un altro esempio di isola ai più sconosciuto è Santo Spirito, nella Laguna Sud.
Isola privata e da decenni sottoposta a lavori di ristrutturazione, ha perso l’importanza che ebbe in passato per la Serenissima quando, per l’immaginario collettivo, era la “porta d’accesso” per ambasciatori, dignitari e teste coronate delle principali corti europee.
Alcune isole, come quella di Madonna del Monte, stanno scomparendo. Si trova in un canale, tra Murano e Burano, con una forte erosione che la sta disgregando.
Altre hanno cambiato nome, come Sacca Sessola. Oggi si chiama Isola delle Rose ed è tra le isole più grandi e più giovani di quelle che circondano Venezia. Fu fondata nel 1860 e fu chiamata “Sacca” (in dialetto veneto significa isola artificiale) perché bonificata con fanghi e materiali di risulta, come Sacca Fisola. Attualmente ospita una struttura ricettiva a cinque stelle.
Isole riconvertite
Alcune, come l’isola di San Servolo, oggi sede della Venice International University, della fondazione Franco e Franca Basaglia, del Centro di Formazione in Europrogettazione AICCRE, della succursale dell’Accademia di Belle Arti di Venezia, oltre che del Museo della Follia, hanno conosciuto una riconversione. Altre stanno per essere riconvertite, come l’Isola di San Giacomo in Paludo, nella laguna centrale, a metà strada fra Murano e Burano, acquistata nel 2020 da privati ma nei progetti destinata a una fruizione pubblica.
Altra isola riconvertita è quella della Certosa, oggi uno dei due approdi turistici destinati alla nautica da diporto presenti nella parte insulare della città, insieme alla Marina Sant’Elena.
Le isole religiose
L’Isola di San Lazzaro degli Armeni e quella di San Francesco del Deserto sono le uniche ad aver passato indenni la furia saccheggiatrice di Napoleone Bonaparte nel 1797, quando furono distrutti tutti i monasteri e gli istituti religiosi.
La prima ospita ancor oggi lo storico monastero mechitarista con il suo grande chiostro, una chiesetta, una biblioteca che contiene 170.000 volumi e 4.500 manoscritti, una tipografia fondata nel 1789.
San Francesco del Deserto, tra le barene a sud ovest di Burano, è tutt’oggi un’oasi di pace e tranquillità in cui sette frati vivono nel rispetto della regola del Santo, alternando preghiera e lavoro.
Le isole dei misteri
Tra la Giudecca e Fusina, è abbandonata oggi l’Isola di San Giorgio in Alga, dove fino agli anni ’60, quando si trasferì anche l’ultimo abitante, molte famiglie veneziane si recavano per rudimentali vacanze.
Nell’isola, giunse anche Papa Roncalli quando era ancora Patriarca di Venezia e Adriano Celentano nel 1975 ha girato alcune scene del film “Yuppi du”. L’isola di San Giorgio in Alga, vicina all’altra isola di Sant’Angelo della Polvere, è oggi avvolta nel mistero.
Si dice infatti che nei suoi terreni incolti il templare Jean de la Fiandre abbia seppellito il tesoro sottratto dal tempio di San Giovanni d’Acri. Qualcuno la chiama per questo anche l‘Isola dei Templari.
Leggendaria e oramai famosa nel mondo nonostante sia di fatto un’isola abbandonata, è anche l‘Isola di Poveglia.
Si trova a sud di Venezia ed è stata ribatezzata dalla rete l’ “Isola dei fantasmi“.
Sui questi sette ettari e mezzo di edifici cadenti e vegetazione per lo più selvaggia che oggi la rappresentano, infatti, circolano diverse leggende, tra le quali, appunto, quella secondo la quale l’isola sarebbe infestata dai fantasmi delle migliaia di morti di peste che sarebbero stati sepolti alla rinfusa in enormi fosse comuni.
Dal punto di vista morfologico, le isole lagunari possono essere classificate in diverse categorie: quelle formate dall’azione dunosa della sabbia marina come i litorali (Lido, Pellestrina, Sant’Erasmo); quelle formate dall’azione dei fiumi (Torcello, Burano, Giudecca, San Giorgio Maggiore); quelle create artificialmente dall’uomo, bonificate con fanghi e materiali di risulta (Sacca Sessola, Sacca Fisola).